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Il settore dei giochi in mano alla conferenza dei servizi

Purtroppo sì, dopo l’“arrest” della delega fiscale dello scorso anno. Anche se sono passati poco meno di dieci mesi, si rammenta che a fine giugno 2015, quando oramai era tutto scritto, venne deciso che per il settore dei giochi, pur costituendo un’entrata importante, anzi importantissima del capitolo del bilancio statale, non era il caso di dare attuazione alla delega c.d. “fiscale”.

Quindi di fatto, sebbene ci fosse un dettato normativo che rimaneva, per buona pace di tutti, inadempiuto, il settore del gaming italiano venne lasciato in balia degli umori dei governi del territorio, che per varie ragioni lo ritengono buono per fare propaganda elettorale. Nel decreto attuativo dell’art. 14 della Legge n. 23/14 (c.d. “Delega Fiscale”) particolare attenzione veniva posta al rapporto tra Stato ed i governi del Territorio, laddove si leggeva: “…eventuali disposizioni di fonte regionale o comunale, comunque incidenti in materia di giochi pubblici, devono risultare coerenti e coordinate con quelle del presente decreto. Le Regioni e i Comuni che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, hanno emanato loro disposizioni non coerenti ovvero in contrasto con quelle del presente decreto ne promuovono la modificazione al fine di renderle coerenti con il quadro regolatorio di cui al presente decreto. Analogamente provvedono all’adeguamento del loro ordinamento, a fini di coerenza ed unitarietà della disciplina del gioco pubblico a livello nazionale, le Regioni e le Province a statuto differenziato”. Secondo quanto si leggeva nella bozza del decreto “gli Enti locali” avrebbero dovuto provvedere “…nell’ambito delle competenze loro riconosciute, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ad adeguare i rispettivi statuti e gli atti normativi da essi emanati ai princìpi dettati dal presente decreto”, astenendosi “dall’introdurre misure o assumere azioni idonee a vanificare l’unitarietà del quadro regolatorio nazionale di fonte primaria in materia di giochi pubblici”.

Questo è quanto previsto nel decreto attuativo della Delega rimasto lettera morta e mai attuato, a seguito del fallimento della stessa, e sebbene fosse comunque evidente che sia il Legislatore che l’esecutivo – almeno in parte, visto il tentativo – avessero lanciato un segnale chiaro al governo del territorio di desistere dal perseguire una politica sconclusionata contro l’industria sana del settore, confermando la riserva statale in materia di giochi e scommesse. L’esecutivo – supportato dal Legislatore – con la legge di Stabilità 2016 rimetteva in “gioco” i principi della delega fiscale, invocando la Conferenza Stato Regioni.

L’ordine del giorno della riunione del 5 maggio di quest’ultima prevedeva, infatti, al quarto punto, l’“intesa fra il Governo, le Regioni e gli Enti locali sulle caratteristiche dei punti di raccolta del gioco pubblico di cui all’articolo 1 comma 936 della legge 28 dicembre 2015 , n. 208”. A quanto risulta Governo e Regioni avrebbero concordato nel chiedere un rinvio per approfondire il punto in una seduta successiva che si potrebbe tenere il 12 maggio prossimo. Tra le ragioni del rinvio ci sarebbe stata la necessità di acquisire dati sulla localizzazione dei punti di gioco. Mentre si perde tempo con rinvii tattici, alla ricerca di dati che sono noti a tutti e pubblicati anche sul sito istituzionale di   ADM,  le regioni ed i comuni, come se non fossero coinvolti in questo dialogo di natura istituzionale, continuano ad emanare leggi e regolamenti sul gioco pubblico sempre più restrittivi. Da ultimo, lo scorso 5 maggio, con la pubblicazione sul Bollettino Regionale è entrata in vigore la Legge regionale del Piemonte 2 maggio 2016, n. 9 “Norme per la prevenzione e il contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo patologico”. Il provvedimento che è stato votato nei giorni scorsi all’unanimità dal Consiglio Regionale sabaudo, introduce una serie di limitazioni a installazione e funzionamento di slot e videolotterie, videogiochi e di tutti gli apparecchi “comma 7”. Tra le disposizioni anche il limite di 18 anni per le redemption: questo passaggio merita particolare attenzione in quanto introduce un tema nuovo e condivisibile ma che necessiterebbe l’attenzione del Legislatore. Entro tre anni, secondo la legge, gli esercizi che vorranno installare slot e apparecchi di puro intrattenimento dovranno osservare la distanza dai luoghi sensibili ed anche una riduzione dell’orario di gioco.

La questione dell’orario, entro il 18 giugno pv, interesserà anche Napoli, in forza dell’ordinanza emanata dal menzionato Comune partenopeo lo scorso 4 aprile 2016, che introduce un orario maldestramente frazionato, poche ore la mattina e qualche ora il pomeriggio. Quindi il giocatore potrebbe rivolgersi altrove, al mercato clandestino ed illegale, con la conseguenza che si continua a giocare ma il gioco non viene canalizzato nei circuiti leciti a danno di salute pubblica e dell’erario. Si spera che la prossima riunione del 12 maggio della conferenza Stato regioni non dia un’altra fumata nera; il settore del gaming italiano ha bisogno di poche regole che consentano la garanzia della legalità e della sicurezza.

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