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Il perbenismo oscurantista

Ci consenta Pierluigi Battista (autore di un bellissimo e inquietante articolo sul Corriere del 21 gennaio u.s.) di utilizzare il concetto da lui espresso, per ciò che sta passando il settore dei giochi pubblici in Italia. L’occasione è data dall’emanazione delle modifiche approvate recentemente alla legge regionale Toscana n. 57/13, che nuovamente ci riporta in uno strano contesto, quello del perbenismo oscurantista.

Come ben sappiamo, con un utilizzo a dir poco spregiudicato del principio di sussidiarietà, le regioni e gli enti locali sotto l’ombrello protettivo della competenza concorrente sulla salute pubblica da qualche anno e sempre più intensamente, normano sul gioco in modo a dir poco restrittivo. Tanto da far sorgere una questione anche giudiziale sull’effetto espulsivo del gioco che tali normative producono.

L’ombrello salute è accompagnato da campagne mediatiche di taglio “haters” sull’intero settore, peraltro dense di numeri in libertà che mai – e ribadiamo mai – danno la reale rappresentazione di ciò che proclamano, come il numero di coloro che sarebbero affetti da GAP (gioco d’azzardo patologico), quello sulla spesa dei cittadini (suddivisa ultimamente per comune in modo del tutto incoerente), quello (che non si trova) su costi delle cure in proporzione al numero dei potenziali affetti da GAP, quello rilevantissimo ma del tutto ignorato sulla situazione pre-emersione, e via dicendo. Sia ben inteso, nessuno intende negare il problema né disconoscerne la necessità di intervento, sarebbe anacronistico ed irresponsabile. Ma utilizzare metodi impropri è non solo poco edificante ma controproducente.

Veniamo al caso specifico: la proposta di legge – che va a modificare la Legge Regione Toscana n. 57/2013 in tema di gioco – è stata approvata a maggioranza (28 voti a favore, nessun voto contrario, astenuto il gruppo della Lega) dalla Terza Commissione Consiliare “Sanità e politiche sociali” nella seduta del 16.01.2018. Le novità sono:

1) Nel testo originario la legge regionale stabiliva che l’apertura di «sale da gioco e spazi per il gioco» fosse vietata in un raggio di 500 metri da una serie di punti sensibili. La proposta di modifica mantiene i 500 metri ma inserisce espressamente i corner di scommesse (vale a dire le strutture dedicate in via non esclusiva alla raccolta di scommesse) tra i punti di gioco soggetti al distanziometro. Inoltre, agli interni degli spazi citati, viene vietata anche la nuova installazione di slot. Altro importante aggiornamento riguarda l’estensione della definizione di “nuova installazione” anche in caso di stipula di nuovo contratto (a seguito di recesso o risoluzione del contratto in essere) o di installazione degli apparecchi in altri locali, a seguito del trasferimento della sede.

2) Viene ampliato l’elenco di luoghi sensibili: a istituti scolastici, luoghi di culto, centri sportivi e ricreativi e strutture sanitarie si aggiungono istituti bancari, bancomat e compro oro. Ai comuni, entro certi limiti, è data anche la facoltà di individuare altri luoghi sensibili.

3) Viene introdotto l’obbligo per i gestori, nonché per i loro dipendenti, di partecipare a specifici corsi di aggiornamento e formazione, i cui costi sono a carico dei gestori. L’inosservanza dell’obbligo formativo comporta una sanzione da 1000 a 5000 euro, accompagnata dalla diffida a partecipare alla prima offerta formativa disponibile. L’inosservanza della diffida comporta la chiusura temporanea dell’esercizio fino all’assolvimento dell’obbligo.

4) È vietata inoltre “qualsiasi attività pubblicitaria relativa all’apertura o all’esercizio di spazi per il gioco con vincita in denaro o centri scommesse”.

5) Viene effettuata anche una modifica terminologica: la parola ludopatia viene sostituita ovunque appaia con la definizione "gioco d’azzardo patologico".

