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BITCOIN: la moneta virtuale che ci salverà dalla crisi economica?

Ormai si sente parlare sempre più spesso della cybermoneta chiamata Bitcoin, una moneta virtuale nata nel 2009 da un anonimo personaggio conosciuto con lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto, che permette ai suoi possessori di poter acquistare su Internet qualsiasi tipo di prodotto, come auto, software e servizi e che nei paesi a rischio default vede incrementare il loro utilizzo.

 Ma qual è la vera novità?

Sono già molti i modi di vendere e comprare online con moneta virtuale.

Bitcoin funziona attraverso un software open source e una rete peer-to-peer, che grazie ad un network di condivisione simile ad eMule, dove però invece di file musicali o film vengono scambiate le banconote virtuali, permette ai suoi utenti di determinare il valore di questa moneta virtuale. Il Bitcoin, infatti, invece di avere un valore determinato da un governo o un’autorità centrale, inizialmente, aveva un prezzo stabilito dalla piccola comunità di utenti che ne faceva uso, attraverso l’acquisto e la vendita della valuta virtuale. Ma con l’aumento del volume di questi scambi, ha avuto inizio la vera novità: il valore della moneta cambia in tempo reale, in base a quante persone vendono o comprano. Il Bitcoin, invece di fissare il valore della moneta virtuale rispetto alle banconote di carta, fissa la quantità complessiva di cybervaluta e lascia che il cambio con il dollaro fluttui liberamente. In pratica ha creato un suo gold standard, dove l’offerta di moneta è fissa e non può essere incrementata «stampando» moneta. Il valore di questa moneta ha quindi forti oscillazioni. Oggi ci sono in circolazione 10,98 milioni di Bitcoin (pari ad un miliardo e mezzo di dollari) e nel 2014 saranno più del doppio. Con la diffusione di questo strumento di pagamento, sono nati anche i primi cambiavalute virtuali. Il più grande e importante, si chiama Mt. Gox, e ha sede a Tokyo.

Attualmente, l’azienda controlla circa il 76% del volume di scambi di Bitcoin, che si traduce in circa 6 milioni di dollari di transazioni al giorno. Ovvero, circa 60mila dollari di incassi per Mt. Cox, detratti gli stipendi dei diciotto dipendenti, i costi per la manutenzione del sito e le tariffe corrisposte alle autorità di regolamentazione finanziaria. La società è una sorta di intermediario affidabile che facilita gli scambi tra gli utenti: “Non è sempre facile comprare bitcoin”, spiega il Ceo di Mt. Gox, Mark Karpeles: “Più che altro, gli utenti hanno bisogno di un venditore di cui si possano fidare”[1]

E il rovescio della medaglia?

Coloro che si sono buttati sui Bitcoin per primi, sicuramente avevano fiutato un buon affare, infatti rispetto ad un mese fa possiedono una somma quattro volte superiore; quindi fino ad ora comprare Bitcoin è stato un buon investimento. Ma come spesso accade, dove circola denaro virtuale e non, visto che oltre i Bitcoin oggi nel mondo girano 5mila valute simili, aumenta anche l’attenzione degli hacker.

E’ di pochi giorni fa la notizia che attraverso i messaggi che si ricevono su Skype, si sta diffondendo un malware, soprattutto in Italia, il quale permette il mining di Bitcoin.

Con questo termine, che deriva dall’omonima parola inglese con la quale si indica l’attività di estrazione mineraria dell’oro, si intende l’attività di generazione dei Bitcoin che può essere coniata in modo anonimo da parte di chiunque. L’attività di generazione di queste monete è molto pesante da svolgere perché richiede una notevole capacità computazionale (spesso vengono utilizzate batterie di sistemi o comunque i processori che equipaggiano le schede grafiche).

I Bitcoin possono essere utilizzati soltanto dal loro legittimo proprietario e non possono però essere recuperati in alcun modo una volta spesi, inoltre non si appoggia a carte di credito ed istituti bancari evitando quindi anche inflazione e tasse. I detrattori, che la definiscono come “la moneta virtuale più pericolosa”, fanno comunque presente come Bitcoin possa essere potenzialmente sfruttato per avviare il commercio di materiale illegale attraverso la Rete. Diametralmente opposta la posizione della Electonic Frontier Foundation (EFF) che considera Bitcoin un progetto sottratto all’ingerenza dei governi.

Gli autori del malware che si sta diffondendo attraverso Skype stanno cercando di creare un network di sistemi, quanto più possibile esteso, che permetta di avviare un’attività di mining su scala planetaria. Tale operazione, effettuata all’insaputa degli utenti, contribuirà ad arricchire soltanto gli sviluppatori del malware (battezzato da Kaspersky “Jorik.IRCbot”).

Per Dmitry Bestuzhev, di Kaspersky, il malware starebbe già avviato circa 2.000 volte all’ora con la maggior parte delle vittime che sembrano risiedere in Italia, Russia, Polonia, Costa Rica, Spagna, Germania ed Ucraina.

[1] Cfr. articolo su Wired.it al seguente link: http://daily.wired.it/news/economia/2013/04/08/re-bitcoin-mercato-flop-45313.html

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