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Concessionari, oneri ed onori: alcune interpretazioni giurisprudenziali

Il ministro del Tesoro Giulio Tremonti intervenuto al World Economic Forum a Davos, in Svizzera, parlando della necessità di semplificare le regole per sostenere la competitività ha così commentato: “In Europa c’è un eccesso di regolamentazione che è insostenibile.

Le regole – ha detto il ministro – sono importanti ma un’eccessiva regolamentazione ha un costo eccessivo” anche perché “ora la concorrenza non è più fra Paesi ma fra Continenti” ed “è difficile competere con continenti più flessibili”. I paesi industrializzati – ha commentato – devono “ridurre il budget” ma contemporaneamente “conservare e garantire il welfare state e la democrazia”.

Questa premessa è necessaria secondo noi per comprendere il contesto, le cause e gli effetti del “caso Betfair”, appena conclusosi nella fase cautelativa davanti al Consiglio di Stato. Andiamo con ordine. Con provvedimento dei primi giorni di novembre u. s. l’Amministrazione, ritenendo che il menzionato operatore stesse violando le indicazioni contenute nello schema di convenzione accessivo alla concessione ed in particolare l’art. 23, adottava il provvedimento di distacco dal totalizzatore e contestualmente avviava il provvedimento di decadenza della concessione.

L’art. 23, comma 3, dello schema di convenzione accessivo alla concessione c. d. “bersani” prevede che: “AAMS (…..) procede alla decadenza della concessione previa immediata sospensione cautelativa della sua efficacia, qualora il concessionario commercializzi in proprio od attraverso società in qualsiasi modo ad essa collegate, sul territorio italiano od anche attraverso siti telematici situati al di fuori dai confini nazionali, giochi assimilabili ai giochi pubblici ovvero ad altri giochi gestiti da AAMS, ovvero giochi vietati dall’ordinamento italiano”.
Ancora, l’art. 17 dello schema di convenzione accessivo alle concessioni sportive in scadenza stabilisce che: “AAMS, inoltre, procede alla decadenza dalla concessione, previa immediata sospensione cautelativa della sua efficacia, qualora il concessionario commercializzi, in proprio od attraverso società in qualsiasi modo ad esso collegate, sul territorio italiano o anche attraverso siti telematici situati al di fuori dai confini nazionali, giochi assimilabili alle scommesse a quota fissa ovvero ad altri giochi pubblici gestiti da AAMS ovvero giochi vietati dall’ordinamento italiano”.
Anche una recente norma primaria, la legge n. 88/09 (c. d. Legge comunitaria per il 2008) impone agli operatori in possesso di una licenza rilasciata dallo Stato italiano, di non offrire direttamente o indirettamente tramite società ad essa collegate agli utenti italiani il gioco su siti non autorizzati, e che comunque non canalizzano il gioco in circuiti leciti. Queste indicazioni di natura normativa ma anche regolamentare impongono agli operatori-concessionari di adottare adeguate misure e di non offrire il gioco attraverso canali non sottoposti alla vigilanza ed al controllo dell’Amministrazione. Ma torniamo alla vicenda giudiziale. In prima battuta con decreto cautelare del 26 novembre u. s. il TAR sospendeva il provvedimento impugnato, rinviando alla camera di consiglio. A seguito della camera di consiglio del 17 dicembre u. s. lo stesso Tar del Lazio, con ordinanza n. 5457/2010 non confermava il provvedimento cautelare ritenendo che: “(…..) non è in contestazione la vicenda dell’indebita raccolta telematica di scommesse con riorientamento, dal portale della ricorrente, delle singole giocate verso la piattaforma digitale di un’impresa straniera di per sé non concessionaria AAMS”, e considerato che: “la domanda attorea appare non assistita da sufficienti elementi di fondatezza, in quanto, per un verso, nessun argomento a favore della tesi della ricorrente deriva dall’uso evidentemente atecnico dell’espressione «società… collegate» contenuta nell’art. 23, c. 3 della convenzione, nel cui ambito, ai presenti fini rientra ogni tipo di relazione giuridica tra il concessionario ed un’altra impresa che commercializzi in modo indebito giochi non concessi dall’AAMS”; prosegue poi dicendo che: “Considerato altresì che il reale significato dell’espressione stessa è nel senso di porre in capo al ricorrente, negli ovvi limiti della ragionevolezza e della proporzionalità, l’onere d’evitare interventi illeciti o strumentali di imprese che, in speciale relazione con esso, profittino della di lui posizione per attrarre clientela a giochi illeciti o, comunque, non concessi secondo le regole dell’ordinamento della Repubblica”. Non possiamo esimerci dal commentare che non condividiamo la motivazione riportata proprio in quanto relativa caso di specie, se si legge per intiero la vicenda Betfair. Infatti, lo specifico prodotto di questo operatore, definito “betting exchange” ha trovato accoglimento nel nostro ordinamento, ma mai attuazione. Ecco quindi un vacuum legis che si ripercuote fino al giudicante, tanto da creare un caso di scuola. Il bookmaker visto l’esito si appella al Consiglio di Stato, che con ordinanza del 25 gennaio u. s. conferma l’orientamento del giudice di prime cure rilevando che: “nei limiti della sommaria delibazione propria della fase cautelare, che della clausola contrattuale in contestazione occorre dare un’interpretazione conforme ai canoni di buona fede, nel senso di un impegno dell’affidataria a impedire che un’attività proibita sia svolta da soggetti a qualsiasi titolo legati da relazioni giuridiche con l’affidataria medesima, e che nella specie – pur non rispondendo al vero che vi sarebbe stato un “riorientamento” degli utenti dal sito dell’istante a quello su cui si svolgeva l’attività illecita – tale risulta essere, allo stato, la situazione ravvisata dall’Amministrazione; “.

