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Il difetto d’istruttoria nei regolamenti comunali

Sentenza n. 872 del 23 giugno 2017 Tar Toscana

Con ordinanza n. 98 del 7 ottobre 2016 “Disciplina orari di apertura sale Giochi autorizzate a sensi dell’art. 86 e 88 TULPS 1931 e di funzionamento degli apparecchi con vincita in denaro di cui agli art. 110 c. 6 TULPS 1931 installati negli esercizi autorizzati ai sensi degli art. 86 e 88 TULPS 1931”, il Sindaco del Comune di  Grosseto ha disciplinato gli orari di apertura delle sale gioco autorizzate e di funzionamento degli apparecchi con vincita in denaro, prevedendo per le prime un orario di apertura compreso tra le 14 e le 22 di tutti i giorni feriali e festivi (esteso alle ore 24 dal 15 maggio al 15 settembre), e per i secondi una limitazione dell’orario di funzionamento dalle 16 alle 20 di tutti i giorni feriali e festivi. L’ordinanza è stata impugnata da una società, che opera come gestore di apparecchi soprattutto in centro Italia.

Detto operatore lamenta il difetto di proporzionalità e ragionevolezza poiché dall’istruttoria svolta dall’Amministrazione non sarebbero emersi dati che potevano giustificare una così forte compressione della libertà d’impresa e di iniziativa economica. L’Amministrazione – ad avviso del ricorrente- non avrebbe peraltro assunto iniziative atte a contrastare l’offerta di gioco illegale, pur presente nel territorio comunale, né si comprenderebbe se gli studi e le rilevazioni statistiche effettuate dall’Azienda Sanitaria di  Grosseto, su cui si basa il provvedimento impugnato, si riferiscano in specifico al territorio comunale o all’intera area dell’Azienda stessa: i consumatori potrebbero infatti recarsi a giocare in altri Comuni della provincia grossetana, nei quali non sono previste limitazioni orarie (c.d. azione a macchia di leopardo, di cui si parla tanto a Napoli).

Il Tar toscano nell’accogliere le doglianze di parte ricorrente evidenzia come “il potere di limitare gli orari di funzionamento delle sale giochi e degli apparecchi con vincita in denaro deve essere assistito da precisi studi scientifici relativi all’ambito territoriale di riferimento, e non caratterizzato da evidenti illogicità o irragionevolezze”. Secondo il collegio l’intervento dell’autorità, nel caso di specie il Comune di Grosseto, in materia di giochi e scommesse deve contemplare un accurato bilanciamento tra valori ugualmente sensibili quali quelli del diritto alla salute e dell’iniziativa economica privata.

Nell’indagine svolta dall’A.S.L. n. 9 di Grosseto, posta a fondamento del provvedimento oggetto di censura,  veniva evidenziato che “la maggior parte degli intervistati ritiene che il gioco d’azzardo faccia molto danno e quindi si può ragionevolmente supporre che stiano già subendo le conseguenze negative”. Non è dello stesso avviso il giudicante, il quale a ragione rileva che “è invece presumibile che la consapevolezza del danno connessa al gioco costituisca disincentivo all’esercizio del medesimo e, pertanto, il richiamo a tale circostanza costituisce vizio motivazionale del provvedimento impugnato”.

Quanto alla diffusione del fenomeno della ludopatia, dalla documentazione depositata in atti dalla difesa comunale si evince che i giocatori problematici o patologici avrebbero costituito l’1,5% del campione (percentuale non certamente rilevante) e il documento della Caritas, addirittura, non avrebbe fornito dati in proposito. L’assenza di dati non giustifica una così drastica limitazione autoritativa, che riduce gli orari di apertura delle sale gioco autorizzate a mezza giornata e quello di funzionamento degli apparecchi con vincita in denaro a sole quattro ore giornaliere. Nel dare rilievo all’attività svolta dai ricorrenti, il Tar Toscano evidenzia come “si tratta di attività lecite e disciplinate da leggi statali, in cui l’intervento dell’Autorità deve rispettare canoni di proporzionalità e ragionevolezza poiché anch’esse sono espressione di valori rilevanti costituzionalmente come la libertà di iniziativa economica”. Inoltre, nell’analizzare il fenomeno c.d. “macchia di leopardo” il Giudice Amministrativo, rileva altresì che “una regolamentazione diversa da Comune a Comune può determinare il fenomeno di trasferimento di utenti dall’uno all’altro e, pertanto, lo stesso appare inefficace rispetto allo scopo che si propone e, un’altra volta, affetto da intrinseca irragionevolezza”.

Finalmente il Giudice amministrativo sta assumendo un approccio serio ed imparziale nei confronti del settore dei giochi e delle scommesse. Il messaggio del Tar Toscana è chiaro e preciso: a fronte di dati praticamente inesistenti, che non fanno altro che rilevare che la ludopatia non esiste come fenomeno rilevante, non può essere messa in discussione un’attività lecita quale quella dell’industria sana dei giochi e delle scommesse.

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