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Le prime verità sulla politica del territorio

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – sezione distaccata di Latina (Sezione I^) – con due diverse pronunce, la prima del 16 settembre 2015 e la seconda più recente del 22 settembre 2015 (con la quale peraltro dichiarava improcedibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse essendo i provvedimenti oggetto di censura già annullati), accoglieva i ricorsi proposti dai singoli esercenti avverso la “(…) deliberazione del Consiglio Comunale di Formia del 29 settembre 2014 (…) recante atto di indirizzo per la disciplina degli orari per l’esercizio delle attività di gioco lecito sul territorio del Comune, con cui si è stabilito che l’orario massimo di attivazione degli esercizi vada dalle ore 10,00 alle ore 24,00 e dell’ordinanza del Sindaco di Formia dell’8 ottobre 2014, con la quale l’orario massimo di attivazione, per l’esercizio degli apparecchi e congegni automatici da gioco di cui all’art. 110, sesto comma, del TULPS) negli esercizi autorizzati, è stato stabilito dalle ore 10,00 alle ore 20,00”.

Seguendo l’orientamento di altri Comuni italiani, anche il primo cittadino di Formia adottava, infatti, un provvedimento in forza del quale gli apparecchi da divertimento e intrattenimento di cui all’art. 110, comma 6 a) e b) TULPS dovevano essere spenti entro le ore 20.00.

I ricorrenti (nel primo giudizio che si è concluso con la pronuncia del 16 settembre 2015), essendo intervenuto in giudizio anche il concessionario di rete di riferimento, lamentavano davanti il giudice amministrativo tra i vari motivi anche:

  • la mancata istruttoria e proporzionalità degli effetti dell’ordinanza sindacale;
  • la mancata dimostrazione della massiccia presenza di soggetti affetti da ludopatia. Evidenziavano a tal proposito i ricorrenti la carenza negli atti del Comune di indicazioni circa il numero delle persone oggetto delle indagini statistiche, ed il numero dei soggetti affetti da ludopatia residenti nel Comune di Formia. Ed invero il governo comunale di Formia avrebbe addotto, a giustificazione degli impugnati limiti di orario, il numero crescente di cittadini che userebbero gli apparecchi da gioco, senza far riferimento ad indicatori statistici ed a dati numerici.

Ciò posto, i Giudici, nell’accogliere le censure addotte dai ricorrenti, hanno ben evidenziato le lacune e le gravi carenze poste in essere da una politica del territorio quantomeno maldestra, rilevando che: “il Sindaco (…) avrebbe adottato un orario di attivazione più restrittivo di quello stabilito nell’atto consiliare di indirizzo, ma dalla motivazione dell’ordinanza sindacale non emergerebbe alcun riferimento alle ragioni di fatto e di diritto che hanno indotto il Sindaco a detta scelta; vi sarebbe una contraddittorietà nell’azione delle varie P.A. coinvolte nel procedimento di rilascio dei titoli abilitativi per l’esercizio dell’attività svolta (…) le quali da un lato consentirebbero l’apertura di sale VLT (videolottery) per la raccolta del gioco lecito ex art. 110, sesto comma, cit., mentre dall’altro lato inciderebbero di fatto sugli orari di apertura di dette sale; l’ordinanza sindacale contrasterebbe con il regolamento comunale sulla disciplina delle sale da gioco e dei giochi leciti, dal cui art. 15 emergerebbe, di fatto, come vi siano anche attività aperte di notte (…). Mancherebbe inoltre qualsiasi indicazione circa il numero delle persone oggetto delle indagini statistiche, il numero dei soggetti affetti da ludopatia in Formia, una proporzione tra tale numero e la popolazione della zona (in modo da contestualizzare il problema)”.

Per il Tar laziale dunque “il ricorso è fondato (….) il riferimento alle statistiche della A.S.L. appare generico e, in ogni caso, non chiarisce l’entità del fenomeno della “ludopatia” nel territorio del Comune di Formia, giacché tale territorio non coincide con l’ambito territoriale di competenza dell’A.S.L. procedente (l’A.S.L. di Latina)”.

A tal proposito, usando in prestito un termine calcistico, il comune di Formia commette un clamoroso autogol laddove sostiene che “l’indagine da parte della competente Azienda Sanitaria Locale, essendo stata avviata da poco tempo non può essere avvalorata da dati sufficienti alla determinazione della consistenza del fenomeno” .

Appare poi utile evidenziare i danni che produce una regolamentazione priva di alcuna investitura da parte del governo centrale e del legislatore primario. Ed infatti nella seconda pronuncia sempre del Tar Latina del 22 settembre 2015, i Giudici amministrativi ben evidenziano come: “appare fondato anche il secondo motivo di ricorso, nella parte in cui è volto a censurare l’azione del Comune di Formia, per avere questo in un primo tempo rilasciato un elevato numero di licenze ex art. 86 T.U.L.P.S., per l’installazione di apparecchi da gioco in locali non dedicati in via principale e/o esclusiva al gioco ed alle scommesse, e per aver poi, in un secondo tempo, proceduto ad una generalizzata limitazione dell’orario di attivazione dei citati apparecchi (senza differenziare i vari tipi di esercizi e, dunque, non tenendo conto di quelli autorizzati ex art. 88 T.U.L.P.S.), anziché revocare le ben n. 132 licenze rilasciate”.

La compressione del diritto di iniziativa economica imposta dai governi dei territori nei confronti di Società che hanno e continuano a fare importanti investimenti appare quantomeno eccessiva, anche in vista del prossimo bando di gara del 2016. Come si possono fare previsioni di bilancio e come può il governo centrale richiedere ulteriori entrate (si pensi all’onere di Stabilità introdotto con la finanziaria del 2015) se poi i vari enti locali (Regioni e Comuni) pongono in essere delle politiche restrittive e sterili?   Peraltro – come tristemente dimostrato dal Tar Latina – queste ultime non sono supportate da alcun dato scientifico. L’intero assetto del settore, soprattutto nella sua funzione di controllo del territorio – così come le gare del 2016 – verrà messo a serio rischio se non verranno definitivamente (ed immediatamente) ristabilite le competenze, ribandendo che la commercializzazione dei giochi pubblici non è affare regionale ma di esclusiva competenza del governo centrale.

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