Aspettando la Delega Fiscale, riflessione sugli altri luoghi sensibili
Per memoria storica è bene ricordare che il D.L. La legge 11 marzo 2014, n. 23 ha conferito qualche mese fa una delega – c.d. “fiscale” – al Governo per la realizzazione di un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita, ed in tale ambito, con riferimento alla materia dei giochi pubblici, l’attuazione mediante decreti legislativi del riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici, fermo restando il modello organizzativo fondato sul regime concessorio e autorizzatorio, da realizzarsi nel rispetto dei seguenti criteri:
“a) raccolta sistematica e organica delle disposizioni vigenti in funzione della loro portata generale ovvero della loro disciplina settoriale … e loro adeguamento … all’esigenza di prevenire i fenomeni di ludopatia ovvero di gioco d’azzardo patologico e di gioco minorile, con abrogazione espressa delle disposizioni incompatibili ovvero non piu’ attuali …; …
c) disciplina specifica dei singoli giochi, definizione delle condizioni generali di gioco e delle relative regole tecniche, anche d’infrastruttura, con provvedimenti direttoriali generali; …
e) introdurre e garantire l’applicazione di regole trasparenti e uniformi nell’intero territorio nazionale in materia di titoli abilitativi all’esercizio dell’offerta di gioco, di autorizzazioni e di controlli, garantendo forme vincolanti di partecipazione dei comuni competenti per territorio al procedimento di autorizzazione e di pianificazione, che tenga conto di parametri di distanza da luoghi sensibili validi per l’intero territorio nazionale, della dislocazione locale di sale da gioco e di punti di vendita in cui si esercita come attivita’ principale l’offerta di scommesse su eventi sportivi e non sportivi, nonche’ in materia di installazione degli apparecchi idonei per il gioco lecito di cui all’articolo 110, comma 6, lettere a) e b), del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, comunque con riserva allo Stato della definizione delle regole necessarie per esigenze di ordine e sicurezza pubblica …; …
q) razionalizzazione territoriale della rete di raccolta del gioco, anche in funzione della pianificazione della dislocazione locale di cui alla lettera e) del presente comma, a partire da quello praticato mediante gli apparecchi di cui all’articolo 110, comma 6, lettere a) e b), del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, comunque improntata al criterio della riduzione e della progressiva concentrazione della raccolta di gioco in ambienti sicuri e controllati, con relativa responsabilita’ del concessionario ovvero del titolare dell’esercizio; individuazione dei criteri di riordino e sviluppo della dislocazione territoriale della rete di raccolta del gioco, …; revisione della disciplina delle licenze di pubblica sicurezza … idonea a garantire, previa definizione delle situazioni controverse, controlli piu’ efficaci ed efficienti in ordine all’effettiva titolarita’ di provvedimenti unitari che abilitano in via esclusiva alla raccolta lecita del gioco;”. Nelle more dell’attuazione – prima o poi – della delega fiscale, in Parlamento, con mosse goffe e fuori luogo, si propongono emendamenti in palese contrasto con gli scopi della delega stessa.
La scorsa settimana infatti, la Commissione Bilancio della Camera ha bocciato gli emendamenti al Ddl Esercizi commerciali (la proposta di legge approvata dalla Camera apporta alcune limitazioni alla liberalizzazione – prevista dalla disciplina vigente – degli orari degli esercizi commerciali, introducendo l’obbligo di chiusura per almeno sei, tra i giorni festivi dell’anno. In particolare, il progetto di legge prevede che in dodici giorni festivi dell’anno, specificamente indicati nel testo, le attività commerciali debbano essere svolte nel rispetto degli orari di apertura e di chiusura domenicale e festiva. Viene però contestualmente consentita a ciascun esercente l’attività di vendita al dettaglio, di derogare all’obbligo di chiusura, fino ad un massimo di sei giorni, individuati liberamente tra i dodici indicati dal testo. L’esercente che vuole avvalersi della potestà di deroga deve darne comunicazione al comune competente per territorio secondo modalità la cui individuazione è demandata ad un decreto del Ministro dello sviluppo da emanarsi, previo parere dell’ANCI, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge) relativi a un aumento della tassazione del gioco e ad una limitazione delle aperture dei locali di gioco durante i giorni festivi.
Sembrerebbe che questi emendamenti, un vero e proprio sopruso nei confronti degli esercenti, siano stati oggetto di censura. Ed infatti sono stati espressi pareri negativi “tenuto conto che la previsione di giorni di chiusura, in particolare se coincidenti con le giornate festive, può dare luogo a riduzioni di gettito in favore dell’erario” e “attesa l’assenza di una relazione tecnica che dimostri la corrispondenza tra oneri e relativa copertura finanziaria, nonché sull’emendamento (…..), in quanto privo di relazione tecnica ed in considerazione del fatto che il gettito derivante dalle scommesse risulta in diminuzione nel corso degli ultimi anni”. Finalmente qualche addetto ai lavori si è reso conto che l’industria sana dei giochi pubblici genera reddito per l’erario. Degna di nota, anche perché dà un po’ di colore a questa grigia vicenda che nasconde (troppo spesso) questioni di accaparramento di denaro pubblico, è la pronuncia del Tar Lombardia chiamato a decidere se un sexy shop potesse essere aperto vicino ad un luogo di culto cattolico. I titolari del futuro sexy shop destinatari di un’ordinanza comunale che ne limitava l’esercizio, presentarono subito ricorso perchè «l’ordinanza renderebbe praticamente impossibile l’apertura del negozio nel territorio del comune di (…..), con grave pregiudizio del diritto alla libera iniziativa privata dei commercianti».
La vicenda risale all’inizio del 2011 quando il negozio avrebbe dovuto aprire in un locale sito a poche centinaia di metri dalla chiesa parrocchiale..
I titolari del futuro sexy shop presentarono subito ricorso lamentando tra le altre cose che «l’ordinanza” avrebbe reso “praticamente impossibile l’apertura del negozio nel territorio del comune di Tradate, con grave pregiudizio del diritto alla libera iniziativa privata dei commercianti».
«Il Comune – si legge nella sentenza – avrebbe dovuto disciplinare in via permanente l’insediamento nel proprio territorio delle attività di sexy shop con lo strumento regolamentare e non attraverso un’ordinanza sindacale contingibile e urgente, la quale invece è destinata ontologicamente ad esplicare i propri effetti soltanto in via temporanea».
Il Tar stabilisce con la sentenza in esame quindi che il Comune deve pagare un risarcimento danni ai titolari del sexy shop per 5mila euro, oltre alle spese processuali che ammontano a 2mila e 500 euro.
Al di là del mero fatto di cronaca, la sentenza del Tar Lombardia deve essere di monito per tutti, soprattutto per coloro che presiedono il governo del territorio. Prima infatti di emanare ordinanze e regolamenti se ne devono valutare le forme ed anche i contenuti, che troppe volte, come nel caso del settore dei giochi e delle scommesse, sono in contrasto con le norme primarie.