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Scommesse, no alla raccolta senza doppia autorizzazione

ll Tar Toscana ribadisce il divieto di rilascio dell’autorizzazione ai sensi dell'art. 88 Tulps per la raccolta di scommesse in mancanza di titolo concessorio rilasciato in Italia, non valendo il titolo straniero.

La Seconda Sezione del Tar Toscana ha respinto il ricorso di un esercente, al quale la Questura aveva negato il rilascio dell’autorizzazione per l'attività di trasmissione dati in favore di un operatore con sede a Malta. Per i giudici amministrativi, infatti, la normativa vigente prevede un regime della cosiddetta 'doppia autorizzazione', che contempla la concessione all'attivazione della rete da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli e la licenza successivamente rilasciata dal questore ex art. 88 del Tulps, previa verifica della sussistenza dei requisiti soggettivi (in capo al richiedente) ed oggettivi (relativi ai locali di esercizio dell'attività che si chiede di autorizzare) previsti dalla legge. Tale sistema, proseguono i giudici amministrativi, è considerato dalla giurisprudenza compatibile con il diritto comunitario il cosiddetto sistema concessorio-autorizzatorio del 'doppio binario', il quale richiede, per l'esercizio di attività di raccolta di scommesse, sia il rilascio di una concessione da parte del ministero dell'Economia e delle finanze, sia l'autorizzazione di pubblica sicurezza di cui all'art. 88 del Testo unico di pubblica sicurezza (Consiglio di Stato, parere n. 137/2020; Cons. Stato, sez. III, 10 agosto 2018, n. 4905; id., 20 aprile 2015, n. 1992; id., 27 novembre 2013, n° 5636 e 5637). Anche la Suprema Corte di Cassazione, del resto, sottolineano i giudici toscani, ha reputato le disposizioni di cui all'art. 88 del Tulps "non in contrasto con i principi comunitari della libertà di stabilimento e della libera prestazionne dei servizi all'interno dell'Unione Europea, atteso che la normativa nazionale persegue razionalmente finalità di controllo per motivi di ordine pubblico idonee a giustificare le restrizioni nazionali ai citati principi comunitari" (Cass. penale, sez. III, 12 gennaio 2012, n. 7695)".

 

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