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Lo sviluppo normativo del gioco on line negli Stati membri

Subito dopo le sentenze su Germania ed Austria della Corte di Giustizia Europea dell’8 settembre – data fatidica anche per la nostra storia – le impressioni a caldo sono che la Commissione e la Corte non hanno intenzione di abbandonare il campo dei giochi, ne in un senso ne nell’altro. Infatti, il Commissario Barnier lo aveva precisato pochi giorni prima e la Corte – peraltro piuttosto rapida questa volta – non lo ha smentito.

Mentre nel privato, la crescita esponenziale dei convegni sul gioco oltre ad essere un segno dell’interesse che destano le attività dove circola denaro, lo è anche del potenziale interesse di altri settori dell’economia che potrebbero decidere di investire proprio qui, attratti da numeri altisonanti ma del tutto privi di know- how, che difficilmente otterranno se non scelgono bene i loro supporti. Nell’ambito della Comunità europea, come è noto, non esiste alcun tipo di regolamento comunitario in materia di giochi, né tantomeno una direttiva che dia indicazioni agli Stati membri.
Il governo di Bruxelles, per motivi vari, che meriterebbero una trattazione dedicata, ha sempre ritenuto di non intervenire mai direttamente; anche se grazie all’intervento costante della Corte di Giustizia, e grazie alla preventive notifiche dei progetti di legge che gli stessi Stati membri sono obbligati ad inviare alla Commissione, pena la validità delle stesse norme, si può sostenere che gli organi della Comunità siano assai presenti nelle politiche sui giochi dei singoli stati membri. Ad oggi, sempre più paesi, comunitari e non, guardano al nostro modello cercando di regolamentare il gioco, in particolare quello on line, scavando così un solco sempre più profondo tra paesi che autorizzano il gioco cercando una qualche regolamentazione per gli operatori privati, e paesi che sbarrano l’accesso al mercato.
L’Italia – UK a parte – può ben essere considerato stato pioniere, in quanto è stato tra i primi paesi ad autorizzare il mercato dei giochi on line nel 2005 e poi a seguire con il decreto c. d. Bersani, che definendo meglio i prodotti ha introdotto anche gli skill games. Irlanda, Danimarca, Francia e alcuni Paesi dell’Europa dell’Est come Lituania, Slovacchia, Lettonia, Estonia e Malta sono tra le nazioni che hanno regolamentato e di conseguenza autorizzato la raccolta del gioco on line. Ma com’è facilmente riscontrabile, la normativa dei singoli Stati non è omogenea. Ad esempio in Francia sono permessi il poker on line, le scommesse ippiche e quelle sportive, mentre slot, giochi da casinò e betting exchange sono vietati. L’Estonia, ha di recente stilato la black list dei siti di gioco on line che operano nel paese ma senza la licenza locale, da ottenere ai sensi del nuovo ‘”Estonia Gambling Act”, emanato anche su stimolo di Bruxelles. Ci sono poi gli Stati dove il gioco on line è ancora vietato: Finlandia, Olanda, Germania (ora vedremo dopo la sentenza della CGE), Ungheria, Slovenia, Grecia e Portogallo. Polonia e Spagna invece stanno aprendo al mercato. Il progetto sul gioco on line del governo polacco è stato esaminato in Commissione, che ha rilevato come i bookmakers che intendono avviare la loro attività di raccolta di gioco on line in Polonia potranno continuare ad avere i loro server in qualsiasi Stato membro dell’UE o Paese aderente all’Efta.

La Commissione Europea ha ritenuto che l’obbligo di sede nel territorio, così come prevedeva il primo progetto di legge polacco, rappresentava una restrizione ai dettami europei in tema di libertà di circolazione di mezzi e servizi.
Tra le disposizioni del progetto di legge del governo di Varsavia restano validi:

  1. l’obbligo di segnalare tutti i dati relativi all’attività ad un organismo centrale di Informazione attraverso il quale lo Stato potrà controllare i processi di raccolta;
  2. l’obbligo per le società che vogliono acquisire una licenze, di avere una sede locale (c. d. stabile organizzazione);
  3. l’obbligo del pagamento delle imposte all’Erario;
  4. l’obbligo delle transazioni economiche, quindi pagamento delle giocate e vincite, di passare attraverso banche con sedi in Polonia o comunque sedi locali di banche estere.

In Spagna, mentre la Comunità Valenciana prevede di pubblicare nei prossimi giorni il progetto di decreto che approva il regolamento regionale sulle scommesse per consentire alle parti interessate di presentare le argomentazioni entro il termine previsto, il limitrofo governo locale della Catalogna ha già approvato una nuova regolamentazione per il gioco on line, che definisce i requisiti minimi per gli operatori che intendano acquisire una licenza. Il nuovo testo intende:

  1. obbligare le imprese ad avere una sede sociale in Catalogna;
  2. imporre per la pubblicità dei prodotti di gioco alle imprese di comunicare in anticipo la diffusione di nuovi annunci sul gioco d’azzardo on line;
  3. vietare l’istigazione al gioco “compulsivo”;
  4. l’istituzione della Gaming Commission della Catalogna, un organo consultivo che rappresenti tutti gli operatori del settore.

Questa breve disamina non esaurisce certo il panorama dei lavori in corso sulla regolamentazione dei giochi in Europa ma, come appare anche da Spagna e Polonia, il nostro modello va per la maggiore, anche quello nuovo proposto dalla Legge n. 88/09 (Legge c. d. comunitaria).
Il prossimo passo sarà quello della cooperazione tra paesi, gli scambi bilaterali ad esempio, dove magari regolamentazioni simili ma non del tutto omogenee possono trovare dei terreni comuni per permettere sia agli operatori transnazionali di affermare sempre più la loro professionalità ed il loro business, ed agli utenti di beneficiare di servizi migliori (si pensi ad esempio alle piattaforme di poker). A conferma che, anche se sono passati diversi anni dalla prima legge, siamo ancora i precursori sul gioco on line, grazie anche all’intervento quotidiano e costante del nostro regolatore.

L’articolo è stato pubblicato sul giornale bisettimanale “TS”

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