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Le possibili conseguenze di una sentenza negativa della Corte di Giustizia

Nel corso dell’udienza del 7 marzo scorso davanti ai giudici della Corte di Giustizia i singoli Stati membri hanno avuto modo di esprimere, anche attraverso il deposito di memorie scritte, le loro opinioni, prendendo una posizione abbastanza unanime: le disposizioni del Trattato in materia di libera prestazione dei servizi e di libertà di stabilimento non ostano ad una normativa nazionale in base alle quale è vietato, sotto minaccia di sanzioni penali, esercitare senza l’apposita autorizzazione rilasciata dallo Stato membro interessato (nel caso di specie l’Italia), attività nel settore della raccolta, dell’accettazione e della trasmissione delle scommesse.

Lo Stato italiano infatti, secondo gli Stati membri, per garantire l’ordine sociale, la tutela dei consumatori, persegue a livello nazionale una politica di espansione controllata del gioco e delle scommesse. In virtù di ciò le concessioni rilasciate sulla base del precedente regime giuridico non possono essere revocate e non può essere indetta una nuova gara di distribuzione.
Dello stesso avviso non sembra essere la Commissione Europea, secondo la quale gli articoli 43 CE e 49 CE si oppongono ad una normativa nazionale che prevede l’esclusione dalle gare pubbliche di assegnazione delle concessioni statali per la raccolta delle scommesse, degli operatori economici di altri Stati Membri in ragione delle loro particolare forma di società di capitali con azioni quotate nei mercati regolamentati di altri Stati Membri. Conclude però la Commissione che spetta comunque al giudice di rinvio, cioè il giudice italiano, verificare se la normativa incriminata, anche alla luce delle sue concrete modalità di applicazione, rispetta i criteri di oggettività, trasparenza, non discriminazione e proporzionalità. I Tribunali italiani, se la posizione della Commissione fosse condivisa dalla Corte di Giustizia europea, sarebbero chiamati a giudicare che cosa? La vecchia modalità di assegnazione delle concessioni, che escludeva dalla gara le società per azioni? Oppure l’attuale sistema?

Ritengo, a mio modesto avviso, che non potranno che prendere atto delle concrete modalità di applicazione della normativa e delle sue successive modifiche e prendere atto che a seguito di dette modifiche importanti realtà societarie, italiane ma anche europee, hanno potuto acquisire concessioni. Ed inoltre, gli imputati Sorricchio e Palazzese sostengono che l’intero sistema concessorio relativo alla raccolte delle scommesse debba essere sottoposto ad un riordino, quindi la strada più semplice, per permettere a tutte le importanti realtà straniere di acquisire la licenza per operare, è quello di “distruggere” il vecchio sistema, magari attraverso un provvedimento che disponga la revoca di tutte le concessioni. La revoca di tutte le concessioni sarebbe un provvedimento di certo estremamente straordinario, che comporterebbe delle serie conseguenze. In primis, qual’ è lo scenario che si prospetta per gli attuali concessionari, che hanno maturato un legittimo affidamento nei confronti della P. A.? Potranno subire dei danni causati da una norma, dettata da particolari esigenze di tutela e poi successivamente superata. Ed il consumatore-scommettitore come dovrebbe reagire a questo provvedimento di revoca? Sicuramente lo stato di incertezza potrebbe causare una notevole diminuzione delle giocate, sia dal lato dell’offerta che dal lato della domanda, dal momento che verrebbe delegittimato e messo in discussione l’intero sistema concessorio e non soltanto quello passato. Tutti i soggetti interessati, nell’ipotesi in cui tutte le concessioni venissero revocate, potrebbero infine intentare una causa di risarcimento danni nei confronti dello stato italiano.

La potenziale parte lesa non è soltanto il bookmaker, che avrebbe dovuto semmai impugnare il bando di gara del 1999!

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