6) Viene abrogato l’art. 16 della Legge Regione Toscana n. 57/2013 che prevede l’applicazione dei divieti agli esercizi commerciali non ancora operanti alla data di entrata in vigore della legge stessa, “fino alla scadenza del relativo titolo abilitativo”.

Entreremo solo superficialmente sulle singole previsioni, che meritano ciascuna un approfondimento specifico – che ci riserviamo di fare anche in questa sede – per evidenziarne le incongruenze. Il primo è senz’altro il presupposto su cui la Regione basa il provvedimento, e cioè che la norma della Stabilità 2016 è finalizzata alla riduzione dei punti di gioco: ebbene no, il dettato di quella norma primaria è ben più articolato di quanto sbandiera la Regione Toscana nel suo testo: non solo quello di ridurre i punti gioco – effetto voluto nell’ambito di un quadro generale di riforma del settore – ma quello di “defini(re) le caratteristiche dei punti di vendita dove si raccoglie gioco pubblico, nonché i criteri per la loro distribuzione e concentrazione territoriale, al fine di garantire i migliori livelli di sicurezza per la tutela della salute, dell’ordine pubblico e della pubblica fede dei giocatori e di prevenire il rischio di accesso ai minori di età. Le intese raggiunte in sede di Conferenza Unificata sono recepite con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentite le Commissioni parlamentari competenti”.

Il travisamento della realtà alla sua radice è grave, così come la superficialità con la quale si scrivono, si valutano, si giudicano e si comunicano certe norme, che per grado ed importanza incidono sia sulla vita di coloro alle quali sono indirizzate, sia su quella del paese. Perché il messaggio che tramite queste norme viene diffuso non è quello che porta all’effetto da tutti desiderato, cioè di affrontare in modo sistematico sia il ruolo dello stato e delle sue componenti sul gioco, che la organizzazione e le sue derive patologiche, ma quello di una compressione insostenibile, il cui effetto non è – o non è solo – quello espulsivo, ma quello generatore di illegalità, patologie irrintracciabili, caos giudiziario, inaffidabilità delle istituzioni.

Chiudiamo citando qualche notizia di cronaca che lascia riflettere.

Argentina: dopo l’annuncio del governatore di Buenos Aires, María Eugenia Vidal, di aver ordinato la chiusura di tre casinò e una sala bingo, Julieta Vacas, coordinatrice del Centro di Assistenza alla Ludopatia, che in Argentina conta dieci sedi distribuite in tutta la provincia ha ribattuto che gli studi, dal 2005 a oggi, dimostrano che è alto il rischio tra i giovani ma che si tratta di “una dipendenza e non ha niente a che vedere con la chiusura o meno dei casinò. Oggi, infatti, abbiamo il gioco sempre in mano, si scommette con il cellulare, per cui se si chiude una sala fisica il giocatore problematico non smette di giocare, ma va a puntare “online”.

Germania: il “distanziometro tedesco”, a differenza di quello italiano, non riguarda la distanza dai cosiddetti luoghi sensibili ma la distanza tra una sala e l’altra. Un principio, quindi, che sembra andare nella direzione opposta, ovvero quella di evitare la concentrazione dell’offerta, a differenza di quella italiana, il cui effetto immediato è di allontanare il gioco dai centri cittadini per concentrarlo nelle periferie.

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa – Sezione Autonoma di Bolzano, in relazione al ricorso sulla revoca di una sala in base al “distanziometro” ha così disposto: “considerata la rilevanza che la verifica del prospettato effetto espulsivo della norma sospettata d’incostituzionalità assume in sede di delibazione sulla non manifesta infondatezza della profilata questione di legittimità costituzionale (…) ha ritenuto necessario disporre una consulenza tecnica volta ad accertare l’incidenza dei limiti prescritti dalla disposizione in discorso sul mercato de quo e sul comportamento dei consumatori“.

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