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Al Senato l'emendamento salva ippica, piu varie ed eventuali

Tra circa una settimana il decreto “recante disposizioni urgenti per assicurare adempimenti comunitari in materia di giochi” del 25 settembre 2008 n. 149 dovrà essere convertito in legge in virtù di quanto previsto dal terzo comma dell’art. 77 della Costituzione Italiana (“I decreti perdono efficacia sin dall’inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione”).

Il Parlamento si è dato un gran da fare, a una conferma dell’importanza del settore del giochi e delle scommesse per lo Stato, utile soprattutto per far quadrare il nostro bilancio. Il Legislatore, in questo caso spinto dall’esecutivo, affronta un compito arduo: con un solo articolo vuole disegnare una nuova rete di raccolta dei giochi pubblici, annullando la distinzione tra sport e ippica. Un intento tutto nuovo però, che non si ravvisa nelle norme che lo stesso disegno di legge in esame cita e che dovrebbero rappresentarne il presupposto (cfr”nonchè di perseguire l’obiettivo della sostanziale integrazioni tra giochi su base ippica e sportiva già determinato dall’art. 38 del decreto-legge 4 luglio 2006 n. 223, convertito con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248″). Anzi, finora scommesse sportive e ippiche e le relative reti, sono sempre state considerate – e disciplinate – come due settori distinti. Sempre bandi separati e sempre due diverse concessioni, a cui sono connesse distinte problematiche e diverse storie. Ora invece con il lancio della concessione unica si dice che il settore ippico, la cui crisi oramai è acclarata, dovrebbe rilanciarsi.
Chissà.. Certo non si parla in termini di legge dell’offerta di un nuovo prodotto: non la scommessa ma l’ippodromo, la qualità delle corse, la pubblicizzazione, e via dicendo. Sembra difficile altrimenti attrarre nuovi utenti ad un mondo avviluppato su se stesso. Le disposizioni una tantum hanno per definizione vita breve. Altri poi sono i passaggi che hanno una formulazione incerta; si pensi alla distinzione effimera tra soggetti con provati requisiti di affidabilità e titolari di concessione. Come se l’una non comprendesse l’altra e vice versa.

Altra previsione a dir poco peculiare, quella che esclude dalla gara quei soggetti che hanno contenziosi pendenti con AAMS (cfr”I soggetti di cui al primo periodo e i componenti dei relativi organi societari non devono avere controversie legali pendenti, per le quali non è ancora intervenuto il giudicato, nei confronti dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato relativamente alle concessioni di cui al precedente comma”). Una disposizione la cui dubbia costituzionalità è stata già evidenziata. Resta poi inspiegabile il apssaggio che recita “all’atto di sottoscrizione della convezione accessiva da parte dei concessionari (….) risultati aggiudicatari all’esito della procedura (…) sono
 
revocate le concessioni precedentemente conseguite da tali concessionari per l’esercizio della raccolta di scommesse su base ippica ovvero su base sportiva” Orbene, non vogliamo con ciò criticare l’estensore della norma, che forse sarebbe in grado di spiegare esaurientemente tutti questi passaggi. Viene da chiedersi però se il suggerimento di tentare di essere più chiaro, più esplicito e magari più attento al contesto normativo in cui tale norma andrebbe ad inserirsi (il nostro ordinamento, ad esempio), non sia dovuto. Sarebbe stato interessante infatti poter leggere i lavori preparatori, ma qui trovandosi in sede di conversione in legge di un decreto, temiamo non ve ne siano. Peraltro l’occasione ghiotta di poter proporre emendamenti sul settore giochi non è sfuggita, seppure con poco esito sino ad ora.

Si è proposto infatti:

  1. di reintrodurre il divieto di installazione degli apparecchi da intrattenimento nelle sale Bingo e nei circoli privati;
  2. di ridurre di un terzo le sale Bingo attualmente operative;
  3. di vietare qualsiasi pubblicità diretta o indiretta sul gioco;
  4. di introdurre il tetto massimo di spesa pro capite giornaliera pari a 20 euro.

E come poteva mancare il far aprire dei nuovi casinò “al fine di riequilibrare, sul territorio nazionale e in ambito europeo, i flussi di risorse finanziarie provenienti da specifiche attività turistiche”. Su questo peraltro ci sarebbe da discutere seriamente, ma il fatto che si tenti il blitz di tanto in tanto, lascia presagire forti difficoltà. Non si tratta quindi di dar seguito alle richieste (ricordiamolo, non sono e non possono essere imposizioni) della Commissione sulla nota vicenda delle 329 agenzie ippiche storiche, ne di dar conferma alla prosecuzione (già di fatto attuata) della gestione attuale del Superenalotto in attesa dell’inizio della nuova, assegnata per gara, ma di usufruire di una finestra inaspettata per legiferare sul gioco, cosa che tutti vorrebbero ma che sembra riesca difficile fare autonomamente.

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