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Mantenere l’emersione

La vecchia tiritera che il settore del gioco sia in contro tendenza rispetto agli andamenti dell’economia è ancora una volta smentita dai numeri, oggi più che mai. 
Quello che è certo invece, è che ogni settore produttivo, siano beni o servizi, se diviene oggetto della bramosia (di natura varia) di molti, non può che risultarne depresso.

Quando poi come in questo caso l’attività su cui si basa il settore dia visibilità solo se comunicata negativamente, è inevitabile che arrivino i guai.

Assistiamo da anni ad un aumento di strilloni alla ricerca della prima pagina (difficile oggi, coi tempi che corrono..) che attaccano il gioco a testa bassa senza preoccuparsi di approfondire e studiare l’argomento. Questa abitudine assai diffusa in Italia, unita a quanto sopra in termini sia di comunicazione negativa che di comunicazione sbagliata da parte degli organi di settore, porta un malessere contagioso nell’opinione pubblica ad ogni livello, e peggio di tutto in quello dei c.d. decision makers.

Cioè quella filiera (altro termine abusato) di soggetti – parlamento, governo, amministrazioni competenti – che determina il processo normativo, di primo e secondo grado. Per quanto ci consta (competenza indubbia di AAMS a parte) non abbiamo ancora visto una relazione completa ed esaustiva sullo stato del mercato del gioco nel nostro paese, accompagnata da un serio approfondimento sociologico, sulla quale sia legittimo basare dei provvedimenti normativi. Un vero Osservatorio permanente insomma. Eppure ne sono state prodotte tante, anche da autorevoli istituti e/o istituzioni. Poco o nulla dall’interno del settore, nonostante tentativi più o meno velleitari di associazionismo. Anche qui non è tutto oro quello che luccica. Gli interessi sottesi all’attività di esercizio dei giochi sono importanti, almeno nei numeri lordi, e chi è strutturato industrialmente non fa poi tanta filosofia. Ma quando le cose non vanno benissimo, quando la parte medio piccola (e quella grande non strutturata adeguatamente) stenta a tenere in piedi il business, aumenta il malumore, la litigiosità ed il rischio “fuga dal recinto”.

In altri termini, non si deve penalizzare oltremisura con norme e regolamenti troppo onerosi un settore che comunque esiste ed esisterà, e solo sulla scorta di un comune sentire moraleggiante sull’attività di gioco. Massima allerta, massima altrettanta, attenzione e cura del cittadino-giocatore e delle distorsioni che questa attività di intrattenimento – tanto e quanto altre – può provocare.

Monitoraggio dei flussi di denaro in chiave antiriciclaggio e commistione con criminalità organizzata. Verifica della corretta fiscalità. Ma con una attenzione alla sostenibilità economica di tali esercizi, oppure sarà veloce – nonostante le forze in campo – la re immersione dell’emerso. Allora si che i pericoli sopra descritti potranno manifestarsi appieno nell’habitat dell’illegalità, ridando fiato a coloro ai quali, con notevole impegno (e certo non guadagnandone in immagine), lo si aveva sottratto.

L’articolo è stato pubblicato sul giornale bisettimanale ”TS”

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