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Scommesse ed intermediazione: "il Concessionario è obbligato a vigilare sulla condotta degli operatori della filiera"

Secondo il Consiglio di Stato, i concessionari di scommesse, in base a quanto previsto nella convenzione accessoria alla concessione, "sono obbligati all'osservanza dei divieti anche da parte di tutti gli operatori della propria filiera"

Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso presentato da una concessionaria del gioco contro l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in cui si chiedeva la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio - Sezione Seconda con cui era stato bocciato un precedente ricorso dell’operatore contro due provvedimenti recanti rispettivamente la sanzione di euro 41.000,00 e la sanzione di euro 5.000,00, adottati in applicazione dell’art. 19, lett. g) della convenzione, concernenti l’applicazione delle penali previste dalla convenzione di concessione per la violazione del divieto di raccolta del gioco con modalità diverse da quelle autorizzate e del divieto di intermediazione nella raccolta del gioco a distanza. Le suddette determinazioni di A.D.M. erano scaturite da due distinte operazioni di verifica e controllo eseguite dall’Arma dei Carabinieri presso due esercizi commerciali aventi rapporti contrattuali con la concessionaria appellante, a seguito delle quali era stato accertato che: 1) nel primo locale, erano presenti trentasei postazioni telematiche connesse alle piattaforme di gioco ricollegabili alla Concessionaria e, inoltre, sarebbe emerso che i gestori dell’esercizio commerciale accettavano, raccoglievano o, comunque, favorivano l’accettazione o la raccolta di scommesse per via telematica; 2) nel secondo locale, era presente un computer ad uso esclusivo del titolare/gestore, nel quale era visualizzata la schermata del c.d. “conto madre”, intestato al predetto gestore, con accesso tramite il sito internet della concessionaria odierna appellante. Inoltre, erano state rinvenute numerose ricevute di scommesse intestate alla concessionaria, riconducibili a un’attività di illecita raccolta di scommesse. Il TAR Lazio aveva respinto il ricorso del concessionario in quanto risultavano "accertate plurime violazioni degli obblighi posti in capo al concessionario dalla convenzione accessoria alla convenzione, oltre che degli obblighi posti a carico della concessionaria di cui dell’articolo 2, comma 2-bis Decreto Legge 25 marzo 2010 n. 40 convertito con modificazioni dalla Legge n. 73/2010, n. 73". Secono i giudici di primo grado, del resto, "gli elementi accertati hanno evidenziato lo svolgimento della raccolta del gioco non semplicemente online, come previsto dalla concessione, bensì anche attraverso canali e modalità diverse e non consentite, ossia mettendo a disposizione dei giocatori, presso appositi locali, apparecchiature informatiche dotate di collegamento telematico per l’accesso al sito della concessionaria, ovvero svolgendo attività di intermediazione nella raccolta del gioco". Il TAR Lazio, quindi, escludeva che il concessionario non fosse in condizione di vigilare sugli esercenti cui sono state contestate le predette condotte "...atteso che la convenzione accessoria alla concessione pone a carico della concessionaria un preciso obbligo di assicurare l’osservanza dei divieti anche da parte di tutti gli operatori della propria filiera" e, di conseguenza, riteneva la stessa società concessionaria "pienamente responsabile del comportamento di tali soggetti". Nemeno la circostanza, dedotta nel giudizio di primo grado, che la società concessionaria abbia immediatamente risolto i contratti con gli operatori che hanno tenuto le condotte contestate veniva ritenuta dal Tribunale Amministrativo del Lazio tale da escludere l’applicazione delle penali stabilite "...atteso che la violazione delle previsioni della convenzione si è comunque realizzata”. La suddetta decisione del Tar Lazio è stata confermata dal Consiglio di Stato, che nell’odierna pronuncia, rilevando preliminarmente che "le concessioni in materia di giochi contengono, in applicazione della pertinente disciplina normativa, disposizioni analitiche e rigorose che trovano il loro fondamento, tra l’altro, proprio nella relativa facilità con la quale potrebbero essere messe in atto condotte elusive, particolarmente rilevanti in un settore cui per evidenti e note ragioni si attribuisce significativa valenza sia con riferimento agli interessi dell’Erario sia, più in generale, per ragioni attinenti la tutela della sicurezza pubblica", ribadiva che "dal complesso degli atti di causa appare invero provata la violazione, da parte della concessionaria/appellante, del divieto di raccolta del gioco con modalità diverse da quelle autorizzate, nonché del divieto di intermediazione nella raccolta del gioco a distanza, non addebitabili unicamente ai gestori dei locali, che risultavano comunque connessi ai sistemi telematici dell’amministrazione appellante e potevano ricevere scommesse soltanto in quanto connessi con i suoi terminali". Secondo il Giudice di secondo grado, quindi, "appare puntuale il riferimento del giudice di prime cure alla rilevata violazione dell’art. 2, comma 2-bis del decreto legge n. 40/2010, per determinare l’illiceità dell’attività posta in essere dall’appellante, in quanto la stipula di un apposito contratto che consenta di promuovere il gioco in sedi diverse da quelle del concessionario non può in ogni caso porsi in contrasto con le chiare e tassative disposizioni dettate dalla richiamata normativa primaria (art. 2, co. 2-bis d.l. n.40/2010) e nelle stesse disposizioni della convenzione accessoria alla concessione espressamente richiamate dal primo giudice (art. 5, co.2, lett. f) e g) e art. 9)".

 

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