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Il decreto di inibizione

L’inizio di questa seconda settimana di febbraio è decisamente caratterizzato dalla pubblicazione del tanto atteso (chi più, chi meno..) provvedimento che inibisce ai bookmakers, stranieri e non, privi del titolo concessorio, di utilizzare i servizi di rete offerti dai vari fornitori (access provider, service provider, e content provider) per effettuare la raccolta dei giochi riservata allo Stato.

Sin dalla fase di elaborazione, alcuni operatori chiamati in causa avevano “sparato i primi colpi”: ricorsi preannunciati alla Corte di Giustizia Europea, proclami pubblicati su importanti quotidiani, proteste ufficiali di organizzazioni internazionali di settore, e via dicendo. E’ da aspettarsi quindi un esame del provvedimento normativo nei fori italiani, e forse nel medio periodo anche quello del Giudice Europeo. In realtà, i destinatari di questo decreto non sono gli operatori privi di concessione, ma i fornitori di servizi di rete il cui ruolo nella vicenda diventa cruciale: devono farsi parte diligente, prendere atto della comunicazione dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, e procedere alle inibizioni degli operatori che raccolgono i giochi senza il dovuto titolo concessorio.

L’art 4 del decreto del 7 febbraio 2006 però stabilisce che i fornitori-“vigilantes” non sono assoggettati ad un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che trasmettono, né tantomeno devono andare a ricercare “attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività non autorizzate”. Essi però devono comunque “fornire tempestivamente” ad AAMS tutte le informazioni in loro possesso. Qual’è dunque l’attività che devono svolgere gli access provider, i service provider ed i content provider? Adottare misure volte a prevenire il compimento degli illeciti da parte degli operatori del gaming non regolari, oppure limitarsi ad eliminare gli effetti di tali illeciti, una volta che ne siano stati messi a conoscenza? Gli illeciti in parola peraltro sono previsti da una normativa non di pronta soluzione e piuttosto settoriale. Il rischio è che l’obbligo del fornitore di connettività non sia chiaro e/o ben individuato.

La norma in questione li rende infatti responsabili: a livello civile nei confronti di terzi del contenuto illecito dei servizi offerti per la raccolta di gioco riservato allo Stato; a livello penale per violazione della legge n. 401/89; a livello amministrativo ai sensi del presente decreto e della Legge Finanziaria Infatti i fornitori rischiano l’applicazione da parte dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato della sanzione amministrativa pecuniaria da 30.000 a 180.00 euro per ciascuna violazione accertata. Il fornitore di connettività, per non rischiare di essere convenuto in eventuali giudizi, civili, penali e amministrativi, sembra doversi fare poliziotto e denunciare gli operatori che, utilizzando le reti dei providers, propongono servizi di raccolta di giochi a distanza senza la concessione.

Il decreto opera poi una distinzione tra i vari fornitori, suddividendoli in tre diverse categorie: gli access providers, i service providers e content providers, senza però ripartire il grado di responsabilità di ciascuno di essi. Ad esempio, l’access provider che fornisce semplicemente l’accesso ad un canale di comunicazione, non dovrebbe avere alcun obbligo preventivo. Si pensi al gestore di una rete telefonica, il quale non può certamente essere tenuto responsabile per gli illeciti commessi dagli utenti della rete stessa. Gli altri due fornitori, service provider e content provider (la cui distinzione dei compiti non appare così nitida a chi scrive: le due figure potrebbero infatti coincidere laddove il service provider oltre a fornire la connettività eroghi servizi aggiuntivi, dal caching all’hosting) al contrario potrebbero e dovrebbero effettuare un preventivo e successivo controllo dei vari servizi trasmessi sui loro servers.
Food for thoughts, dicono gli inglesi...

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