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Uno contro tutti (= sistema italiano)

Il mercato dei giochi e delle scommesse è sempre più condizionato dalle battaglie giudiziarie, in alcuni casi più che legittime ma in altri pretestuose ed infondate. La scorsa settimana, come del resto accade da anni, si sono tenute importanti udienze nel foro romano.

Il 1° luglio u.s. davanti al Tar Lazio è stata la volta dei ricorsi proposti dai concessionari e dai gestori contro il balzello introdotto con la stabilità 2015 nella filiera del gioco connessa alla commercializzazione degli apparecchi da divertimento ed intrattenimento di cui all’art. 110, comma 6 a) e b), TULPS. L’udienza si è svolta in un clima surreale, seppure per i tecnici sia stata veramente entusiasmante. Si sono discussi temi importanti andando ad analizzare aspetti di diritto comunitario, diritto amministrativo ed anche civile. Al di là del riferimento alla sentenza della Corte di Giustizia dello scorso giugno sul caso ungherese (che noi avevamo opportunamente commentato di recente) destinata a costituire un precedente importante per la giurisprudenza europea nel settore del gaming, sentenza che il Collegio e l’Avvocatura hanno ammesso di non conoscere, si è a ragione evidenziato come la disposizione introdotta dalla Legge di Stabilità a causa della mancata approvazione del provvedimento attuativo della Legge di Stabilità abbia perso efficacia. L’esecutivo, infatti, nel giustificare l’introduzione di un “balzello”, si era blindato dietro lo scudo della delega, dicendo che comunque il legislatore con l’introduzione dell’art. 14 della delega fiscale aveva già provveduto a rivedere – nei tempi ivi previsti – il sistema fiscale del settore del gaming. Presupposto indispensabile questo per la richiesta di cui alla Stabilità.

Come è noto la delega fiscale relativa ai giochi non ha visto la luce e quindi tutti gli effetti “anticipatori” della menzionata legge di stabilità sono irrimediabilmente caducati. Si spera che il collegio tenga presente gli innumerevoli aspetti di illegittimità anche costituzionale che i ricorrenti hanno ben evidenziato; rimettendo, se del caso, la questione al Giudice delle Leggi (id est CORTE COSTITUZIONALE), oppure sebbene in questa fase (primo grado) non siano obbligati, anche alla Corte di Giustizia. Giacché è ben evidente che la norma, oggetto di censura, ha violato sotto vari profili i principi del Trattato della Comunità europea.

L’altra kermesse giudiziaria si è celebrata davanti il Consiglio di Stato; oggetto del ricorso era il bando Monti. In realtà poco si è discusso dell’ultimo bando sulla commercializzazione dei giochi pubblici su base ippica e sportiva indetto dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli: stavolta è stata messa in discussione l’imparzialità del Collegio giudicante da parte dei ricorrenti. Nel corso dell’udienza, che si è tenuta la settimana scorsa, i legali degli stessi ricorrenti avevano dapprima invitato gli esponenti del Collegio ad astenersi, poi li avevano ricusati a causa del procedimento civile per il risarcimento del danno avviato nei loro confronti per le presunte omissioni nel rinvio effettuato alla Corte di Giustizia nel 2013.

Sebbene la Corte di Giustizia si sia pronunciata lo scorso gennaio riconoscendo che il bando c.d. Monti, per buona pace di tutti, è conforme al diritto comunitario, per i ricorrenti (da qui il motivo del ricorso)  la Corte di Lussemburgo non avrebbe chiarito se questa gara sia stata in grado o meno di sanare le discriminazioni che avevano caratterizzato i bandi antecedenti, relativi alla commercializzazione del gioco pubblico su base ippica e sportiva. Riguardo, poi, l’istanza di ricusazione nell’ordinanza della scorsa settimana si legge che la richiesta di ricusazione è “manifestamente inammissibile perché tardiva in quanto proposta –non già nel termine di cui all’art. 18 comma 2 del cpa –ma soltanto alla odierna udienza pubblica e pertanto successivamente al decorso del detto termine perentorio di cui alla citata disposizione (come da documentazione acquisita dalla Segreteria dalla quale si evince che il ruolo della odierna udienza ed in particolare la composizione del Collegio giudicante chiamato a decidere il predetto ricorso in appello n.2661/2013 risultano essere stati pubblicati in data 22 giugno 2015 e visibili alle ore 10.00 AM);”, ed ancora “rilevato che la stessa sarebbe stata comunque manifestamente infondata nel merito, per le ragioni che saranno esplicate nella emananda sentenza e già in parte chiarite nella precedente ordinanza del Collegio resa in data odierna (cfr. Cass. pen., sez. VI, sentenza 23 aprile 2015 n. 16924 )”. L’ordinanza sembrerebbe ineccepibile e ben motivata.

A questo punto la curiosità dei più è vedere quel ricorrente confrontarsi sul mercato in regime di concorrenza leale o presunta tale, piuttosto che condurre fantasiose battaglie giudiziarie, perché è lì che si dimostrano le abilità imprenditoriali e non certamente nelle aule, seppur prestigiose, dei nostri Tribunali.

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