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La raccolta delle scommesse tra realtà e futuro!

La Nazionale azzurra eliminata, tornando in patria ha portato con se il caldo africano. Che aumenta lo sconforto dei tifosi, e quello conseguente degli operatori di scommesse. Infatti nonostante l’entusiasmo dei risultati per gli operatori (le eliminazioni a sorpresa delle grandi del calcio mondiale li hanno fatti guadagnare) il calo delle giocate è già percepibile, in barba a tutte le aspettative (un pò avventate quelle sull’Italia, diremmo da appassionati..) che davano numeri ubriacanti.

E se non si può parlare di crisi, si deve parlare di tenuta del sistema scommesse, in prova dal 2006, almeno per quanto riguarda la raccolta c.d. terrestre. I fenomeni più disparati (CTD, PDC, Totem, e via dicendo) occupano le cronache di settore, le aule giudiziarie e spesso le aule delle commissioni parlamentari, ma sono in pochi a badare veramente ai conti. O meglio, ai conti badano tutti, ci mancherebbe, piuttosto non ne danno atto o il dovuto rilievo, perché da sempre è visto male chi guadagna (o rimette) sul gioco, e c’è sempre qualche politico o giornalista pronto a cavalcarne la tigre. Fatto sta che la rete soffre, e che comunque le vecchie agenzie 2000 restano anche per chi non aveva mai fatto questo mestiere i punti più appetibili e produttivi.

Certo, i citati fenomeni hanno creato caos e qualcuno anche danni, ma sempre se lo si legge nell’ottica di un sistema territoriale mai veramente innovato, nonostante gli innesti. Si aggiunga la crisi dell’ippica (che oramai crediamo sia nata con l’ippica stessa) le rigidità del bilancio dello Stato e dei suoi enti, e la litigiosità innata degli italiani, e si ottiene un’insoddisfazione diffusa, mitigata poi dai buoni risultati delle NewSlot e da quelli attesi delle VLT. Esaminando uno ad uno gli elementi, quello della litigiosità appare complesso e preoccupante: sopratutto per l’attacco che oramai da ovunque provenga, utilizza temi distruttivi e – diciamolo chiaro – autolesionisti. Chiunque infatti abbia ad impugnare o un provvedimento di AAMS o uno del Ministero Interni (questure, etc.) sia che si tratti di soggetti privi di titoli ad operare (come le concessioni) o di operatori a pieno titolo che contestano qualche cosa, la tiritera è la stessa: lo Stato italiano non rispetta i principi comunitari, la normativa è discriminatoria, sono stati lesi i diritti quesiti, la gara del 1999 era inaccessibile, il sistema concessorio crea ostacoli ingiustificati, etc etc.

Non ci si rende conto forse che così facendo magari si ottiene qualche sporadico risultato ma si mina alle fondamenta proprio quel costrutto giuridico amministrativo che con pregi e difetti ha permesso e permette a tutti di campare. Lo permette agli stessi CTD, che senza il sistema italiano non avrebbero alcun vantaggio nè particolare attrattiva per i potenziali clienti, e lo permette ai grandi operatori, che hanno potuto creare realtà industriali proprio grazie a questa tanto contestata normativa.
Chi sta in mezzo oggi – e si lamenta di più – sono i medio piccoli, che hanno dato tanto (e anche preso, a suo tempo, diciamolo..) e che chiamati a continui investimenti dai mutamenti normativi, non riescono a tenere il passo, causa la dispersione che le reti sovrapposte – legali e non – ingenerano nel territorio. Se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno, allora la copertura del servizio di gioco è veramente capillare. Quindi un beneficiato infine c’è, ed è il consumatore, che trova sempre più offerte di gioco ovunque e di ogni tipo, ed a costi accessibili sulla rete legale, nonostante i CTD ad esempio non paghino le tasse.

Chi scrive non smetterà mai di elogiare un’Amministrazione che, proiettata dal nulla nel mondo dei giochi (assistemmo al dibattito per la soppressione dell’Ente), in meno di dieci anni ha creato un mercato vero e proprio, che tra successi, eccessi e storture dà da mangiare sia allo Stato (e parecchio) che ad un numero rilevante di operatori: se poi si considera la così detta filiera, ad un numero spropositato di famiglie. E che ci stiano quindi sia le critiche che gli sciacalli, ma per carità restiamo tutti con i piedi per terra.  Quindi moderazione, anche nel contenzioso, nei toni specialmente. E sperando di essere compresi, non vorremmo dover citare per esteso il vecchio adagio del marito che per fare dispetto alla moglie.. Che poi si possa fare meglio, beh, ci mancherebbe! Proprio perché si è creato un mercato strutturato e sofisticato, le aspettative crescono, aumenta la velocità degli imprenditori sia nella concorrenza che negli investimenti (e qui le banche sono assai impreparate) e deve di conseguenza aumentare la pur lodata capacità del Regolatore. Infatti è noto che la richiesta che langue sul tavolo della politica sia quella di un rafforzamento, un aumento di organico ed una strutturazione che permetta di fronteggiare tutto questo adeguatamente. Tutto ciò sempre in una parvenza di autonomia (nonostante il nome): spesso le scelte del legislatore o del governo di turno non combaciano con quelle dell’Ente stesso, che farebbe o avrebbe fatto diversamente, conoscendo il mercato. E tra lobbisti bravi ad abbaiare ma poco preparati e politici bravi a sfruttare l’occasione, ma altrettanto poco preparati, ogni tanto succede qualche pasticcio. Forse per ciò nella sperata strutturazione sarebbe auspicabile l’inserimento di un organo di equilibrio, una sorta di camera di compensazione: chissà, vedremo. Tornando alla rete terrestre, è giunto il momento di un ripensamento radicale, che parta pure dall’esistente, considerato come esperienza necessaria, per giungere ad un assetto futuro a medio termine che permetta quella canalizzazione in circuiti controllati delle attività di gioco, ed allo stesso tempo la copertura del territorio senza gravare di costi eccessivi (lo Stato e) gli operatori. Un futuro fatto da operatori di gioco qualificati, in grado di vendere tutti i prodotti, liberi di fare le scelte imprenditoriali che ritengano opportune, all’interno di una cornice normativa di riferimento basata su principi logici ed inoppugnabili. E dove il Regolatore funga da metronomo, in un clima di reciproca fiducia costruttiva, capace anche di adeguarsi ad eventuali mutamenti della percezione sociale delle attività di gioco. Quanto all’immediato, chissà se nel maxi emendamento alla Finanziaria ci sarà ancora qualche sorpresa.

Nessun problema: se c’è una dote che  – Nazionale di calcio a parte – dobbiamo riconoscerci come italiani, è la capacità di adattamento. Certo, poterne fare a meno ogni tanto potrebbe farci vivere meglio.

L’articolo è stato pubblicato sul giornale bisettimanale “TS”

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