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Giochi e Governo. Troppe chiacchiere e niente fatti

La notizia che il governo abbia deciso di aumentare la pressione fiscale sul gioco per disincentivarlo, lascia veramente basiti. Si resta sbigottiti per questo ennesimo lancio pubblicitario e populista del nostro esecutivo, non per l’aumento della pressione fiscale (questo si sa non costituisce una novità) ma per il proclama pubblico: non si aumentano le tasse perché si ha bisogno di liquidità (e quindi si va  a pescarli nell’unica industria che ancora è in grado di fare cassa) ma perché non si giochi più.

Il nostro esecutivo dovrebbe essere umile ed andare a cercare il motivo per cui in Italia tra la fine  del  secolo scorso e l’alba del nuovo millennio si regolarizzò un settore, che era tutto completamente illegale.  All’epoca si decise infatti che lo Stato aveva diritto di percepire imposte da un settore, che a gran voce chiedeva di essere regolarizzato. Ed ecco che venne indetto il primo bando di gara di rete, dove parteciparono anche  gruppi di Stati Membri.  Tassare questo settore, ed in particolare modo il comparto degli apparecchi da divertimento ed intrattenimento vorrebbe significare far risorgere una rete illegale e parallela, dove la tutela delle fasce più deboli (minori, consumatori/giocatori ludopati) diventa pressochè impossibile, in quanto è la stessa rete illegale, che per definizione, non viene controllata.

E questo il governo lo sa bene. I lanci pubblicitari ed i proclami pubblici fanno effetto ma alla fine rischiano di diventare un boomerang se non supportati da idee concrete e soprattutto vere. Invece  bisogna prendere atto che in Italia, grazie al lavoro fatto in questi anni tra mille difficoltà e perizie, oramai il  settore del gioco è maturo, ed e’ questo il momento giusto di mettere insieme un quadro omogeneo, e dotare gli operatori del settore degli strumenti che permettano loro di continuare nella battaglia  della legalizzazione del gioco. La delega fiscale – pensata per riscrivere le regole del gioco e diventare il LIBRO BIANCO sul modello inglese – può ben diventare uno strumento operativo. ma non in questo clima e non sui presupposti populisti che sentiamo troppo spesso.  Ed invece proprio ispirandosi allo Stato anglossassone, il modello italiano, il primo ad accogliere operatori stranieri anche nel gioco on line,  deve concludere quest’opera di affrancamento nel settore del gioco, garantendo sempre – questa la  conditio sine qua non –  la canalizzazione del gioco in circuiti leciti ed una vera condizione di concorrenza tra le imprese.

Questo non solo risolvendo il problema dei  CTD (che vale in soldoni erariali – se prendiamo i numeri dello stesso governo – circa dieci volte meno degli apparecchi legali), ma anche altre anomalie del ns mercato legale; si pensi all’abbandono  normativo in cui versano gli esercenti/ricevitori sul territorio. Il raggiungimento di questi obiettivi dovrebbe essere la svolta vincente, a cui la delega, e chi ci sta lavorando, dovrebbe ambire. Nella delega ci dovrebbero essere poche regole, trasparenti e di pronta soluzione.

È giunto infatti il momento di mandare in pensione i testi unici del 1938 e quell’apparato sanzionatorio anche penalistico, che ha mostrato troppe falle. Se poi almeno a questo fine si potessero mettere da parte gli interessi dei singoli e lavorare veramente in modo unitario, la normalizzazione non sarebbe più un miraggio.

In questo contesto caotico e disordinato merita menzione il disegno di legge dedicato al gioco patologico (n. 1101 e abbinate) recante “Disposizioni per la prevenzione, la cura e la riabilitazione della dipendenza da gioco d’azzardo patologico”, noto anche come Ddl Binetti, dalla deputata prima firmataria della prima proposta in materia. Il decreto dove sono confluite tutte le proposte sulla ludopatia,   e’ stato licenziato dalla Commissione Affari Sociali, cui era assegnato in sede referente dal 20 settembre 2013. Il testo normativo tende a modificare le conquiste fatte con il Balduzzi e far convergere l’Osservatorio nazionale sul gioco sotto la direzione del Ministero della Salute.  Nulla da obiettare se  lo scopo è quello di far fare ad ognuno il proprio mestiere, sanita al Min Salute, gioco allo Stato tramite  MEF ed ADM.  Purchè si faccia qualcosa che sia produttivo e  propositivo,  non solo disfattista.

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