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Il Poker Live e la diatriba giurisprudenziale

L’evoluzione della normativa sui giochi sia nel nostro paese che altrove, ha mutato nel tempo anche concezioni radicate, fornendo stimoli al giudice nazionale e a quello comunitario. Ad incidere sull’evolversi della norma è sicuramente la domanda del mercato; si pensi ad esempio al poker “live”.

Questo gioco, che sul web ha già dimostrato la sua capacità attrattiva, in modalità terrestre è anche un prodotto che tira, e molti sono gli appassionati che, nell’attesa della definitiva regolamentazione che determinerà l’assegnazione delle concessioni previste dall’art. 24 del decreto legge n. 98/11, convertito con integrazioni e modificazioni nella legge n. 111/11, giocano utilizzando la “zona grigia” e la vacatio regolamentare (non si può infatti parlare di vacatio normativa in quanto la legge n. 88/09 ha dato delle prime indicazioni). A rendere grigia la zona contribuiscono alcuni fattori, che quasi equamente se ne suddividono la responsabilità: 1. L’esistenza di una regolamentazione del gioco del poker con vincita in denaro per via telematica. 2. Il riconoscimento della legittimità del gioco stesso anche se svolto dal vivo (parere e giurisprudenza del Consiglio di Stato; circolare del Ministero degli Interni; legge 88/09; art. 24, legge 111/11). 3. I difformi indirizzi degli uffici territoriali del Ministero dell’Interno (Prefetture, Questure, Commissariati). 4. Le indicazioni giurisprudenziali che sta dando la Corte di Cassazione. Notiamo che mentre sia il legislatore che il giudice amministrativo seguono un percorso progressivo, è proprio la Cassazione che, priva di un indirizzo giurisprudenziale consolidato, rimescola le carte.

Ed infatti: la Terza Sezione penale della Corte di Cassazione, con un provvedimento dello scorso 8 novembre, ha sancito che il poker è un gioco d’azzardo, stabilendo per l’effetto che organizzare e svolgere tornei di poker “live” costituisce reato penale. La Suprema Corte si è pronunciata su un ricorso proposto dal gestore di un circolo barese, che aveva subito il sequestro del proprio circolo a seguito di una denuncia per gioco d’azzardo. Al diniego dell’istanza di dissequestro del Tribunale della libertà di Bari, il gestore proponeva ricorso alla Corte di Cassazione, facendo presente nel proprio atto difensivo che il poker “live” era stato comunque individuato e per l’effetto normato dalla legge n. 88/09. La Suprema Corte, contrariamente a quanto statuito in altre occasioni, respingeva il ricorso.

Secondo la Cassazione – anzi, secondo questa decisione della III Sezione penale – il Tribunale di Bari avrebbe congruamente motivato i punti della decisione negatoria del dissequestro: in particolare il giudice del riesame avrebbe accertato che presso il circolo si svolgeva un torneo di poker sportivo, e che la rilevante somma raccolta, risultante dal versamento delle quote di partecipazione dei giocatori, veniva utilizzata in parte per l’acquisto dei premi ai vincitori.

Ricorrevano pertanto allo stato degli atti gli elementi costitutivi del reato di azzardo ex art-718 c.p., trattandosi del gioco del poker – secondo la Corte – basato prevalentemente sull’alea, ed in ordine al quale era prevista la vincita di premi quantificabili in denaro, realizzandosi così anche il fine di lucro. La Corte quindi, confermando congrua l’imputazione ex art. 718 cp, ha reputato che il gioco del poker sportivo, svolto con le caratteristiche adottate da quel particolare circolo di Bari, sia un gioco d’azzardo. Sta di fatto che sempre la Corte di Cassazione alcune settimane prima – con pronuncia resa nota in data 17 ottobre 2011 – aveva ritenuto valide le ragioni di un circolo di Palermo, che organizzava tornei di poker sportivo, respingendo il ricorso dei pubblici ministeri siciliani che avevano impugnato una precedente ordinanza di dissequestro del Tribunale della Libertà.

Per questi altri giudici di piazza Cavour i tornei di poker texano (nella modalità adottata dal circolo di Palermo) sono sport, non gioco d’azzardo, ed il“ successo dipende dall’abilità”. Dando così seguito all’indirizzo del giudice amministrativo e man forte al legislatore. Orbene, sappiamo che nel resto del mondo, in ambito comunitario e non, le posizioni sulla natura del gioco del poker (prevalenza dell’abilità o dell’alea) sono molteplici. Sappiamo pure che nella maggior parte dei paesi dove questo gioco viene consentito, ciò avviene indipendentemente dalla natura che gli si sia attribuita. Qui invece viviamo ancora – a distanza di oltre un decennio dall’inizio della regolamentazione pubblica dei giochi – il conflitto tra azzardo e legalità. A suo tempo posi il problema proprio all’Amministrazione, proponendo che si facesse parte diligente presso la Commissione Nordio che stava procedendo alla riforma del Codice Penale, ma l’iniziativa non ebbe seguito. Ecco che ora ci troviamo l’impasse, superabile si, ma non è detto che non possa accadere di nuovo: quanti giochi pubblici infatti presentano gli elementi descritti dall’art. 718 cp?

E quanto al poker, può essere quello giocato online gioco di abilità, e lo stesso identico giocato dal vivo, e magari anche con vincita di modesta entità o valore, invece un gioco d’azzardo? E’ il fatto di essere sotto il controllo esclusivo dello Stato che ne disinnesca comunque la pericolosità? A nostro avviso, per uscire da questo imbarazzo giurisprudenziale i passaggi auspicabili sono due: rimettere mano al codice Rocco, quantomeno con una norma di coordinamento tra i capitoli dedicati al gioco d’azzardo e l’attuale normativa del gioco pubblico, e quanto al poker “live” dare il via alla gara prevista dall’art. 24 del decreto legge n. 98/11 convertito con integrazioni e modificazioni nella legge n. 111/11, magari non entro il termine previsto del 30 novembre 2011, ma comunque rapidamente. Si rischia altrimenti che come al solito il caos regni sovrano a discapito della canalizzazione del gioco in circuiti controllati.

L’articolo è stato pubblicato sul giornale bisettimanale ”TS”

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