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Alla ricerca della Stabilità

Mancano poche settimane alla fine dell’anno e al varo della Stabilità 2016 che, si spera, porti un po’ di ordine nel settore del gaming italiano. Partendo però dal presupposto che le leggi di stabilità (le vecchie finanziarie) hanno limiti nelle competenze attribuite alle leggi di natura finanziaria.

Quindi chi spera che nella Legge di Stabilità possa essere inclusa anche la delega fiscale – che come tutti sanno non ha trovato applicazione – potrebbe rimanere deluso. Forse per l’attuazione della delega sarà necessario pazientare, anche se il mercato, continuando ad essere munto ogni anno di più, non ha più le risorse economiche per andare avanti, e quindi la lunga attesa potrebbe rilevarsi addirittura fatale. Nell’attesa della Stabilità 2016, che ci si augura con le nuove gare lo sia di nome e di fatto, sono i Tribunali amministrativi regionali che iniziano a fornire indicazioni utili in questa diatriba tra i governi del territorio (regioni e comuni) ed il sistema concessorio “centralizzato”. E’ infatti impensabile che vengano indette delle gare per sostituire le vecchia rete di agenzie e corner (si tratta di una mera sostituzione dei punti preesistenti in quanto sono in scadenza tutti i diritti – Giorgetti, Bersani e Monti – e non come sostengono alcuni dimostrando ignoranza o mala fede, di ulteriori punti di gioco) su un territorio che a questo punto è irto di barriere, tra luoghi sensibili (chiese, scuole, ospedali, cimiteri e centri anziani ecc. ecc.) e fasce orarie.

Riprendendo la giurisprudenza, si segnala la recentissima pronuncia del Tar delle Marche che, alla stregua del Tribunale amministrativo dell’Emilia Romagna, rileva come il Comune di San Benedetto del Tronto nell’emanare l’ordinanza del 4 giugno 2015 non abbia condotto un’istruttoria idonea che potesse giustificarne la portata così restrittiva. Ecco i fatti: in data 4 giugno 2015 il comune marchigiano emanava un provvedimento con il quale veniva disciplinato l’orario degli apparecchi e congegni automatici da gioco, stabilendo che le “slot machine” dovevano essere poste in funzione esclusivamente dalle 9:00 alle 13:00 e dalle 18:00 alle 23:00. Per il collegio giudicante, sebbene l’ordinanza oggetto di censura venisse prontamente sostituita dal Comune resistente con la successiva ordinanza n. 33 del 4.8.2015 (che andava a modificare la disciplina dell’apertura delle sale giochi e degli apparecchi con vincita di denaro, fissandoli dalle 13 a l’una del mattino e quindi annullava la precedente ordinanza del 4 giugno) “in tutta evidenza l’orario deve essere il risultato di un’accurata istruttoria e di una eventuale differenziazione tra i vari periodi di attività, allo scopo di effettuare un giusto bilanciamento tra le esigenze di tutela della sicurezza e della salute pubblica e l’interesse alla libera iniziativa economica. Nel provvedimento impugnato il bilanciamento appare del tutto assente. Nel testo” dell’ordinanza del 4 giugno, si intende, “dopo una serie di riferimenti normativi e la citazione degli studi sull’argomento, si dà semplicemente atto di dover disciplinare gli orari di funzionamento degli apparecchi di intrattenimento con lo scopo di contrastare l’insorgere di fenomeni devianti nell’utilizzo degli stessi, in particolare tra i giovani. Non vi è alcun riferimento al collegamento tra tali esigenze e la specifica limitazione di orario prevista che, essenzialmente, prevede una lunga pausa di chiusura dalle 13 alle 18 (senza chiarire l’utilità di tale chiusura), senza alcuna differenziazione od eccezione. Come già accennato, il Comune fa altresì riferimento a studi relativi all’impatto del gioco d’azzardo nell’area comunale e comuni limitrofi, anche con specifico riferimento ai giovani tra i14 e i 23, anni, ma senza che da questi si possa trarre alcun riferimento all’utilità di una limitazione nella misura dell’ordinanza”.

Con questa analisi semplice e coincisa il Tribunale amministrativo ha rilevato come la politica che il governo del territorio sta portando avanti contro il comparto del gioco pubblico sia condotta senza un criterio logico e giuridico, ed è priva di contenuti. Il caso del Comune di San Benedetto è emblematico, ma purtroppo non è il solo. In altre ordinanze comunali si citano studi generici, magari di regioni e comuni terzi, senza dare indicazioni precise del proprio territorio, e questo solo perché si deve ritenere che basti fare riferimento al gioco pubblico legale – l’origine di tutti i mali – per vedere giustificata qualsiasi assurdità. I comuni dovrebbero invece tutelare i propri cittadini dal gioco illegale (che è veramente un pericolo sia per diffusione incontrollata sia in quanto in quei punti non si può verificare il rispetto delle norme sui minori nè di quelle sul riciclaggio) e tutelare i punti legali, facendone garanzia di legalità e di ordine pubblico. Si spera che la nuova rete nasca e si sviluppi sotto questo auspicio, e che si rinsaldi la collaborazione tra il governo del territorio e gli esercenti che, come ultimo miglio, sono la base su cui poggia l’intero comparto.

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