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La sospensione del pagamento dell’imposta unica: sogno o realtà?

A leggere nelle norme del passato, spesso si trovano sorprese. Se poi lo si fa senza guardare alle date, si rischia di credere che siano appena state sfornate.

Con decreto del 28 maggio 2001 “sospensione dei versamenti dell’imposta unica da parte dei concessionari del servizio di raccolta delle scommesse” veniva stabilito all’art. 1 che: “nei confronti dei concessionari del servizio di raccolta delle scommesse ippiche e sportive previste rispettivamente dal decreto del Presidente della Repubblica n. 169 del 1998 e dal decreto ministeriale n. 174 del 1998, sono sospesi fino al 15 dicembre 2001 i termini relativi al versamento dell’imposta unica di cui al decreto legislativo 23 dicembre 1998 n. 504”.

Interessanti sono alcuni passaggi nelle premesse del decreto che vale la pena di citare testualmente, dove vengono proposti temi più che attuali nonostante siano trascorsi ben tredici anni.  Ma leggiamo il testo originario:

a) “l’esercizio  delle  scommesse  sia  ippiche  che sportive  ha  realizzato  un volume di raccolta di gioco pari a circa 5.000 miliardi a fronte di una previsione di 9.000 miliardi circa”. Le previsioni per quel mercato che aveva appena regolamentato le prime concessioni per lo sport – per le ippiche comunque sul mercato erano già presenti le concessioni c.d. storiche –  venivano largamente disattese di quasi un 50% dalla raccolta effettiva;

b) “la maggior parte dei concessionari del servizio di raccolta delle scommesse non ha raggiunto il minimo garantito in sede di  gara,  per  cui  sara’ necessario procedere alla escussione delle polizze  fidejussorie prestate, alla revoca della concessione nonche’ a   tutte  le  misure  di  riscossione  coattiva  nei  confronti  del patrimonio  societario  delle  agenzie  inadempienti, per il recupero della differenza non coperta dalle garanzie prestate”.

La questione dei minimi, che  a distanza di 14 anni è ancora in contenzioso giudiziale (vedi anche le recenti pronunce del Tar Lazio), era nel 2001 quanto mai attuale, tanto da meritare un apposito decreto. Degne di nota appaiono oggi le considerazioni del Ministero, che si poneva il problema che a fronte della posizione debitoria sarebbe stato necessario procedere con l’escussione delle garanzie e poi addirittura con la revoca delle concessione;

c) “la  situazione  descritta  determinera’ uno stato di crisi  per  l’intero  settore  con  danni  evidenti  non  solo per il concessionario   ma   anche   e  soprattutto  per  l’erario  che  non introitera’ quanto preventivato in termini di imposta unica di cui al citato  decreto legislativo n. 504 del 1998, con conseguente pericolo di  sviluppo  di  attivita’  clandestine di raccolta di scommesse non autorizzate”;

Questo passaggio poi sembra scritto ieri. Il redattore del decreto aveva individuato già nel 2001 quelle che avrebbero potuto essere le gravi conseguenze nel caso in cui fosse stata disposta la revoca di “massa” di tutte le concessioni: uno stato di crisi di tutto il settore che avrebbe comportato danni non solo ai concessionari, che avrebbero perso tutti gli investimenti e avrebbero dovuto comunque porre fine alla propria attività con tutte le conseguenze del caso (si pensi soltanto a tutto l’indotto della forza lavoro che sarebbe stato licenziato), ma anche a discapito dello stesso Stato che non avrebbe avuto l’incasso preventivato dell’imposta unica.

La chiusura dell’attività lecita delle scommesse avrebbe avuto poi come conseguenza, qualificata pericolosa nel testo della decreto, lo sviluppo dell’attività clandestina.  Sebbene lo sviluppo da parte delle reti clandestine sia avvenuto lo stesso, certo se non fosse stato sospeso il pagamento dell’imposta sarebbe stato assai maggiore, con effetti  a dir poco devastanti su tutto il mercato.

Per tornare agli eventi storici del 2001, il pagamento dell’imposta unica  in capo agli operatori titolari delle concessioni per la raccolta delle scommesse ippiche e sportive venne sospeso con il citato decreto del 28 maggio 2001, per poi  essere ripreso con successivo decreto del 13 dicembre 2001, che all’art. 1 prevede “l’imposta unica prevista dal decreto legislativo 23 dicembre 1998 n. 504, il cui pagamento è sospeso, per effetto del decreto del Ministero delle finanze 28 maggio 2001, nei confronti dei concessionari del servizio di raccolta delle scommesse ippiche e sportive disciplinate dal decreto del Presidente della Repubblica 8 aprile 1998 n. 169, e dal decreto ministeriale 2 giugno 1998 n. 174 è versata il 17 dicembre 2001”.  E questo senza dover sottostare  al pagamento di gravose sanzioni ed interessi.  Era dunque stato dato ai concessionari un po’ di ossigeno per far fronte al pagamento degli altri oneri concessori.

Come è noto, recentemente  riguardo l’imposta unica è stato fatto molto da parte dello Stato e degli addetti ai lavori;  è stata prevista la facoltà  infatti  di avvalersi del  procedimento della liquidazione automatizzata con  il pagamento dilazionato dei  debiti pregressi, maturati a titolo di imposta unica, sempre però unitamente a  sanzioni (anche se in misura ridotta) ed interessi.

Peraltro anche coloro che utilizzano la rete dei CTD/CED dovrebbero procedere con il pagamento dell’imposta unica. Diverse sono le pronunce di commissioni Tributarie che ribadiscono la legittimità della norma  con la quale è stato  previsto che  anche i CTD/CED siano sottoposti al pagamento dell’imposta unica. La rete dei CTD e dei CED ha tra l’altro infatti ingiustamente goduto – come evidenziato dalla Commissione Tributaria di Cagliari – di  una sorta di immunità fiscale.

Questi provvedimenti non sono però sufficienti a garantire un po’ di ossigeno agli operatori, soprattutto le piccole e medie aziende (la vera forza di questo settore) che rischiano di restare schiacciate tra gli  operatori connessi alla rete CTD/CED, in regime di concorrenza sleale, ed i grandi operatori, che hanno a disposizione i mezzi per fare numeri. Legittimo ragionare quindi, magari anche nell’ambito della delega fiscale, su un periodo di sospensione dell’imposta unica anche superiore ai sei mesi, per  dare la possibilità a tutti gli operatori di riorganizzare il proprio lavoro e prepararsi alla gara di riordino prevista per il 2016.

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