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Avvisaglie di Placanica bis

Con ordinanza n. 2993/10 depositata in cancelleria lo scorso 25 gennaio, la terza sezione penale della Cassazione ha finalmente reso le motivazioni che la hanno indotta, ai sensi dell’art. 234 del Trattato CE a rimettere il caso alla Corte di Giustizia. Se la questione fosse supportata da un richiamo puntuale ed aggiornato della normativa che regola il settore delle scommesse, potrebbe avere una sua dignità e costituire un buon incipit di discussione davanti la Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

Purtroppo, visti gli argomenti proposti ai Giudici Europei, si rischia l’ulteriore sentenza inutile, che di fatto nulla mette e nulla toglie al sistema concessorio italiano. Insomma, la delusione è non leggere nelle motivazioni nulla che giustifichi il tempo perso con questo ulteriore rimando.
Veniamo al chaier de doleances (è comunque un dolore notare che il giudice supremo non è perfetto come ci si aspetta). Le argomentazioni prese in considerazione per la CGA, non sono meritevoli di tanta considerazione. Non corrisponde al vero infatti che lo Stato italiano (e più specificatamente AAMS) ha tutelato le posizioni dei concessionari pre Bersani, garantendo loro la quota di mercato già acquisita. Come rileva la stessa Corte di Cassazione, semmai un pregiudizio ci fosse stato nei confronti degli operatori esteri – ma anche italiani -, lo stesso “è stato superato in via generale con l’art. 22, comma 11 della legge n.289 del 2002, che ha rimosso l’ostacolo alla partecipazione delle società con azionariato anonimo alle gare di aggiudicazione delle concessioni”. Si chiede di valutare se un pregiudizio potrebbe essere costituito dal vincolo delle distanze, imposte sempre con il decreto Bersani. Sarebbe cosa gradita se la Cassazione prendesse contezza che anche il vincolo delle distanze oramai è stato abbattuto dal Legislatore con la legge che ha dato vita alla nuova gara ippica c.d. Giorgetti (decreto legge 25 dicembre 2008 n.149, convertito dalla legge 19 novembre 2008 n.181 e successive modifiche). E’ impensabile che la Corte di Giustizia possa prendere atto di presunte discriminazioni, peraltro tutte superate, le cui uniche vittime sarebbero operatori che hanno come unico interesse quello di non rispettare le regole ed attaccare il sistema gioco in Italia per meri fini di lucro. Ma v’è di più: si menziona come scriminante addirittura il possibile incameramento delle cauzioni – troppo elevate – per mancato rispetto degli obblighi concessori. I concessionari italiani, comunitari ed extracomunitari, hanno prestato garanzie sotto forma di fideiussioni bancarie per cifre anche a sei zeri, e nessuno si è mai lamentato delle previsioni contemplate negli schemi di convenzione. Se chi contesta avesse voluto veramente partecipare alla gara del 2006 indetta a seguito del decreto Bersani, avrebbe potuto farlo e contestualmente impugnare il bando di gara, rilevando tale presunta nullità dello schema di convenzione; ed invece da abile stratega sostiene che alcune disposizioni del citato schema di convenzione siano state studiate proprio per escludere le loro società.
Altra lacuna, nell’ordinanza si procede ad un’analisi della normativa, compresa la legge n. 88/09, e non si menzionano le ulteriori concessioni messe a gara, che possono richiedere anche coloro che non sono operatori di gioco. E’ incredibile poi tacciare ancora il nostro sistema di giochi e scommesse di essere conservatore e protezionista, quanto la stessa Corte sostiene che:
“(…) nel settore dei giochi non esiste armonizzazione comunitaria, così che ciascuno Stato può determinare le proprie priorità di tutela e i propri meccanismi di controllo;
(…) un sistema di monopolio con affidamento ad unico operatore può rispondere ad esigenze di tutela e non contrastare con le regole comunitarie”. Pazienza: il tempo perso (e di questo si tratta, non avendo la Cassazione voluto dirimere la questione) darà comunque occasione di far valere ancora una volta la legittimità del nostro sistema gioco davanti alla Corte di Giustizia.

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