In altre parole il Consiglio di Stato censura l’attività dei bookmaker internazionali che operano allo stesso tempo con concessione italiana, pur in assenza comprovata di quel “riorientamento” che invece costituirebbe la ratio dei provvedimenti e delle norme sopra riportate. Se è vero che le clausole di convenzione impegnano i concessionari a impedire le attività illecite su siti in qualsiasi modo collegati, la definizione di illecito a nostro avviso non può applicarsi a contesti giuridici – e sovrani – diversi da quello nazionale. Peraltro è logico ritenere che la ratio di questa normativa sia proprio quella di impedire a soggetti privi di concessione di offrire prodotti di gioco non autorizzati e di farli giocare ad utenti italiani, non certo quella di ingerire nelle attività di operatori all’estero. Cosa che – in ambito europeo quantomeno – sarà ipotizzabile in vigenza di una qualche “indicazione” della Commissione. E ciò a prescindere dal fatto che – appunto – il prodotto di gioco di questo operatore è talmente tipico da aver trovato specifica descrizione proprio nelle norme italiane che regolano i giochi offerti in via telematica.
Quindi non certo un prodotto non previsto, semmai non attuato, che è cosa diversa. Solo secondo una lettura di quelle norme che senza offese definiremmo ottusa, si può dire dunque legittimo il distacco dal totalizzatore ed il conseguente avvio del procedimento di decadenza della concessione, motivato dallo svolgimento di attività non a norma, come la raccolta scommesse su siti esteri (ecco il punto dove non è stata fatta chiarezza), effettuata “da soggetti a qualsiasi titolo legati da relazioni giuridiche”, anche in assenza di un riorientamento verso i siti ‘. com’. Al di là delle interpretazioni condivisibili o meno della clausola contrattuale accessiva alla concessione c. d. “bersani” al di fuori dello specifico caso trattato, i provvedimenti del Tar e del Consiglio di Stato meritano attenzione perché comunque ribadiscono l’esistenza forte e legittima del sistema concessorio italiano, dove le eventuali imperfezioni – debitamente corrette – possono addirittura fungere da ulteriori puntelli.

L’articolo è stato pubblicato sul giornale bisettimanale “TS”

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