flag-itflag-en

Dettagli notizia

Se fossero 500 milioni da rimborsare...

È stata definita in molti modi, criticata dagli avvocati, odiata dagli operatori. Oggetto di contenziosi interni alla filiera e a volte anche causa di fallimenti. A sei anni di distanza la ‘tassa dei 500 milioni’ continua ancora a tener banco nelle discussioni del settore del gioco pubblico. Ma forse oggi si vede la luce in fondo al tunnel.

In questi anni sono state decine le pronunce del giudice amministrativo sulla disposizione inserita nella legge di Stabilità 2015 che ha disposto la 'riduzione' di 500 milioni di euro su base annua di aggi e compensi dei soggetti che operano nella gestione e raccolta del gioco tramite apparecchi da intrattenimento Awp e Vlt. Un prelievo mai compreso, vissuto come un abuso dei poteri dello Stato perché mai ben motivato dal Legislatore che lo ha introdotto. Abuso che in alcuni casi ha portato ad altri abusi, da parte degli operatori più grandi nei confronti degli operatori più piccoli su come andasse correttamente suddiviso il pagamento all'interno della filiera. È stato necessario un nuovo intervento legislativo che dettagliasse la suddivisione proporzionale del pagamento, in base alla partecipazione di ciascun soggetto "alla distribuzione del compenso, sulla base dei relativi accordi contrattuali".

Arriva oggi tuttavia una nuova decisione del Consiglio di Stato che chiama in causa il giudice comunitario mettendo in dubbio la legittimità della norma. Con le ordinanze del 31 agosto, Palazzo Spada solleva questione di pregiudizialità invitando la Corte di Giustizia dell'Unione europea a chiarire se questo prelievo una tantum sia compatibile con l'esercizio della libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi garantiti dal TFUE e con il principio di diritto europeo della tutela del legittimo affidamento.

È possibile applicare una tassa così imponente ai soli operatori del gioco con apparecchi da intrattenimento e non nei confronti di tutti gli operatori del settore del gioco?

Ma soprattutto? È possibile cambiare le norme in corsa?

Il giudice del Consiglio di Stato pone l'accento sulla possibilità o meno dello Stato di incidere sui rapporti di concessione già in corso, in modo da peggiorarne i termini economici e da alterare in modo a lui sfavorevole i calcoli di convenienza fatti dal concessionario nel momento in cui si è accordato con l'amministrazione concessionaria.

"L'applicazione di questo balzello - ha affermato il prof. Federico Tedeschini, avvocato di alcuni concessionari di apparecchi da gioco ricorrenti - viola non solo le regole del Trattato Ue ma anche la Convenzione europea dei diritti dell'uomo. L'affidamento è uno dei pilastri fondamentali del diritto europeo. Le aziende devono potersi fidare del potere pubblico. Questo è il punto".

"Il Consiglio di Stato - prosegue - prende atto finalmente del violazione del principio di legittimo affidamento, un principio di diritto europeo, da parte dello Stato che ha sottoscritto un contratto con i concessionari che hanno partecipato alle gare per la concessione della gestione degli apparecchi da gioco e poi ha cambiato le carte in tavola applicando una tassa di 500 mln sui compensi maturati nel 2014. Chi ha partecipato alla gara ha visto sballati i conti economici che aveva fatto in sede di affidamento. La misura non è ispirata da motivi imperativi di interesse generale ma è una mera esigenza di cassa. Non si possono usare i concessionari come dei bancomat".

A confermarlo anche lo stesso Palazzo Spada che ha criticato il fatto che "appare ispirata esclusivamente ad un'esigenza economica di aumentare gli introiti dello Stato, e quindi di 'fare cassa'".

"Un passaggio dell'ordinanza del Consiglio di Stato - continua ancora Tedeschini - afferma che la giurisprudenza della Corte di Lussemburgo ha più volte affermato che fra i motivi imperativi citati non si ricomprendono le semplici esigenze dello Stato membro di incrementare il proprio gettito fiscale, senza che con ciò si raggiungano obiettivi diversi ed ulteriori rispetto a quelli della trasparenza, della lotta alla criminalità etc etc. Sarebbe stato accettabile se i fondi derivanti dal prelievo fossero stati usati per incrementare una serie di controlli che tra l'altro avrebbero anche avvantaggiato i concessionari che in realtà sono fortemente colpiti dalla sostanziale insufficienza sui controlli sul gioco clandestino".

La speranza è che ora la Corte europea possa finalmente far chiarezza su una norma tanto contestata. Ma cosa possono aspettarsi gli operatori? Prima di avere una pronuncia in merito dovremo attendere ancora qualche tempo. Si parla di un anno e mezzo, forse due, conoscendo per esperienza i tempi di giudizio di Lussemburgo. Conterà anche come si esprimerà prima, l'Avvocato Generale.

