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La coperta corta del caso Laezza

Torniamo sul caso Laezza principalmente per evitare strumentalizzazioni che potrebbero mettere a rischio la nascita della nuova rete, alla quale spereremmo che tutti vogliano prendere parte. Sarebbe bene essere propositivi in questa delicata fase piuttosto che continuare con la politica dei proclami: per quella c’e’ già chi è contro il settore del gioco a pensarci.

Il tutto ha inizio dal dettato dell’articolo 1, comma 78, lettera b), punto 26, della Legge di Stabilità 2011, in forza del quale il contratto di concessione deve obbligatoriamente contenere una clausola con la previsione «della cessione non onerosa ovvero della devoluzione della rete infrastrutturale di gestione e raccolta del gioco all’[ADM] all’atto della scadenza del termine di durata della concessione, esclusivamente previa sua richiesta in tal senso, comunicata almeno sei mesi prima di tale scadenza ovvero comunicata in occasione del provvedimento di revoca o di decadenza della concessione». In adempimento a quanto previsto nella Legge di Stabilità 2011, ADM nello schema di convenzione accessivo alle concessioni c.d. Monti provvedeva ad inserire l’articolo 25, che testualmente recita: «1. Dietro espressa richiesta [dell’ADM], e per il periodo nella stessa stabilito, il concessionario si impegna a cedere a titolo non oneroso, all’atto della cessazione dell’attività per scadenza del termine finale della concessione o per effetto di provvedimenti di decadenza o revoca, [all’ADM] o ad altro concessionario da essa individuato con criteri di concorsualità, l’uso dei beni materiali ed immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco, liberi da diritti e pretese di terzi, secondo le modalità previste nei commi seguenti. 2. I beni oggett[o] di cessione sono individuati nell’inventario e nei suoi successivi aggiornamenti secondo quanto previsto nell’articolo 5, comma 1, lettera e). I beni oggett[o] di cessione sono individuati nell’inventario e nei suoi successivi aggiornamenti secondo quanto previsto nell’articolo 5, comma 1, lettera e). 3. Le operazioni di cessione – che avverranno in contradditorio tra [l’ADM] ed il concessionario, con la redazione di appositi verbali – avranno inizio nel semestre precedente la scadenza del termine della convenzione, salvaguardando l’esigenza di non compromettere, anche in tale periodo, la funzionalità del sistema, in quanto i beni dovranno essere devoluti [all’ADM] in condizioni tali da assicurare la continuità del funzionamento della rete telematica. I costi dell’eventuale trasferimento fisico delle apparecchiature, degli impianti e di quanto altro compone la rete telematica sono a carico del concessionario”.

Gli operatori che hanno impugnato il bando e fatto valere queste ragioni anche innanzi ai Tribunali penali (Tribunale di Frosinone nel caso di Laezza), hanno sostenuto che il menzionato articolo 25 fosse ostativo alle libertà di cui all’art. 49 (“Libertà di Stabilimento”) TFUE e art. 56 (“Libertà di prestazione di Servizi”) TFUE. Con la pronuncia del 28 gennaio 2016 la Corte di Giustizia, chiamata a decidere su questo ulteriore aspetto del Bando Monti ha ritenuto che “Una normativa nazionale sui giochi di azzardo può essere contraria al principio di proporzionalità se impone al concessionario di cedere gratuitamente le attrezzature utilizzate per la raccolta di scommesse. Il giudice nazionale deve verificare la proporzionalità di una siffatta normativa in considerazione delle condizioni particolari del caso di specie, quali il valore venale dei beni oggetto della cessione forzata”.

Nella sua sentenza, la Corte di giustizia rileva che “l’obbligo di cessione non risulta discriminatorio, in quanto si applica indistintamente a tutti gli operatori che hanno partecipato al bando di gara avviato durante il 2012. La Corte osserva, nondimeno, che un obbligo siffatto può rendere meno allettante l’esercizio dell’attività di raccolta di scommesse. Infatti, il rischio per un’impresa di dover cedere, senza contropartita economica, l’uso dei beni in suo possesso è in grado di impedirle di trarre profitto dal suo investimento.”. Il rischio però si sostanzierebbe solo in caso di scadenza naturale, mentre non si concretizza quando la concessione è oggetto di provvedimento di revoca e/o di decadenza. La devoluzione allo Stato viene infatti considerata come giusta nel caso di grave inadempimento del concessionario che non ha rispettato i dettami dello schema di convenzione. Quindi nel ribadire la legittimità del bando Monti, a cui alcuni operatori scientemente non hanno preso parte, la Corte di Giustizia Europea, come del resto in tutti i precedenti casi che hanno avuto come protagonista il ns sistema concessorio, ha ribadito che sarà onere del giudice nazionale valutare il caso. Onere importante per il Giudice, visto e considerato che gli si indica di farlo nell’ambito del legittimo sistema concessorio di giochi e scommesse.

Peraltro non risulta che la Sig.ra Laezza abbia preso parte al Bando Monti. ADM non ha mai posto in essere un provvedimento di “demanializzazione” avocando a se le reti di gioco: la cui definizione peraltro non è certamente di pronta soluzione, soprattutto nel settore del betting! Le concessioni Monti sono in scadenza al 30 giugno 2016 (come del resto tutte le concessioni ad oggi esistenti) e laddove gli operatori di tali concessioni sono stati colpiti da provvedimenti gravi come quello della decadenza o della revoca, non risulta che ADM ne abbia mai acquisito i beni. Si ricorda infatti che la censura dell’art. 23 del bando Bersani oggetto di una precedente pronuncia della CGE, invece, era stata in qualche modo attuata. Al di là di considerazioni giuridiche sofisticate, preferiremmo che non venissero fatti processi alle intenzioni, e che non ci si buttasse a terra intenzionalmente per farsi dare un rigore.

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