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Il Moloch

Ancora una volta la Corte di Cassazione (Terza sezione penale) con sentenza n. 1150/07 è intervenuta sull’organizzazione della raccolta delle scommesse. I giudici di piazza Cavour hanno rilevato: la non conformità del regime italiano alla normativa comunitaria, dovuta alla previsione di un numero di concessioni limitato; l’esclusione delle società quotate in borsa dalla gara indetta dal Coni nel 1999.

Gli operatori stranieri, secondo la Suprema Corte, organizzati sotto forma di società per azioni sarebbero stati dunque penalizzati per non aver potuto prendere parte alla gara. Non è stato però rilevato, né in questa né in altre sedi, che anche le società italiane quotate in borsa all’epoca della gara del 1999 sono state di fatto escluse. E’ innegabile, qualora fosse accertato che c’è stata discriminazione, è stata di fatto operata anche nei confronti delle società italiane; il prolungamento nel tempo della situazione di contrasto con l’ordinamento comunitario prodotto sia dal mantenimento del regime di monopolio in favore dei concessionari pubblici che dalla proroga delle concessioni già rilasciate. Pertanto, “l’attuale regime della gestione delle scommesse, penalizzando ingiustificatamente gli allibratori stranieri in regola con la disciplina concessoria e autorizzatoria del proprio paese, non può esser applicato dal giudice italiano con le inevitabili conseguenze sul piano sanzionatorio (…) ” (cfr pag. 2 delle Sentenza citata).

Ne conseguirebbe quindi che le persone che operano in Italia per conto di questi operatori (c. d. CTD) non possano essere perseguite penalmente dai nostri giudici per insussistenza del fumus del reato ipotizzato di cui all’art. 4, comma bis, legge n. 401/89 e art. 88 TU leggi P. S.. La brevità del corpo di quest’ultima decisione della Suprema Corte ci lascia intendere che si dia per scontata ed inalterata la ricostruzione – quella invece assai dettagliata – del sistema italiano della raccolta di scommesse, effettuata sempre dai giudici della III Sezione nella sentenza del…… Ebbene, così non è: come abbiamo avuto modo di esporre in più occasioni, il mercato e quindi ilsisitema giochi è profondamente mutato negli ultimi due anni. Ed è mutato assai anche all’estero, rendendo – a nostro modesto avviso – ancora più flebili le contestazioni dei c. d. CTD. L’aspetto che non si considera in alcun modo (ma potrebbe ben trattarsi di un problema procedurale e di competenza) è proprio quello del danno: questo ipotetico danno subito da operatori esclusi nel 1999 da una gara, si protrae nel tempo insensibile ad ogni mutamento, come un moloch inarrestabile che passa sopra a tutto e a tutti, tempo compreso. Nessuno ha mai provato questo danno, nessuno ne ha mai dato un limite spazio temporale, nessuno lo ha mai concretizzato in numeri, dati, cifre. Dall’altro canto invece, si chiede una dettagliata prova (così la Placanica) della effettività, efficacia, proporzionalità etc etc della sanzione penale restrittiva della libertà di prestazione di servizi. E qui una tiratina di orecchie ai nostri burocrati: la volete dare questa prova (che a nostro parere esiste, eccome se esiste) si o no? O si vuole continuare in questa commedia kafkiana dei CTD, della Placanica, del Bersani, in eterno?

A prescindere dunque nel caso in esame, dove è opportuno verificare se si tratti di un’ipotesi di reato che prende corpo prima del sequestro probatorio del marzo 2007 – ricadendo quindi nella fenomenologia antecedente al bando di gara ‘Bersani’ – oppure di un’ipotesi di reato contestuale al sequestro (se l’ipotesi di reato fosse stata contestata dopo la gara indetta nell’ottobre 2006, era obbligo del Giudice prendere cognizione dello ius superveniens, ed in particolare dell’art. 38 del c. d. decreto Bersani, con il quale il nostro legislatore ha riconosciuto la validità ed efficacia a licenze rilasciate dagli Stati membri e dagli Stati extracomunitari), e’ innegabile che siano venute meno, quantomeno in Italia, quelle condizioni restrittive che – secondo la sentenza Placanica della Corte di Giustizia Europea – comportavano una discriminazione tra operatori qualificati. Orbene, poiché sembra che i giudici penali non abbiano avuto la possibilità di seguire la sofisticazione delle problematiche del settore dei giochi, data la confusione generale dovuta anche al comportamento delle parti, per sbrogliare questa matassa, e porre fine all’infinita diatriba, si investa di nuovo sia il giudice di Strasburgo, che il giudice civile e quello amministrativo Italiano, cercando nel contempo di ristabilire chiarezza – con la graziosa e speriamo gratutita collaborazione del legislatore – nella norma primaria: la riserva di legge.

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