"Ci si aspetta - commenta a PressGiochi il prof. Stefano Sbordoni - che, con buona probabilità, l'esito da parte del giudice di Lussemburgo sia quello di dichiarare che la norma ha dei profili di incostituzionalità o viola alcuni dei principi generali a fondamento dello stesso Trattato sul Funzionamento dell'Ue. In particolare quello del legittimo affidamento. Qualora arrivasse una sentenza positiva dovremo vedere come verrà formulata. Questa formulazione sarà determinante nel valutare quelle che saranno le conseguenze della sentenza stessa".

Qui si apre la prospettiva di un eventuale ipotesi di risarcimento da parte dello Stato.

"Nel caso in cui il giudice europeo decidesse di accogliere la nostra tesi - afferma Tedeschini - confermando che è stato violato il principio di legittimo affidamento è chiaro che il denaro versato deve essere restituito. In questo caso, i soldi presi diventano soldi incassati a titolo di ingiustificato arricchimento. Quindi, i soldi andranno restituiti, con gli interessi moratori, e chi nel frattempo è stato costretto a chiudere la propria attività, dovrà essere risarcito per il danno subito, come sarà poi a stabilire il giudice amministrativo.

Bisognerà anche vedere cosa dirà l'Avvocato Generale - conclude - che in genere in materia di affidamento è sempre stato dalla parte dei ricorrenti".

Favorevole all'ipotesi risarcimento anche l'avvocato Sbordoni: "Parlare di risarcimento forse non è corretto. Dovremmo parlare di un eventuale annullamento della norma: conseguentemente, gli esiti di tale annullamento si potrebbero concretare in una restituzione di quanto indebitamente incassato da parte dello Stato. Nei casi in cui dall'applicazione della norma si fossero creati dei danni, allora il danno andrà risarcito".

Ma il timore è che la possibilità di un risarcimento/restituzione riaprirebbe una guerra all'interno della filiera tra concessionari, gestori ed esercenti. Anche se la maggior parte degli operatori hanno già definito la propria posizione con i concessionari, ci sono ancora molti giudizi aperti. Questo potrebbe portare ad una nuova ondata di contenziosi, che andranno poi esaminati caso per caso.

Non teme questo rischio Sbordoni, secondo il quale "Il risarcimento sarebbe nei confronti di tutti i soggetti della filiera. I concessionari non sono altro che l'ultimo miglio in alto di questa filiera. Tutte le norme disposte sulla ripartizione della tassa continuerebbero a valere. Così come è stata ripartita nel pagamento, così dovrà essere ripartita nella eventuale restituzione e/o risarcimento".

Rimborso non dovuto proprio a tutti i soggetti, secondo l'avv. Massimiliano Ariano. "Nessun rimborso è dovuto in caso d'intervenuta prescrizione del diritto alla ripetizione. Mi riferisco a tutti quei casi in cui il Gestore ha sottoscritto con il proprio Concessionario degli accordi di rateizzazione dell'importo dovuto a titolo di 'Quota Legge di Stabilità' e abbia già corrisposto l'intero o parte del dovuto. In base a questa impostazione, saranno insensibili alla sopravvenuta declaratoria di illegittimità tutti quei rapporti oramai esauriti sia quelli che sul piano processuale hanno trovato la loro definitiva e irretrattabile conclusione mediante sentenza passata in giudicato, sia quelli rispetto ai quali sia decorso il termine di prescrizione o di decadenza previsto dalla legge per l'esercizio di diritti ad essi relativi. Oltre al merito, determinanti saranno i tempi in cui si pronuncerà la Corte di Giustizia".

Quello che è certo, in questa annosa faccenda, è che dovremo usare ancora tanto inchiostro prima che la parola fine possa esser scritta. Inevitabilmente il pensiero va a quelle aziende più piccole che a causa di questo balzello hanno dovuto rinunciare ad operare in questo settore. Particolarmente apprezzata una considerazione dell'avv. Sbordoni che voglio condividere: "Stiamo vivendo un periodo fin troppo lungo di progressivo impoverimento di competenze a livello istituzionale. Quando le istituzioni, specialmente quelle preposte alla redazione delle norme, si impoveriscono o diventano troppo politicizzate ecco quali sono i risultati. Poi - dice il legale romano - si arriva alla resa dei conti su cui la giustizia deve porre rimedio. È assurdo ritenere questo settore un bancomat dello Stato senza concepire interventi per permettere a questo stesso bancomat di ricaricarsi. In più, per un falso perbenismo, si tocca il settore del gioco (che ricordiamo è anch'esso istituzionale) con i guanti per paura di sporcarsi: una assurda ipocrisia. Siamo purtroppo in un momento storico in cui le istituzioni contraddicono se stesse".

Questo sito utilizza i cookie per migliorare servizi ed esperienza degli utenti. Se decidi di continuare la navigazione consideriamo che accetti il loro uso.Maggiori dettagli