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La Delega Fiscale e i giochi: rilievi e risvolti da considerare

Il Senato, lo scorso 12 febbraio ha approvato in seconda lettura il testo unificato delle proposte di legge nn. 282-950-1122-1339-B.

Si tratta della cosiddetta “Delega fiscale”, la legge che conferisce una delega al Governo di emanare disposizioni (decreti legislativi) che dovrebbero garantire per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita. In particolare l’articolo 14, intitolato “giochi pubblici”, prevede una raccolta sistematica della disciplina in un codice delle disposizioni sui giochi ed un riordino del prelievo erariale sulle singole modalità di gioco. Secondo i dati forniti da ADM (i Monopoli di Stato) il valore complessivo lordo delle giocate è aumentato dal 2008 al 2012, da 47,5 a 88,6 miliardi di euro, determinando un incremento nell’ultimo quinquennio, di oltre l’86 per cento; il dato rappresenta la fase finale di un lungo trend positivo che ha visto una crescita esponenziale del settore dal 1990 ad oggi (nel 1990 la raccolta dai giochi pubblici si attestava complessivamente a 5,1 miliardi di euro); tra il 1999 e il 2009, i giochi hanno fatto incassare in media all’Erario il 4 per cento sul totale delle imposte indirette e, in termini assoluti, hanno contribuito alle casse statali con una media di 9,2 miliardi di euro all’anno. La crescita economica e di mercato non è stata però accompagnata da uno sviluppo organico e sistematico delle norme.

Sono anni infatti che si predica la necessità di creare uno strumento normativo dedicato esclusivamente ai giochi, sul modello del T.U.B. (Testo Unico Bancario), che possa costituire un valido riferimento per tutti gli addetti del settore, inclusi gli stessi partecipanti alla filiera decisionale. L’attuale apparato si regge su norme del 1931 (id est Regio Decreto 18 giugno 1931, n. 773) e del 1942, di un codice civile (artt. 1933-1935 c.c.) mai emendato, per non parlare del nodo irrisolto dell’attualizzazione degli artt. 718-723 c.p. c.d. Codice Rocco (anno 1930). Norme che forse troverebbero miglior uso ad essere inserite in un programma di Storia del Diritto Italiano delle nostre illustri facoltà (ora Dipartimenti) di Giurisprudenza.

Nell’era di internet e del wi-fi resta difficile digerire nel codice civile, attualmente in vigore (sic!), che sono vietati i giochi che addestrano al maneggio delle armi. Dare sistema alle norme per l’intero comparto non potrebbe che essere di supporto sia a chi è pro che a chi è contro. I principi di riferimento dell’art. 14 della Delega Fiscale dovrebbero essere l’internalizzazione, la velocizzazione e la tecnica. Laddove con l’internalizzazione (che ha costituito il veicolo di vera e propria omogeneizzazione del costume) si intende il processo che si è andato esprimendo in modo vivace nel mercato tradizionale del gioco e lo ha costretto a profonde trasformazioni. La velocizzazione è la modalità che accompagna la qualità del mercato del gioco, ed è immediatamente rintracciabile come diretta conseguenza della internalizzazione. Da ultimo la tecnica, la vera regina tra le muse ispiratrici, è al centro di una rivoluzione del costume degli stili di vita e dell’etica sociale, ed anche il gioco ne è profondamente coinvolto. Conoscenze di base dell’informatica consentono accessi al mercato anche in misure rilevanti, mentre la stessa distribuzione del gioco pubblico si sviluppa sul cocktail vincente di tempo e tecnologia, laddove garantisce, nei canali leciti del gioco, sia l’attrattiva che la sicurezza per i consumatori-giocatori.

Ecco che l’art. 14 non può non essere una vera opportunità, anche in vista del 2016, quando scadranno tutte le concessioni connesse alla commercializzazione del gioco pubblico terrestre. Nello specifico il testo dell’articolo prevede altri criteri di delega volti a:

a) tutelare i minori e contenere i fenomeni di ludopatia, mantenendo in vigore le norme del c.d. Decreto Balduzzi, anche vietando a tal fine la pubblicità nelle trasmissioni radiofoniche e televisive nel rispetto della relativa normativa europea;

b) definire le fonti di regolazione dei diversi aspetti legati all’imposizione, nonché alla disciplina dei singoli giochi;

c) armonizzare aggi e compensi spettanti ai concessionari;

d) riordinare la disciplina dei controlli e dell’accertamento dei tributi gravanti sui giochi, nonché il sistema sanzionatorio.

Per la prevenzione del riciclaggio dei proventi di attività criminose e per garantire il regolare afflusso del prelievo tributario gravante sui giochi viene comunque confermato il modello organizzativo fondato sul regime concessorio ed autorizzatorio (con buona pace delle interpretazioni maldestre delle pronunce della Corte di Giustizia Europea).

È garantita poi una sinergia tra il governo centrale e quello del territorio, per individuare l’applicazione di regole trasparenti ed uniformi sull’intero territorio nazionale in materia di titoli abilitativi all’esercizio dell’offerta di gioco, di autorizzazioni e di controlli, con adeguate forme di partecipazione dei comuni al procedimento di autorizzazione e pianificazione della dislocazione locale dei punti che commercializzano il gioco pubblico legale.

Si auspica quindi che si attui l’art. 117 della Costituzione e che le regioni si coordino con lo Stato centrale, invece di legiferare in proprio sui giochi utilizzando l’escamotage della competenza sulla sanità. In caso contrario, qualora non fosse ristabilita la legittimità della riserva di legge statale in materia di gioco, la disciplina restrittiva prevista a livello locale non potrà che determinare una contrazione dell’offerta legale, e quindi, oltre che un aumento di quella illegale, un effetto nullo sulla tutela sanitaria pretesa, oltre che una riduzione del relativo gettito erariale.

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