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VLT, No al risarcimento del danno anche se il distanziometro comunale era illegittimo

L’illegittimità di un provvedimento non comporta, di per sé, la spettanza di un risarcimento danni al titolare della posizione sostanziale poiché, a tal fine, occorre anche verificare se la lesione abbia inciso sul bene della vita collegato all’interesse leso

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna - Sezione Seconda, con una recente sentenza, ha respinto il ricorso presentato da una società del gioco pubblico contro il Comune di Bologna, in cui si chiedeva la condanna al risarcimento del danno provocato dall’illegittimo esercizio dell’attivita’ amministrativa concernente l'introduzione della distanza minima di 1.000 metri per le nuove sale VLT. La suddetta illegittimità, come è noto, è stata accertata dal Consiglio di Stato, il quale, con sentenza n. 578/2016, sul presupposto che "il potere di limitare la distribuzione sul territorio delle sale da gioco attraverso l’imposizione di distanze minime rispetto ai cosiddetti luoghi sensibili, potrebbe altresì essere ricondotto alla potestà degli enti locali in materia di pianificazione e governo del territorio, rispetto alla quale la Costituzione e la legge ordinaria conferiscono al Comune le relative funzioni”, ha stabilito che "l’individuazione di una distanza, piuttosto che un’altra, discende invece dall’esercizio di una discrezionalità amministrativa, che effettui la ponderazione con i contrapposti interessi allo svolgimento delle attività lecite di gioco e scommessa, alla luce dei canoni della adeguatezza e della proporzionalità" e che, in particolare, "risponde ad un’esigenza di ragionevolezza che, in esito ad una valutazione dei comportamenti dei soggetti più vulnerabili e dell’incidenza del fenomeno delle ludopatie in un determinato contesto, venga stabilita dalla legge una distanza minima fissa, presuntivamente idonea ad assicurare un effetto dissuasivo, proteggendo i frequentatori dei c.d. siti sensibili"Il Tribunale Amministrativo emiliano, tuttavia, con la sentenza in esame, pur aderendo al principio sancito dalla suddetta sentenza del Consiglio di Stato, ha ribadito che "l’annullamento giurisdizionale del provvedimento amministrativo per vizi formali, tra i quali si può annoverare non solo il difetto di motivazione, ma anche e soprattutto i vizi del procedimento, non reca di per sé alcun accertamento in ordine alla spettanza del bene della vita coinvolto dal provvedimento caducato ope iudicis, e non può pertanto costituire il presupposto per l’accoglimento della domanda di risarcimento del danno". Per i giudici emiliani, quindi, a conferma della consolidata giurisprudenza in materia (Consiglio di Stato, sez. IV – 3/1/2020 n. 61; Consiglio di Stato, sez. II – 20/12/2019 n. 8624; T.A.R. Campania Napoli, sez. VIII – 16/12/2020 n. 6153), "la responsabilità della P.A. non consegue automaticamente all’annullamento del provvedimento amministrativo ovvero all’accertamento della sua illegittimità in sede giurisdizionale (o di ricorso straordinario o di autotutela), ma occorre la prova che dalla colpevole condotta amministrativa sia derivato, secondo un giudizio di regolarità causale, un pregiudizio direttamente riferibile all’assunzione od all’esecuzione della determinazione contra ius lesiva del bene della vita spettante al ricorrente" Il risarcimento del danno, infatti, proseguono i giudici amministrativi, "non è una conseguenza automatica e costante dell’annullamento giurisdizionale di un provvedimento amministrativo, ma richiede la verifica di tutti i requisiti dell’illecito (condotta, colpa, nesso di causalità, evento dannoso) e, nel caso di richiesta di risarcimento del danno conseguente alla lesione di un interesse legittimo pretensivo, è subordinato alla dimostrazione, secondo un giudizio prognostico, che il provvedimento sarebbe stato rilasciato in assenza dell’agire illegittimo della amministrazione". In definitiva, perché sia configurabile la responsabilità della pubblica amministrazione da provvedimento illegittimo è necessaria la presenza di tutti gli elementi costituvi di tale eventuale responsabilità, ossia: a) l’elemento oggettivo; b) l’elemento soggettivo; c) il nesso di causalità materiale o strutturale; d) il danno ingiusto, inteso come lesione della posizione di interesse legittimo e, nelle materie di giurisdizione esclusiva, di diritto soggettivo: sul piano delle conseguenze e, dunque, delle modalità di determinazione del danno, il fatto lesivo, così come sopra individuato, deve essere collegato, con un nesso di causalità giuridica o funzionale, con i pregiudizi subiti dalla parte danneggiata (cfr ex multis: T.A.R. Veneto, sez. II – 23/9/2020 n. 847, che richiama Consiglio di Stato, sez. III – 29/1/2020 n. 732).

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