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Le restrizioni inutili

Mentre in Italia il settore del gaming è sospeso tra le decisioni della magistratura (i concessionari di rete hanno proposto ricorso in appello al Consiglio di Stato avverso le decisioni del Tar Lazio che hanno respinto la seconda richiesta di sospensiva avverso la Determina di ADM per la ripartizione del c.d. onere di Stabilità 2015) e l’approvazione della Stabilità 2016 con le sue gare, gli organi decisionali del nostro Paese dovrebbero guardare a quello che succede nel resto dei Paesi europei, e fare tesoro delle loro esperienze.

La caccia alle streghe, che dal medioevo è sintomo di oscurantismo e di ignoranza, non è solo un fenomeno italiano – e questo potrebbe consolarci – ma ha caratterizzato anche paesi che sono da sempre noti per la loro “apertura mentale”. Le norme introdotte dal governo austriaco con l’intento di ridurre il numero dei giocatori patologici, ad esempio, non sono servite a nulla. E’ quanto rileva Automatenverband (Associazione degli operatori degli apparecchi automatici austriaca) nella pubblicazione dell’ultimo rapporto ufficiale sulle dipendenze connesse al gioco pubblico in Austria. Il report 2015 sembrerebbe sancire che le misure introdotte a tutela del giocatore sono state tutte vane e non hanno risolto alcunché. Ecco un elenco delle restrizioni del governo d’oltralpe: 1) limitazione del numero delle concessioni; 2) drastica riduzione del numero di slot machine; 3) controlli di accesso; 4) identificazione dei giocatori; 5) rilascio di carte del giocatore; 6) severe restrizioni orarie; 7) 
divieto di installare macchine da gioco nei singoli stati federali.

In Italia stiamo vivendo la stessa cosa, e peraltro senza il supporto di alcun dato scientifico. Nel nostro paese, infatti, pochi fatti di cronaca, nelle migliori tradizioni, vanno a sopperire a relazioni che potrebbero rilevare che un effettivo problema sociale oggi non c’è.

Ed infatti alcune decisioni di TAR dell’Emilia Romagna chiaramente hanno affermato che le ordinanze sindacali che hanno imposto limiti d’orario non erano supportate da alcuna relazione scientifica, dicendo chiaramente che le ASL non hanno ben operato, ed evidenziando un chiaro difetto d’istruttoria, in assenza del quale i provvedimenti amministrativi perdono tutta la loro rilevanza. Per non parlare poi di alcuni comuni dell’hinterland milanese che hanno emesso ordinanze particolarmente restrittive solo per le sale dedicate (dove vengono installate VLT) – e non per gli esercizi commerciali dove ci sono le AWP – tenendo conto solo dei dati sui fenomeni connessi al gioco patologico forniti da un centro anziani (sic!). Per ritornare allo Studio austriaco, di cui il ns legislatore (sia a livello centrale che a livello territoriale) dovrebbe tener conto, questo rileva apertamente che confrontando i dati 2009 con quelli del 2015 “… statisticamente, tuttavia, non si rileva nessun cambiamento significativo circa il problema del gioco patologico nella popolazione austriaca ”, anzi il fenomeno viene definito costante, il che comporta l’inutilità delle misure restrittive a carico dell’industria dell’intrattenimento.

Divieti e restrizioni, come la storia insegna, sono state spesso inefficaci e inutili, e lo stesso potrebbe accadere nel nostro Paese se non si corre ai ripari. Due le occasioni: la Legge di Stabilità 2016, e la nuova proposta di Legge che ricalca la riforma prevista dalla delega fiscale. Del resto anche la Corte di Giustizia europea –con consolidata giurisprudenza- ha stabilito che le restrizioni al gioco devono essere motivate e idonee, in maniera documentata, a garantire il conseguimento degli obiettivi realistici. Le restrizioni non devono andare oltrequanto necessario per raggiungere tale obiettivo. La concretezza che oggi più che mai al nostro paese necessita vuole una politica realistica le cui decisioni siano basate su studi redatti da centri di ricerca e università accreditati e credibili, con tutto il rispetto dei centri anziani e delle ASL.

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