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La sentenza della Corte Costituzionale

Il tribunale di Macerata, con ordinanza del 20 marzo 2006, sollevava in riferimento agli articoli 3, 10,22 e 41 della Costituzione, “questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge 13 dicembre 1989 n. 401 (interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento delle manifestazioni sportive), in relazione all’art. 88 del regio decreto 18 giugno 1931 n. 773 (Approvazione del testo unico delle leggi sulla pubblica sicurezza)”.

L’udienza pubblica si teneva il 19 giugno u. s., e dopo circa un mese, il 13 luglio 2007, veniva pubblicata la sentenza n. 284. E’ un luogo comune ritenere che la Corte Costituzionale, chiamata a decidere su questioni di legittimità del nostro diritto vigente, possa con le le sue sentenze “stravolgere” o comunque riorganizzare il sistema normativo italiano. In realtà anche questa volta, come già era capitato in passato sempre in relazione alla legittimità costituzionale della legge n. 401/89 e dell’art. 88 TULPS, la Corte di p. zza del Quirinale ha dichiarato inammissibile la questione postagli dal Tribunale di Macerata.

Ritiene infatti il relatore, Giuseppe Tesauro, che le questioni propostegli dal giudice marchigiano non possano essere risolte dalla Corte, in quanto non compete ad essa “.. ma al giudice comune accertare –eventualmente avvalendosi dell’ausilio del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia- se le disposizioni del diritto interno, rilevanti nella specie, confliggano con le evocate norme di diritto comunitario provviste di effetto diretto e trarne conseguenze qui precisate”. Se vi è conflitto tra la normativa interna e quella comunitaria, il Giudice di merito che lo rileva, ha il potere e il dovere di disapplicare il nostro diritto. Nel caso in esame lo scorso marzo 2006 il Giudice di Macerata era ben convinto dell’ “antinomia tra l’art. 4 della legge n. 401 del 1989, in relazione all’art. 88 del r. d. n. 773 del 1931, e gli artt. 43 e 49 del Trattato CE”, ma non riteneva di poter disapplicare le norme richiamate in quanto a suo avviso si era creato un consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità (“diritto vivente”) secondo il quale le misure restrittive delle libertà comunitarie ex art. 43 e 49 del Trattato CE erano giustificate, nel settore del gioco e delle scommesse, dalla sussistenza di esigenze di ordine pubblico.

Quindi il Giudice a quo non sapendo come risolvere questo apparente contrasto tra il proprio libero convincimento e la giurisprudenza di legittimità, decideva di rivolgersi alla Corte Costituzionale, che di fatto ha indicato al Giudice di Macerata il percorso formalmente corretto. E qualora permanesse il dubbio sul conflitto, lo invitava a rivolgersi alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee, utilizzando “il rinvio pregiudiziale prefigurato dall’art. 234 del Trattato CE quale fondamentale garanzia di uniformità e di applicazione del diritto comunitario nell’insieme degli Stati membri”. Un dato è certo: anche dopo la Sentenza Placanica i nostri giudici che continuano ad essere investiti della questione, non hanno formato un indirizzo uniforme, dimostrando di avere ancora seri dubbi. Potrà mai essere definitivamente chiarita questa querelle? Non sono bastate due sentenze della Corte di Giustizia (il caso Gambelli ed il caso Placanica) nè il contributo della Corte di Cassazione. Peraltro, anche il nostro Legislatore ha cercato di risolvere il problema: l’articolo 38 del decreto Bersani, poi convertito nella legge n. 248/06, ha riconosciuto per la prima volta validità ad una licenza per svolgere attività di raccolta di gioco e scommesse, rilasciata da uno Stato straniero e non necessariamente facente parte della Comunità Europea. Di contro il Giudice di Macerata ritiene che ci sia di fatto ancora un “regime sostanziale di monopolio con irragionevole esclusione di altri operatori”. Non possiamo condividere.

Considerate infatti le stesse recenti pronunce giurisprudenziali, sia a livello comunitario che a livello nazionale, le situazioni vigenti in molti dei paesi leader della UE (vedi per tutti Francia e Germania) nonchè l’esito delle gare indette sempre ai sensi della richiamata legge Bersani, non crediamo si possa continuare a parlare di sostanziale monopolio. Numerosi e blasonati bookmakers sono divenuti concessionari dello Stato italiano, garantendo così un controllo delle loro attività sul territorio da parte delle nostre forze di Polizia. Diamo tempo a questi – ma anche a tutti gli imprenditori italiani del settore – di valutare se la nostra normativa, che di sicuro deve essere rivista ed organizzata, sia consona a permettere l’esercizio delle loro attività in sicurezza e con la lecita aspettativa di un risultato economico apprezzabile.
Decidano tutti poi se sia il caso di utilizzare gli strumenti giudiziali messi a disposizione in uno Stato di diritto, per ottimizzare la propria condizione imprenditoriale o per non essere sottoposti ad alcun tipo di vincolo.

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