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Caleidoscopio

Mentre il Parlamento decide le sorti di pezzi del settore del gioco, ci troviamo a commentare il provvedimento di un giudice, chiamato a verificare una presunta incompatibilità tra la normativa italiana in materia di giochi e scommesse (art. 4 della legge n. 401/89 e successive modifiche) ed i principi cardine del Trattato della Comunità Europea (artt. 43 e 49), ed a decidere dunque se la nostra normativa dovesse essere disapplicata per conflitto con quella comunitaria.

Le due vicende non sono scollegate, e su questo vorremmo richiamare la massima attenzione del legislatore. Ma andiamo per ordine. Ad un esercizio denominato “centro Stanley” veniva contestato il reato di cui all’art. 4, commi 4 bis e 4 ter della legge n. 401/89 per avere raccolto gioco pubblico in assenza di concessione rilasciata dall’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato. Questi proponeva istanza di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal G. I.P. del Tribunale di Trani ed avente ad oggetto apparecchiature informatiche e telematiche, ritrovate all’interno del locale. Il Tribunale penale di Bari, nella motivazione a conferma del sequestro, ha ritenuto la normativa italiana in materia di giochi e scommesse non in contrasto con i principi comunitari. Ad avviso del collegio “la legislazione italiana, volta com’è a sottoporre a controllo preventivo e successivo la gestione delle lotterie delle scommesse e dei giochi d’azzardo, si propone non già di contenere la domanda e l’offerta del gioco, ma di canalizzarla in circuiti controllabili al fine di prevenirne la possibile degenerazione criminale, sicchè tale legislazione risulta compatibile con il diritto comunitario “. Merita rilievo in questa sede evidenziare che il Tribunale del Riesame conferma e ribadisce il potere in capo allo Stato territoriale di dettare norme a tutela dell’ordine pubblico nella disciplina dell’offerta dei servizi di gioco pubblico (“spetta al giudice nazionale valutare la pertinenza delle questioni di diritto poste dalla controversia di cui è investito e la necessità di una pronuncia pregiudiziale ex art. 234 Tr. CE”) ; conseguenza logica di tale assunto appare l’obbligo di rinnovare in Italia il controllo riguardo l’autorizzazione di polizia ricevuta dall’allibratore britannico nel proprio Stato di appartenenza, dove la normativa nazionale prevede specifiche forme di controllo che si estrinseca in autorizzazioni di Polizia di marcata connotazione territoriale. La novità del provvedimento in esame è che viene data – finalmente – particolare rilevanza all’art. 38 d. l. n. 223/06, convertito con modificazioni nella legge n. 248/06 (c. d. Decreto Bersani), che secondo il giudicante ha disciplinato nuovamente il settore del gioco e delle scommesse liberalizzandolo, “sia pure nei canali della legalità e nelle griglie del diritto positivo”, in conformità ai principi del diritto comunitario. L’articolo di legge richiamato consente di superare le osservazioni critiche mosse dalla Corte di Giustiza Europea (ex plurimis sentenza Placanica del 6 marzo 2007) all’ordinamento italiano, aventi origine da situazioni del tutto superate nel nostro ordinamento. Pertanto, conclude il Collegio la legislazione italiana disciplinante la materia dei giochi e delle scommesse, ed in particolare, l’art. 4, l. n. 401/89 non è incompatibile con i principi sanciti negli artt. 43 e 49 del Trattato Istitutivo CE. L’analisi svolta dal collegio del Tribunale Penale di Bari è da condividere pienamente, per aver svolto in maniera puntuale e decisa un’analisi attuale della normativa regolante il comparto dei giochi scommesse. Se il giudice del merito è quello chiamato ad applicare o disapplicare la norma che si vorrebbe confliggente con quella comunitaria, l’auspicio è che – come nel caso di Bari – questo valuti l’intero quadro di fatto e di diritto, e possa trasmetterlo agli organi superiori. Evitando così pronunzie mozze, come quando tempo addietro addirittura la Cassazione (sez. IV) si limitò a vedere il solo primo tempo di un film con tutt’altra fine, traendone conclusioni affrettate. Per ciò sarebbe auspicabile che in virtù del nuovo assetto del mercato del giochi e scommesse fossero le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione a sancire l’acclarata legittimità del nostro sistema, diradando le nebbie causate da un’interpretazione di parte della richiamata sentenza della Corte di Giustizia della Comunità Europea del 6 marzo 2007.

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