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L’imposta unica e i CTD

Le notizie delle decisioni delle corti continuano ad essere la nostra fonte primaria. Anche dopo la sentenza della Corte di Giustizia del 22 gennaio, che per buona pace di tutti ha riconosciuto la legittimità del sistema concessorio sul c.d. Bando Monti, e dopo il condono per l’emersione fiscale da Legge di Stabilità 2015 a cui hanno aderito un numero considerevole di CTD direttamente ed indirettamente.

A tal proposito, è stato pubblicato sul sito di ADM l’elenco dei centri scommesse che hanno aderito al condono, e che dunque potranno offrire gioco in Italia.  Quasi la metà dei ctd sanati sono in due sole regioni: 587 in Sicilia, e  411 punti in Campania. Seguono poi, il Lazio con 284 ctd emersi,  la Puglia con 167. La città con il più alto numero di CTD regolarizzati è Roma (156); piu del triplo che a Napoli, dove i punti sanati sono solo (si fa per dire) 42, mentre a Milano, secondo l’elenco, sono solo 16.

E’ in questo contesto che lo scorso 6 marzo veniva pubblicata una sentenza della Commissione Tributaria di Roma che, contrariamente alle pronunce di altre Commissione Tributarie, che in più sedi avevano parlato di immunità fiscale in capo ai CTD, ha ritenuto che i bookmaker esteri privi di concessioni non sono tenuti a versare l’imposta unica sulle scommesse richieste dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

La Commissione Tributaria Provinciale di Roma, sez. 41, stabilendo in sostanza che il centro affiliato ad un noto bookmaker, colpito da un accertamento fiscale dell’Amministrazione, svolge un’attività di semplice intermediazione. Ed infatti si legge nella sentenza che “Circa (….) le carenze dei profili oggettivo, soggettivo, e territoriale, il Collegio condivide le affermazioni della società ricorrente in quanto l’attività svolta è sostanzialmente un’attività rivolta alla trasmissione dei dati alla mandante del servizio (….). Ne consegue che tanto da un punto di vista soggettivo, quanto oggettivo e territoriale, non può esservi una pretesa erariale in capo alla società ricorrente in quanto quest’ultima si è limitata alla sola raccolta delle scommesse ed al trasferimento dei dati connessi in via telematica. Ne consegue che non può esservi imposizione ai sensi della legge istitutiva di tale imposta anche da un punto di vista territoriale attesa che la scommessa viene effettuata tra lo scommettitore e la società maltese, senza il minimo interesse alla questione economica da parte della società ricorrente”.

Alla società estera e non all’intermediario, secondo la Commissione Tributaria, va attribuito quindi il ruolo di unico gestore del rapporto contrattuale: si tratterebbe di un’attività “accessoria”.  La decisione come anticipato, rappresenta  un’inversione di tendenza rispetto a quanto stabilito nel corso di questi anni dalle Commissioni Tributarie provinciali di Como, Bergamo, Brescia, Napoli e Cagliari, che avevano respinto i ricorsi di altrettanti affiliati ad operatori con licenza comunitaria.
In tutti quei casi i giudici tributari avevano ritenuto legittimi gli atti di accertamento inviati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli agli stessi gestori per il mancato versamento di imposta e sanzioni.

Tra il 2007 e il 2012, gli uffici regionali dell’Agenzia hanno avviato 607 procedimenti tributari per il recupero dell’imposta unica sulle scommesse e l’irrogazione delle relative sanzioni tributarie. I procedimenti tributari in questione hanno permesso di accertare una base imponibile sottratta a tassazione pari a 296,3 milioni di euro, e un totale di 19,8 milioni circa a titolo di imposta unica sulle scommesse e relative sanzioni tributarie. La relazione tecnica alla Stabilità del 2011 (Legge n. 220/10) – che ha previsto un inasprimento dei controlli – tuttavia stimava il recupero annuo di 40 milioni di imposte e il pagamento di 48-96 milioni di sanzioni.

La sentenza della Commissione Tributaria provinciale del Lazio sarà oggetto di appello dinanzi alla Commissione regionale, e vedremo quale sarà l’esito. Difatti l’assunto secondo il quale (anche alla luce della Legge di Stabilità 2015) il contratto di scommesse si ritenga concluso in un altro Stato e venga riconosciuto il ruolo di mero intermediario al CTD italiano, è quantomeno discutibile. Interessante sarebbe poi comprendere cosa intenda il Giudice tributario per intermediario, in quanto con la sentenza – scarna e priva di motivazione – si limita a dare il nomen iuris senza dare indicazioni di sorta, specialmente laddove nel settore del gioco è vietata ogni forma di intermediazione.

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