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Gioco on line, manca la tutela. Privacy a rischio con i social

Si fa un gran parlare dei pericoli della dipendenza dal gioco (c.d. decreto Balduzzi), ma siamo indietro sull’aspetto della pubblicità indiretta dei social games, che sarebbe sano monitorare.

Parola di Stefano Sbordoni, esperto di diritto amministrativo e concessioni pubbliche e pioniere del diritto dell’informatica e delle leggi del gioco pubblico.

Prossimo alla pubblicazione del libro Web, libertà e diritto, l’autore nella sua seconda opera traccia un excursus su internet quale fenomeno globale che coinvolge tutti gli ambiti della persona fisica e giuridica. In particolare il volume, che sarà utilizzato nel corso che il docente tiene all’Università della Tuscia di Viterbo, si sofferma su due temi: l’identità certa sul web, che ad avviso di Sbordoni costituisce il vero nodo della rete e dalla cui risoluzione può prendere vita un rinnovato diritto dell’informatica transnazionale, e la crescente autonomia dei social network.
Indicativo il caso del social gaming, in cui rispetto al play for money/real money basta un account su un social ed il consenso alla memorizzazione di dati personali: non è richiesta registrazione separata, identificazione, verifica dell’età o autenticazione e contratto. Dunque un gioco come il Poker Texas Hold’Em (for fun) è giocato sia come social game sia come gioco autorizzato online in quanto gioco d’abilità o per promozione. L’aggiunta di crediti spendibili – ed a volte convertibili in denaro – costituisce la differenza impercettibile.
Gli argomenti che meritano attenzione sono allora, secondo il giurista, quelli inerenti il gioco problematico: il play for fun potrebbe rappresentare il viatico per passare a giocare con soldi veri. L’altro aspetto che riporta al capitolo identità è poi la verifica dell’età: alcuni games prevedono un limite di 13 anni, difficile da verificare visto se non si richiede – nè sarebbe sufficiente – alcun documento. A ciò, continua Sbordoni, si somma il tema della sicurezza informatica. Dall’abolizione del Decreto Pisanu infatti, con l’obbligo d’identificazione dei clienti, nel 2012 la CE ha proposto un regolamento sul trattamento dei dati personali e la loro libera circolazione che impatta sul Codice della Privacy.
Ci troviamo, conclude il Professore, in un’epoca in cui tutti condividono tutto ed il concetto di privacy va assottigliandosi per disinformazione sui rischi della divulgazione dei dati.

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