Riforma del processo amministrativo e settore dei giochi
Con un Decreto Legislativo il processo amministrativo è stato riformato e, in particolare, sono state inasprite le spese legali per chi intenta una "lite temeraria". Due le ipotesi in cui la lite temeraria porta alla sanzione: il decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri prevede "ragioni manifeste" o "orientamenti giurisprudenziali consolidati".
Nell’intervista rilasciata dall’Avv. Sbordoni a TS è stato chiesto, per l’esperienza maturata nel settore dei giochi, che tipo di risvolti avranno queste nuove norme sui procedimenti che riguardano il gioco pubblico?
Sbordoni: «Non c’è alcuna differenza tra settore giochi ed altri rispetto a queste innovazioni. In realtà non viene alterata la definizione di “lite temeraria” dell’art. 26 del Codice del Processo Amministrativo, ribadendo la possibilita di condanna solo in presenza di ben individuate circostanze costituite dalla presenza di “ragioni manifeste” o “orientamenti giurisprudenziali consolidati », e viene confermata una discrezionalità del giudice nel valutare se una ragione sia «manifesta» o meno. Discrezionalità però in qualche modo ridotta, ritenendosi proprio secondo giurisprudenza che il «consolidamento » del precedente giudiziario debba realizzarsi a livello di Consiglio di Stato. Esempi ve ne sono in continuazione, ma spesso i vizi di norme e regolamenti, pur lasciando inalterata quella che – impropriamente a mio avviso – è definita come “ragione manifesta”, aprono il varco alla proponibilità di ricorsi superflui. La valutazione del giudice amministrativo dovrebbe quindi spaziare in una analisi preliminare complessa, che pur non entrando nel merito possa far ritenere un determinato ricorso “irragionevole”. Ma è ipotizzabile?».
- Quanti soldi e quante lungaggini di vario genere sarebbero state risparmiate se questo provvedimento fosse stato preso qualche anno fa?
S.: «Certo il deterrente poteva fare da filtro. Non possiamo ragionare però nell’ottica del risparmio quando si parla di norme processuali, semmai di trasparenza, di celerità e d’economia del processo. Non è detto che il nuovo testo dell’art. 26 possa impedire a certi operatori di continuare a coltivare le loro battaglie contro i mulini a vento. Esiste però nel processo amministrativo la valutazione dell’urgenza nella fase cautelare, che è poi quella che crea i maggiori problemi, dove il giudice pur ritenendo degne di valutazione le motivazioni del ricorrente, non sospende l’atto impugnato, dando quindi una prima risposta di ampio respiro, e cioè valutando in tal modo la prevalenza dell’interesse pubblico alla vita di quell’atto, riservandosi in sede di merito e con i debiti tempi di decidere sull’eventuale danno subito dal privato, sul rigetto, o sulla correzione postuma dell’’atto stesso. Il processo amministrativo è una vera ponderazione. Ponderazione che a nostro avviso non dovrebbe mai fare una amministrazione nelle more di una decisione giudiziale, come è avvenuto di recente».
Procedimenti interni, in mano alla giustizia amministrativa, finiscono sul tavolo della Corte di Giustizia Europea. Ad ottobre l’Avvocato Generale concluderà le sue osservazioni rispetto al procedimento Costa- Cifone, la cui udienza del 29 giugno ha lasciato già emergere degli orientamenti. Cosa ne pensa? Ci può dire qualcosa sul peso di questo procedimento?
S.: «Qui siamo al cuore del problema, e cioè la credibilità e la sostenibilità della norma interna (interna rispetto a quella Comunitaria). Quando in momenti storici complessi e negativi come quello odierno vengono messe in discussione tutte le istituzioni, si perdono i riferimenti e la forza stessa del diritto. Non voglio poi pensare a valutazioni di incompatibilità di norme interne fatte alla luce di credo personali o scopi politici, sarebbe terrorizzante. Credo che il nostro sia un sistema aperto ma regolato, e che questa sia l’aspirazione di ogni Stato, europeo e non. Il compito della Corte è quello di verificare che non si regoli in modo distorto, ma prima ancora questo è il compito della Commissione che svolge attraverso lo strumento dello stand still. Sulle nostre norme è stato fatto, quindi non mi aspetto sorprese. Peraltro ho partecipato a questo giudizio depositando memorie di parte offesa sin dal principio, atti che oggi sono all’esame della Corte».
- La Manovra Bis e le aspettative del Governo sul settore dei giochi: pensa che le zone oscure del comparto, quelle non ancora ben inquadrate dal punto di vista normativo o comunque quelle per cui l’indirizzo giudiziario non è univoco, possano scoraggiare gli operatori al punto da portare ad una fase di stallo, almeno rispetto alla raccolta?
S.: «Non ci sarebbero zone oscure sul comparto se invece di pensare soltanto a fare cassa il legislatore tenesse conto delle esigenze degli operatori, che lavorano quotidianamente sul territorio. Questo certo può provocare il rischio di stallo. Un caso eclatante è costituito dagli oneri imposti dalla Legge di Stabilità per il 2011, che prevede dei vincoli che nessun operatore può rispettare. Anche le tre gare previste con il Decreto Legge n. 98/11, convertito con integrazioni e modificazioni nella Legge n. 111/11, potrebbero essere controproducenti se gli addetti ai lavori non modificheranno alcuni passaggi; non si può infatti ipotizzare ad esempio che la rottamazione ed il beneficio della percentuale di sconto (pari al 7% per ogni anno di durata delle attuali concessioni) siano previste solo per i corner; che facciamo allora delle concessioni ippiche “Giorgietti”? Se non si corregge il tiro possiamo tranquillamente scrivere l’epitaffio dell’ippica, Assi o non Assi. Quanto alla Manovra Bis ed alla norma che sta destando tanto scalpore (la c.d. delega in bianco), come sempre tutto è perfettibile, ma il principio sotteso credo sia sano: se il legislatore rischia ogni volta che interviene di creare un intoppo al settore, meglio che lo faccia direttamente l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato che ha sia il know how che il rapporto diretto con mercato ed operatori. E comunque gli strilloni non mancheranno mai.