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I giochi e la storia dei divieti: corsi e ricorsi

Il secolo scorso è  stato  quello delle rivoluzioni e delle scoperte: l’energia elettrica, il telefono, l’uomo sulla luna, le prime macchine i primi giochi automatici e non. Non sempre però le scoperte che portano progresso (dalla tecnologia alla cultura), sono ben accette, anzi.

Nel corso di un interessante riunione, nel quale si discuteva delle politiche ostative del governo del Territorio all’industria “sana” dei giochi e delle scommesse, veniva evidenziato  che  nel corso della prima metà del secolo XX, anche l’introduzione dei flipper e del calcio balilla (che quest’anno ha compiuto 65 anni) venne osteggiata proprio dai comuni e dalle Prefetture e non solo in Italia. I flipper vennero addirittura banditi  a New York dal sindaco La Guardia il 21 gennaio 1942, perché l’amministrazione comunale li classificò come  “gioco di fortuna“, quindi  d’azzardo e non  “gioco di abilità”.

Il nuovo divieto fu seguito dalla distruzione di  un grande numero di macchine con relativa  manifestazione pubblica. Che a distanza di  oltre cinquant’anni è stata riprodotta seppur con altre modalità  davanti alla sede della regione Lombardia. Altri Stati Americani seguirono l’esempio del sindaco di New York, vietando la produzione e la vendita di flipper. Il divieto a New York continuò fino al 1976. Stessa cosa accadeva dall’altra parte dell’oceano, nella nostra Italia, che si stava riprendendo dalla seconda guerra mondiale.

I sindaci e le Prefetture iniziarono a vietare il gioco del calcio balilla ed i flipper. Questa industria rappresentava nuova linfa per l’economia del Paese. Infatti dal 1951 al 1954 ad Alessandria si costruirono circa 12.000 calciobalilla di cui 6.000 venduti e 6.000 noleggiati. Nel 1954  però il calciobalilla venne vietato  dalla questura di Roma, per essere tuttavia reintrodotto l’anno seguente. Stessa sorte subiva il  Flipper. In un numero del settiminale d’attualità “Le Ore” del 19 ottobre 1957, il flipper viene classificato come diabolico.

Al punto  che tra il 1960 ed il 1965 vi  fu il divieto di installare nei locali il “giuoco tipo flipper”. Nel 1966 il Flipper venne introdotto nella Tabella dei giochi proibiti.  Interessanti sono alcuni passaggi dell’articolo citato del giornale Le Ore : “Queste sono macchine ‘diaboliche’, come gia’ le hanno chiamate le 80 mamme che hanno firmato una petizione al Sindaco di Milano, perche’ sopprimesse il bigliardino elettrico che, dalla latteria all’angolo, aveva l’effetto  del flauto magico sui loro figli che, per giocarci, non andavano piu’ a scuola, dimenticavano i compiti, facevano la cresta sulla spesa, allungavano le mani nei borsellini”, addirittura i “I medici hanno trovato un nome per definire questa nuova febbre: flipperomania, e flipperosi una deformazione alle mani di chi passa troppo tempo alle macchine”.

Sentir parlare oggi di flipperosi fa sorridere,  ma all’epoca – stiamo parlando di un lasso di tempo relativamente breve – venne anche dato rilievo a questa malattia, con tutte le conseguenze del caso. Ai tempi nostri, grazie alle evoluzioni determinate anche dal fatto che la tecnologia aiuta il progresso, che trova sempre la sua strada, non dobbiamo aver paura che i nostri figli, saltino la scuola, per andare nelle sale da gioco, per diversi motivi:

1) i minori non possono giocare;

2) i minori non possono entrare nelle sale giochi;

3) le assenze a scuola vengono immediatamente segnalate  alla famiglie attraverso internet.

E’ sufficiente comprendere questi passaggi e prendere esempio dal passato (non a caso Cicerone diceva che la storia è maestra di vita) per capire che  ostacolare  un’imprenditoria sana, come quella del settore pubblico dei giochi e delle scommesse, crea soltanto nocumento alla società, dando vita anche a fenomeni che trascendono nella violenza gratuita.

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