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Lotto, illegittima la revoca della concessione

La revoca delle concessioni del gioco del lotto è illegittima nel caso di minimi ed isolati inadempimenti nei versamenti dei proventi di gioco. 

Il Consiglio di Stato, con sentenza, ha accolto la settimana scorsa il ricorso presentato contro l’Agenzia Dogane e Monopoli da una ricevitoria del lotto di Montelanico (RM), in cui si chiedeva la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio che aveva confermato la revoca della concessione per ritardo nei versamenti dei proventi di gioco. Secondo i giudici di Palazzo Spada, i provvedimenti censurati sarebbero stati adottati, come rilevato anche nella sentenza del TAR Lazio, "nell' esercizio del potere conferito all’Amministrazione dall’art. 34, comma 1, punto 9 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293 (applicabile alle concessioni del gioco del lotto in forza della art. 6 della legge n. 85/1990)", in base al quale  "l‘Amministrazione può procedere alla disdetta del controllo d’appalto o alla revoca della gestione delle rivendite, tra l'altro, in caso di (….) violazione abituale delle norme relative alla gestione ed al funzionamento delle rivendite" , nonché in attuazione “del contratto di concessione sottoscritto dal ricevitore”, il quale all’art. 2 comma 4 stabilisce che “Il mancato versamento nel termine di giorni 5 dal ricevimento della lettera raccomandata a.r. con la quale viene intimato l’adempimento comporta la revoca della concessione, anche a norma dell’art. 1454 c.c.”. Tuttauvia, il Consiglio di Stato, nella sentenza in esame, evidenzia che, in base alla normativa sopra richiamata, la suddetta abitualità "si realizza quando, dopo tre trasgressioni della stessa indole commesse entro un biennio, il rivenditore ne commetta un’altra, pure della stessa indole, nei sei mesi successivi all’ultima delle violazioni precedenti” e che tale norma  "esprime una valutazione di gravità e di proporzionalità legata al numero delle violazioni riscontrate, indipendentemente dal loro importo", Di conseguenza, concludono i giudici di Palazzo Spada, "deve essere assunto quale parametro non il numero delle violazioni accertate, ma il loro effettivo ed oggettivo disvalore” e, pertanto, il provvedimento di revoca impugnato deve essere annullato in quanto "è affetto da eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica", la quale consiste nel "colpire con il massimo rigore possibile e con la più afflittiva delle sanzioni (revoca della concessione) fattispecie recanti ben altra gravità e disvalore, come ad esempio quelle relative ad omessi versamenti per ingenti importi con conseguenti ammanchi nei saldi e significativi danno all’erario”.

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