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La canalizzazione del gioco in circuiti illeciti

L’art. 5 bis della Legge provinciale n. 13/92 della Provincia Autonoma di Bolzano dispone che per ragioni di tutela di determinate categorie di persone e per prevenire il vizio del gioco, l’autorizzazione per l’esercizio di sale da giochi e di attrazione non può essere concessa ove le stesse siano ubicate nel raggio di 300 metri da istituti scolastici di qualsiasi grado, centri giovanili o altri istituti frequentati principalmente da giovani, o strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o socio assistenziale.

Alla luce di questo dettato normativo, la Giunta regionale lo scorso 12 marzo adottava ad unanimità una delibera che autorizzava la stessa Giunta ad “ 1) individuare altri luoghi sensibili ove nel raggio di 300 metri degli stessi non può essere concessa l’autorizzazione per l’esercizio di sale da gioco e di attrazione come: campi sportivi, impianti sportivi, impianti per il tempo libero, palazzetti dello sport, biblioteche, stazioni ferroviarie e di autobus, fermate ferroviarie e di autobus nonché luoghi di culto; 2) di individuare altri luoghi sensibili ove – indipendentemente da un raggio di 300 metri – non può essere concessa l’autorizzazione per l’esercizio di sale da gioco e di attrazione come nei centri storici e lungo le strade molto frequentate da pedoni nei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti”. Il tenore della delibera ha tutta l’aria di una dichiarazione di guerra contro l’intero comparto degli apparecchi da intrattenimento. Guerra proseguita poi con ulteriori offensive. A maggio dello scorso anno la giunta interveniva nuovamente adottando un provvedimento, approvato ancora una volta ad unanimità, il dlp 136/12, “modifica della legge provinciale 14 dicembre 1988, n. 58”, che di fatto autorizzava i sindaci di ogni comune della provincia autonoma a poter procedere con i provvedimenti sanzionatori del caso. L’excursus normativo non termina qui. Infatti interviene una nuova legge provinciale dello scorso ottobre, la n. 17/12 dell’11 ottobre 2012, entrata in vigore il primo novembre, che all’art. 1 bis prevede “Anche i giochi leciti non possono essere messi a disposizione in un raggio di 300 metri da istituti scolastici di qualsiasi grado, centri giovanili o altri istituti frequentati principalmente da giovani o strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o socio-assistenziale. La Giunta provinciale può individuare altri luoghi sensibili, in cui i giochi non possono essere messi a disposizione”.

La giunta comunale, con nota dello scorso 19 novembre, ai fini dell’attuazione della menzionata legge Provinciale imponeva la rimozione degli apparecchi da intrattenimento di cui all’art. 110, comma 6 a) TULPS dai bar della città entro il 15 dicembre, pena multe dai 144 ai 552 euro e non solo: l’ordinanza comunale del vicesindaco prevedeva anche sanzioni più pesanti come la chiusura del locale e il ritiro delle licenze. Detto provvedimento, è obbligo rilevare, riguarda solo i bar – circa 250 nell’area – ma non le sale giochi e le tabaccherie.

Riguardo quest’ultime – pur contenti – non si comprende quale sia la ratio. Prima del più recente ultimatum del 15 dicembre u.s., il Comune di Bolzano aveva emanato una serie di linee guida obbligando i gestori (dei bar, delle tabaccherie o degli esercizi commerciali al cui interno fossero installate apparecchiature o strumentazione informatica destinata al gioco con vincita in denaro) a delimitare gli spazi creando ambienti ad hoc, in modo da impedire la vista agli avventori.

Alcune agenzie di stampa riferiscono che oltre 110 locali non hanno provveduto a far ritirare gli apparecchi, altri 104 invece si sarebbero già adeguati. Così la Polizia Municipale ha iniziato ad elevare le prime sanzioni per un valore di 188 euro. E, come spesso accade in questo settore negli ultimi anni, sarà ora il TAR ad esprimere il giudizio in merito ai provvedimenti della Provincia e del Comune in tema di divieto di installare apparecchi nei locali pubblici nelle vicinanze dei luoghi sensibili.

A peggiorare il quadro, una nota di colore: un comune turistico della provincia autonoma di Trento, in ottemperanza alle suindicate norme, ha ritenuto che fossero luoghi sensibili anche gli studi dentistici. Quindi gli apparecchi non possono stare vicino anche agli studi dentistici. Questa è l’Italia, dove uno studio dentistico viene identificato come luogo sensibile, ma dove la sanità disperde miliardi di euro causando la caduta di intere giunte regionali. Poco danno, rispetto alle AWP vicino ai dentisti..

Come sempre l’esagerazione di emergenze costruite mediaticamente spesso da amministratori locali (come nel caso descritto) o da politici in cerca di gloria porta al contenzioso e crea conflitti. L’arroganza di certe amministrazioni locali – in particolare queste che devono a tutti costi affermare la loro specialità (desueta) rispetto alle altre – producendo provvedimenti inconsistenti e privi di supporti quantomeno di dati, rischia di rendere ridicole anche eventuali esigenze reali delle comunità coinvolte. Se si vuole programmare una diversa distribuzione della raccolta di gioco pubblico, distinguendo peraltro le tipologie, si deve studiare, lavorare e produrre documenti attendibili, non proclami. Le disposizioni menzionate rappresentano una palese violazione delle norme che regolamentano la libera impresa, gestita da operatori che hanno ottenuto una concessione dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Stato (già Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato) e soprattutto non tengono conto del fatto che si tratta di un gioco pubblico, su concessione statale. Con queste norme si rischia inoltre di canalizzare il gioco in CIRCUITI ILLECITI, annullando la politica di regolamentazione fatta negli ultimi quindici anni, che ha prodotto i suoi risultati. Si plaude alla scelta dell’Agenzia di schierarsi con gli operatori del settore per arginare questa campagna denigratoria e distruttiva contro il gioco lecito, intervendo ad adiuvandum contro gli enti locali. Sotto altro profilo giova altresì rilevare che pur essendo anacronistico parlare ancora di vizio da gioco (termine riduttivo; quello che rileva è il gioco che diventa patologia, nei casi previsti ora dalla legge, e per i soggetti problematici affetti da forme di dipendenza che possono poi manifestarsi in malattie) questo si può rilevare, arginare e curare solo se lo si conosce, non certo ricacciando gli operatori nel nero. Tanto più per combattere poi infiltrazioni e connessioni con la criminalità organizzata.

L’articolo è stato pubblicato sul giornale bisettimanale “TS”

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