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Il gioco ed il consumatore

Con la crescita del settore gioco a livello esponenziale in termini di offerta (con le nuove modalità di gioco telematico, gli skill games, e nel 2006 con la rete Bersani, per poi esplodere negli ultimi due anni con il decreto c. d. “pro Abruzzo” e con i successivi regolamenti relativi al concorso enalotto) e di domanda, era inevitabile che venissero alla luce le problematiche della dipendenza da gioco.

Come conseguenza varie associazioni stanno tentando di demonizzare il fenomeno gioco, con conseguenti prese di posizione di politici e amministratori pubblici dai toni allarmanti. Ma è noto come in ogni attività o fenomeno a rischio dipendenza (si pensi al fumo ed all’alcool), introdurre divieti e restrizioni non sia un rimedio efficace; anzi spesso i divieti favoriscono il sorgere di fenomeni illegali, che costituiscono il vero “tumore” della nostra Società.

Uno slogan molto efficace di qualche tempo fa, si applica perfettamente al caso: prevenire è vivere. Ed è per questo che sono certamente da condividere le iniziative atte a prevenire fenomeni patologici quali la ludopatia, che negli ultimi mesi hanno visto coinvolti importanti gruppi e la stessa Amministrazione. Si pensi alla ricerca “Il Gioco: fattori di protezione e di rischio”, realizzata dai membri del Centro Interuniversitario per la Ricerca sulla Genesi e sullo Sviluppo delle Motivazioni Prosociali e Antisociali dell’Università “La Sapienza”. Lo scopo della menzionata ricerca è quello di aumentare la conoscenza e promuovere la comprensione degli elementi che possano determinare comportamenti di gioco problematico, nonché di garantire una corretta divulgazione delle informazioni inerenti i fattori di protezione e rischio più significativi e specifici dell’approccio al gioco.

La ricerca ha coinvolto un campione rappresentativo della popolazione italiana dei giocatori, circa 2000 soggetti adulti. Il dato principale emerso dall’indagine è che su una popolazione totale di 44 milioni di italiani, l’1,01% potrebbe avere comportamenti di gioco problematico. Dato, è utile rilevare, che comunque risulta inferiore a quello emerso dalla prima edizione dello studio (1,27%), realizzato nel 2008. Ciò conferma che le campagne istituzionali degli ultimi anni hanno raggiunto il loro scopo. Non solo, va appunto messo in evidenza che proprio l’emersione dal “nero” ha permesso di visualizzare tutto quanto consegue alle attività di gioco, ludopatia inclusa. E sappiamo bene – come dovrebbero sapere tutti quelli che parlano – che questi volumi altisonanti esisterebbero anche in assenza di una regolamentazione pubblica del fenomeno, gestiti e cavalcati quindi da chi nel “nero” sguazza da sempre. Peraltro, anche sui volumi va fatta una dovuta precisazione: ai 60 miliardi di euro di raccolta per il 2010 corrisponde un pay out medio del 75%. Quindi rientrano in tasca a i giocatori almeno 45 miliardi. Del restante la metà circa sono tasse, e quindi di nuovo un ritorno alla comunità seppure non diretto. Restano numeri che sono del tutto accettabili per l’attività di intrattenimento. Ma questo non deve in alcun modo abbassare il livello di guardia sulle compulsività da gioco, anzi. Ecco l’identikit completo, secondo la ricerca della Sapienza, del prototipo del giocatore compulsivo: di sesso maschile e separato, generalmente meno capace di gestire il denaro a prescindere dall’attività di gioco, spesso figlio di almeno un genitore con problemi analoghi, ed infine propenso al rischio.

I fattori più importanti che possono determinare un approccio al gioco di tipo problematico, sono di natura individuale:

  • credenze errate riguardo alle probabilità di vincita ed al proprio controllo sulla giocata;
  • impulsività;
  • basso auto-controllo;
  • propensione al rischio;
  • familiarità.

Elementi questi, sui quali è possibile intervenire agendo sulla comunicazione preventiva per incrementare l’autoefficacia, fornendo informazioni per ridurre le credenze errate e costruendo messaggi informativi e pubblicitari chiari. Ed è proprio questa la finalità dell’Amministrazione: quella di consentire a tutti la scelta di un contesto di gioco trasparente e sicuro, informando la comunità sui divieti di gioco per i minori e sui rischi connessi ai fenomeni patologici. Scopo che si ottiene anche con un atto di responsabilità del giocatore: solo la scelta di agire entro il confine lecito del gioco aiuta tutti gli attori coinvolti – Amministrazione, concessionari e giocatori – a diffondere e promuovere la cultura del gioco legale. E il controllo deve spettare sia all’ente competente, che ai concessionari, parte sostanziale in questo dello Stato: essi si devono attivare affinché non vi siano degenerazioni nel rapporto di gioco pubblico. D’altro canto, e grazie a quell’opera di emersione citata, le ludopatie nelle varie forme di dipendenza dal gioco stanno interessando anche il nostro legislatore. La novità assoluta della legge di stabilità è la norma programmatica sulla costituzione di una rete di prevenzione per la cura dei soggetti ludopatici. Ed infatti, nel balletto degli emendamenti alla legge di stabilità lo scorso 30 novembre è stato ritenuto ammissibile da parte della commissione bilancio del Senato quello che prevede, tra le altre disposizioni, al comma 38 duodecies “Sono considerati affetti da gioco d’azzardo patologico coloro che, perdendo il controllo sul comportamento orientato al gioco d’azzardo, ne diventano dipendenti, andando incontro a complicanze psicopatologiche e a un grave deterioramento del funzionamento psicosociale”.

La certificazione di disturbo da gioco d’azzardo patologico assicura:

  1. l’esenzione dalla partecipazione al costo della spesa sanitaria;
  2. l’immediato accesso alle strutture pubbliche e/o convenzionate per la valutazione e la diagnosi, l’assistenza psicologica e farmacologica, il ricovero, se necessario, in centri specializzati nella cura di questa patologia;
  3. l’esenzione dalla partecipazione al costo per l’acquisto dei presidi necessari al trattamento e alla tutela della qualità della vita.

L’emendamento in esame può costituire un punto d’arrivo per i casi più gravi di ludopatie, ma ripetiamo, non serve demonizzare il settore, né tantomeno utilizzare il clamore delle cifre e dell’argomento gioco per ottenere facili, fatui e devianti consensi di opinione. Quanto fatto fino ad oggi dall’Amministrazione di concerto con i concessionari – attività che non si deve e non si può fermare – sia in tema di emersione che di controllo, siamo certi costituisca un punto fermo di partenza ed un valido e costante aiuto per la prevenzione.

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