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I punti di commercializzazione, l'Europa, la rete Bersani

Il 7 maggio u.s. davanti la seconda sezione del TAR del Lazio si è tenuta l’udienza di merito relativa al ricorso presentato da Microgame Spa ed altri, relativo all’annullamento del decreto del direttore generale dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato del 25 giugno u. s. recante “Integrazioni e modifiche alle misure per la regolamentazione della raccolta a distanza delle scommesse del bingo e delle lotterie” disciplinate con Decreto direttoriale del 21 marzo 2006 n. 7902. La causa è stata trattenuta in decisione, la sentenza dovrebbe essere pubblicata tra un paio di mesi.

Le diverse posizioni si possono così riassumere: nei punti di commercializzazione si raccolgono scommesse contravvenendo alle chiare e precise disposizioni normative e regolamentari vigenti in materia, questo in sintesi è il giudizio dell’Avvocatura di Stato e degli altri operatori che sono intervenuti “ad opponendum”. Detta raccolta contra legem ha causato una “confusione” tra il ruolo del concessionario e quello del punto di commercializzazione. L’ interesse precipuo dei predetti operatori è la difesa della rete di raccolta di giochi pubblici, “creata” dai bandi di gara, e – come stabilito anche dalla Corte di Giustizia Europea – dalla canalizzazione della raccolta dei giochi pubblici in circuiti controllabili.

I provvedimenti dei Monopoli di Stato riguardanti i punti di commercializzazione, soprattutto quello oggetto del ricorso, erano e sono tesi ad evitare qualsivoglia tipo di confusione verso l’utente finale, mantenendo nel contempo il controllo, presupposto di legittimità dell’intero sistema. In realtà non si può affermare che i punti di commercializzazione svolgano necessariamente attività illecite, ne può AAMS intervenire in un rapporto tra privati. Questi sarebbero, secondo i legali dei ricorrenti, gli assiomi errati da cui partono le posizioni degli avversari. Addirittura il decreto direttoriale del 25 giugno 2007 arrivando a cancellare i punti di commercializzazione a far data dal 31 dicembre 2007 avrebbe avuto come effetto diretto quello di un crollo della raccolta del gioco sulla rete, con la conseguente perdita di diversi milioni di euro. Altro punto cruciale dei ricorrenti, quello della scarsa attitudine degi italiani all’uso di internet, da cui la necessità di diffonderene la cultura, relativamente al gioco, tramite la attività di c. d. commercializzazione.
A prescindere dalle schermaglie procedurali e di puro diritto (legittimazione ed interesse dei ricorrenti, giurisdizione del TAR, natura del contratto di commercializzazione, poteri di AAMS) alle quali comunque il Presidente della sezione seconda del Tar del Lazio, nel corso dell’interessante discussione ha dato ampio spazio (trattandosi comunque di una norma sottoposta all’esame di un Tribunale e non di un giudizio salomonico..), è apparsa evidente la contrapposizione tra due modelli commerciali, di cui uno è la libera interpretazione dell’altro. Nessuno ha però focalizzato su di un punto chiave della vicenda, e cioè la tenuta dell’intero sistema nel rispetto di quei principi che, volenti o nolenti, la UE ci richiama continuamente. Si corre pertanto il rischio che per difendere un orticello si dia via tutto il campo.

Peraltro, tornando al caso specifico, il regolamento sul telematico, in qualche modo promosso anche dalla Commissione Europea, parrebbe richiamare proprio il dettame contestato del decreto direttoriale del 25 giugno 2007: altra battaglia o soluzioni in vista? Nel frattempo attendiamo l’esito del TAR.

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