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La concorrenza nel settore delle scommesse

Con la delibera, pubblicata sul bollettino del 12 dicembre 2005, l’Autorità Garante per la Concorrenza e del Mercato ha ritenuto che l’operazione organizzata da SNAI – preventivamente comunicata – di procedere con l’acquisto di 452 concessioni per la raccolta di scommesse ippiche e sportive, non è idonea “a generare mutamenti sostanziali degli equilibri concorrenziali”.

Ciò posto l’Authority, ritenendo che con l’acquisizione di 452 concessioni SNAI non rafforzasse la propria posizione nel mercato delle scommesse, ha deciso di non avviare l’istruttoria. Al di là delle valutazioni di carattere squisitamente economico e politico, che comunque esulano da questa indagine, il testo della delibera dell’Antitrust suggerisce alcune importanti considerazioni. In primis, l’art. 14 ter della legge n. 80/05 ha abrogato l’art. 2, comma 8 e 9, del regolamento del Presidente della Repubblica 8 aprile 1998 n. 169, l’art. 5 del Decreto del Ministro delle Finanze 3 giugno 1998 n. 174, e l’articolo 10 del Decreto del Ministero delle finanze 7 aprile 1999.

Queste abrogazioni, menzionate dall’Authority nel proprio provvedimento, hanno sì rivoluzionato il mercato e i suoi precedenti equilibri. Difatti sono venuti meno il divieto per i concessionari delle scommesse ippiche e sportive di detenere la titolarità di ippodromi e concessioni per la raccolta del gioco della Tris, la preclusione per le società per azioni di acquisire la titolarità di concessioni per la raccolta delle scommesse, nonché la limitazione concernente il numero di concessioni rilasciabili ad un singolo soggetto. Con riferimento a quest’ultimo aspetto, che appare essere quello più interessante e degno di nota, vale ricordare che l’art. 10 della Convenzione (Decreto del Ministero delle Finanze 7 aprile 1999) per l’esercizio delle scommesse sportive al totalizzatore nazionale e a quota fissa stabiliva che “Qualora, nel corso della esecuzione della presente Convenzione, il Concessionario, direttamente, indirettamente, quale membro di un raggruppamento temporaneo di imprese oppure attraverso soggetti controllati e collegati, risulti titolare di un numero di concessioni superiore al 15% nell’ambito nazionale ed al 50% o al 30% in ambito provinciale, se rispettivamente il numero di concessioni rilasciabili è compreso tra 2 e 14 ovvero se è superiore a 14, il CONI procederà alla revoca delle concessioni eccedenti la percentuale massima consentita”. Si era individuato quindi un criterio che avrebbe dovuto salvaguardare la concorrenza del settore.

Ora che la norma è stata abrogata, quale sono i criteri posti a tutela della concorrenza?
Riteniamo che in assenza di una normativa specifica ed in attesa che il legislatore faccia “rivivere” l’art. 10 della Convenzione individuando nuovi criteri, si debbano invocare le clausole generali, e regolamentate dalla legge n. 287/90, peraltro previste dall’art. 2, comma 1 lett. e) del D. M. n. 174/98 e dall’art. 2, comma 1, lett. e) del D. P.R. n. 169/98, non abrogati dalla legge n. 80/05 -. L’articolo 6 della richiamata legge 287/90 vieta quelle operazioni di concentrazione restrittive della libertà di concorrenza che comportino la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante sul mercato nazionale in modo da ridurre in modo sostanziale e durevole la concorrenza. Se ne desume quindi che la posizione dominante non è vietata in quanto tale. Ciò che è vietato è di avvalersi di tale posizione per porre in essere comportamenti anticoncorrenziali nei confronti di clienti e/o di concorrenti, quali ad esempio: il rifiuto di contrarre, l’imposizione di prezzi eccessivi e l’imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose. L’impresa dominante quindi, a parere dell’Antitrust, non va penalizzata a causa della posizione detenuta sul mercato, ma è semplicemente soggetta a un duplice ordine di regole: quelle che valgono per tutte le imprese operanti sul mercato e, in aggiunta, quelle che sopravvengono per le imprese in posizione dominante. Resta il dubbio che ciò si concreti unicamente in una maggiore attenzione da parte delle autorità preposte. In assenza di regole specifiche per la tutela della concorrenza nel settore delle scommesse, bisognerà quindi garantire un maggiore controllo onde evitare che vengano penalizzate oltre misura le imprese più efficienti.

Assai rilevante peraltro il secondo aspetto segnalato dall’Authority: quello delle funzioni dei singoli concessionari e del service provider. L’Antitrust ritiene che il soggetto che interviene sulle variabili concorrenziali nell’attività delle scommesse non è il singolo concessionario, bensì il service provider cui i concessionari affidano la gestione dei servizi fondamentali per l’espletamento della raccolta. Arbitro della concorrenza non è il concessionario ma il service provider. L’argomento è sensibile e merita di essere trattato diffusamente quanto prima. Sarebbe opportuno infatti, alla luce delle importanti innovazioni del settore previste per il 2006 e preannunciate dalle recenti norme, che gli addetti ai lavori tengano nella dovuta considerazione questo assunto dell’Authority, istituzionalizzando debitamente la figura del service provider al fine di garantire la piena libertà di concorrenza e di mercato.

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