Mc Creevy ed il sistema italiano dei giochi pubblici
Due membri del parlamento Europeo lo scorso 20 novembre hanno presentato un’interrogazione scritta, chiedendo alla Commissione di “pronunciarsi in maniera univoca e definitiva circa la conformità del sistema regolamentare afferente l’attività di esercizio e di raccolta delle scommesse adottato dallo Stato italiano rispetto alla prescrizioni del trattato UE e, conseguentemente, pronunciarsi, a tutela della concorrenza e della parità di trattamento, circa il comportamento distorsivo della concorrenza attuato dall’operatore inglese Stanley, il quale in assenza di concessione, continua ad attivare in Italia punti di raccolta non autorizzati a scapito dell’osservanza di regole certe e condivise e a danno degli operatori che per esercitare il servizio hanno effettuato ingenti investimenti e prestato adeguato garanzie fideiussiorie?”.
L’interrogazione, volta a ottenere un’interpretazione autentica dei principi comunitari di cui agli articoli 43 e 49 CE in relazione al sistema italiano giochi, così come “rivisto e ristrutturato” dal noto decreto Bersani, trae origine da una situazione a rischio cancrena, che genera tensione e frustrazione nel nostro mercato. A seguito della procedura indetta nell’agosto 2006 molti operatori, tra cui alcuni esteri in possesso di una licenza ottenuta nel loro paese d’origine, hanno ottenuto una concessione per la raccolta di gioco in Italia rilasciata dall’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato. Di contro altri non hanno ritenuto opportuno partecipare alla gara Bersani, continuando a mettere in discussione la liceità e la legittimità sia della gara che del sistema italiano.
Il Commissario McCreevy, in risposta all’interrogazione dello scorso novembre, afferma che il sistema italiano delle scommesse sportive rimane incompatibile con la normativa Europea, in quanto il Decreto Bersani “non sana la situazione per quanto riguarda la fornitura transfrontaliera di servizi di scommesse sportive”, e per tale motivo “le procedure avviate dalla commissione restano aperte, anche se continua il positivo dibattito tra la Commissione e le autorità italiane”. La premessa è dura, preoccupante, ma suscita grande interesse, e certo per valutarla occorre il testo completo. Prosegue dunque il Commissario richiamando la Corte di Giustizia Europea che nella nota Sentenza Placanica, avrebbe precisato che “gli articoli 43 e 49 del trattato CE devono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa nazionale, quale quella italiana, che esclude e continua ad escludere alcuni tipi di società dalle gare per l’attribuzione delle concessioni e che impone sanzioni penali sulla base esclusione”. E qui non ci siamo, ci lascia perplessi: quali sono gli esclusi? O meglio, ha a che vedere questo con la situazione descritta nell’interrogazione?
Conclude poi McCreevy invitando i due europarlamentari a “prendere conoscenza di una più recente sentenza del 13 settembre 2007, relativa alla causa 260/04, in cui la Corte ha affermato che, rinnovando 329 concessioni per l’esercizio delle scommesse ippiche al di fuori di ogni procedura di gara, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli 43 e 49 del trattato CE ed in particolare ha violato il principio generale di trasparenza nonché dell’obbligo di assicurare un livello sufficiente di pubblicità”. E che c’azzecca? avrebbe commentato un altro commissario (ex) da noi più noto. Giuro di aver provato in ogni modo ad interpretare la dichiarazione del Commissario, cercando un fondamento giuridico, ed ammetto di esser giunto al fine con cocente delusione, al nulla. O peggio, ad una interpretazione tutta italiana: il morbo del politichese alla nostrana ha colpito anche Bruxelles. E’ evidente in fatti che McCreevy all’interrogazione dei due euro parlamentari italiani non risponde, rilasciando una dichiarazione di carattere generale che non entra nel merito della questione. Egli menziona brani della nota sentenza Placanica che nulla tolgono o aggiungono all’interrogazione proposta, anzi rendono ancora più nebulosa la questione.
Ancora una volta ci troviamo di fronte ad un’occasione mancata: la Commissione avrebbe potuto fornire una risposta propositiva, e non nascondersi dietro quella giurisprudenza europea che, a nostro modesto avviso, necessita comunque di un sostanziale aggiornamento.