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Il destino della Stabilità 2016

In queste ultime settimane sono ancora le Magistrature superiori a dettare le regole del gambling. Ed infatti con alcune ordinanze del 17 novembre 2015 il Tar Lazio, sez. II, ha rimesso gli atti alla Corte Costituzionale ritenendo che la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 649, della Legge di Stabilità 2015 fosse fondata.

Come è noto però il Tar, sebbene quale giudice a quo abbia in qualche modo condiviso le censure di incostituzionalità proposte da tutti i ricorrenti (concessionari, associazioni di categoria, gestori ecc. ecc.) non ha sospeso la determina di ADM e quindi la Legge di Stabilità 2015. Certamente degni di rilevo alcuni passaggi dell’ordinanza richiamata: il “Collegio, (……) ritiene che la norma di cui all’art. 1, comma 649, della legge di stabilità per il 2015 presenti altri profili che rendono la questione di legittimità costituzionale non manifestamente infondata in relazione agli artt. 3 e 41, comma 1, Cost.”, e cioè si “ritiene che la norma contestata presenti dubbi di compatibilità costituzionale con riferimento sia al profilo della disparità di trattamento sia al profilo della ragionevolezza. Con riguardo alla ragionevolezza, va in primo luogo considerato che l’intervento legislativo è avvenuto in dichiarata anticipazione del più organico riordino della misura degli aggi e dei compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori di filiera nell’ambito delle reti di raccolta del gioco per conto dello Stato, in attuazione dell’art. 14, comma 2, lett. g), della legge n. 23 del 2014.

Sennonché, mentre il criterio per il riordino previsto dall’art. 14, comma 2, lett. g), della legge n. 23 del 2014 prevede la revisione degli aggi e compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori “secondo un criterio di progressività legata ai volumi di raccolta delle giocate”, la norma in contestazione ha previsto la riduzione dei compensi in “quota proporzionale” al numero di apparecchi riferibili ai concessionari alla data del 31 dicembre 2014”, ed ancora “il criterio introdotto per ripartire tra i concessionari l’importo totale di euro 500 milioni è legato non ad un dato di flusso, quale i volumi di raccolta delle giocate, ma ad un dato fisso, quale il numero di apparecchi esistenti e riferibili a ciascun concessionario al 31 dicembre 2014”, tale contraddizione, “è di per sé idonea ad indurre il sospetto che la norma di cui all’art. 1, comma 649, della legge di stabilità per il 2015 abbia violato sia il principio di ragionevolezza che quello di uguaglianza”.

Il Tar Lazio ritiene poi che la questione di legittimità costituzionale della norma di cui all’art. 1, comma 649, della legge n. 190 del 2014 non appaia manifestamente infondata anche con riferimento alla violazione dell’art. 41, comma 1, Cost. che sancisce il principio di libertà dell’iniziativa economica privata.

Si rileva a tal proposito che, qualora si tratti di soggetti privati che nell’intraprendere attività d’impresa sostengano consistenti investimenti, la legittima aspettativa ad una certa stabilità nel tempo del rapporto concessorio gode di una particolare tutela costituzionale, riconducibile non solo all’art. 3 Cost., ma anche all’art. 41 Cost.

Parimenti irragionevoli e lesive della libertà di iniziativa economica dell’impresa si rivelano le previsioni, contenute nelle lett. a) e c) del secondo comma dell’art. 1, comma 649 della legge di stabilità 2015, secondo cui “ai concessionari è versato dagli operatori di filiera l’intero ammontare della raccolta del gioco praticato mediante i predetti apparecchi, al netto delle vincite pagate” ed anche “i concessionari, nell’esercizio delle funzioni pubbliche loro attribuite, ripartiscono con gli altri operatori di filiera le somme residue, disponibili per aggi e compensi, rinegoziando i relativi contratti e versando gli aggi e compensi dovuti esclusivamente a fronte della sottoscrizione dei contratti rinegoziati”. Tali disposizioni, secondo il Collegio, appaiono idonee a riflettersi sulla libertà contrattuale di concessionari e terzi.

L’imposizione di una rinegoziazione dei contratti appare incompatibile con la incomprimibile autonomia delle parti di pervenire solo eventualmente ad un nuovo e diverso accordo negoziale, laddove è verosimile ritenere che per realizzare lo stesso obiettivo sarebbe stato sufficiente stabilire una riduzione “pro quota” ed “a cascata” dei compensi spettanti a tutti gli operatori di filiera senza imporre una rinegoziazione in via autoritativa.

Il Consiglio di Stato, evocato avverso il diniego del Tar Lazio alla richiesta di sospendere il pagamento della seconda rata del 30 ottobre, non ha accolto le richieste degli appellanti; il Collegio di Palazzo Spada, sebbene fosse consapevole della rimessione agli atti della Corte Costituzionale da parte del Tar Lazio, ha ritenuto invece che la domanda cautelare non dovesse venire accolta. Per il Consiglio di Stato, nell’ordinanza emessa in data 2 dicembre u.s. non ricorre “il lamentato pericolo di danno grave ed irreparabile per i concessionari ricorrenti e per la filiera del gioco pubblico dal pagamento dell’addizionale dei 500 mln (……)”; osserva il Collegio giudicante, andando secondo l’avviso di chi scrive ultra petita, “che (come sottolineato dalla difesa erariale nelle memorie di primo grado) gli artt. 18 lett. H e 19 lett. O dello schema-tipo di convenzione oneravano il concessionario a prevedere che gestori ed esercenti prestassero cauzione in favore del concessionario medesimo, nella misura di € 1.500 ad apparecchio detenuto o posseduto; rilevato pertanto, con portata assorbente, che non sembra ricorrere il lamentato pericolo di danno grave ed irreparabile”.

A seguito di quest’ennesima vicenda giudiziaria che ci lascia tutti quantomeno perplessi, l’esigenza che la Legge di Stabilità 2016 individui delle certezze e delle linee guida si fa ancora più pressante. La legge di Stabilità dovrebbe andare in aula alla Camera martedì 15 dicembre pv. Per il momento è all’esame della Commissione Bilancio, che inizierà la votazione degli emendamenti presentati in questi giorni. E’ verosimile aspettarsi che il governo, come già è successo in passato, proponga poi un maxi-emendamento che in caso di mancato accordo politico, blinderà con la fiducia. I giochi dunque si faranno dietro le quinte, non sul palcoscenico. Li continuerà ad andare in scena la solita pantomima alla quale assistiamo oramai da troppo tempo. Sarebbe anche ora di far vedere con i fatti quanto sia effimero in termini di voti quel facile consenso che si ottiene solo mediaticamente delegittimando il sistema pubblico del gioco.

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