Il futuro del bitcoin nel settore dei giochi pubblici
Si è appena concluso un sondaggio indetto da una testata giornalistica specializzata in gaming che richiedeva ai propri lettori il grado di gradimento del rapporto tra gioco ed il bitcoin. Il 23,2% degli utenti che hanno partecipato al sondaggio riferisce di preferire la moneta “vera”, per il 17.9 % il bitcoin non sarebbe sicuro, solo un 5,4% è favorevole all’utilizzo della moneta virtuale, sollecitando però i controlli da parte delle competenti Autorità.
Nell’ambito del sondaggio i giocatori on line risultano più propensi rispetto a quelli dedicati al canale terrestre-fisico, all’utilizzo del bitcoin nei siti di gioco on line. Per il 17,9 % dei giocatori on line il bitcon è un’opportunità per i siti di gioco, mentre il 14,3% addirittura sostiene che l’utilizzo della moneta virtuale potrebbe costituire un vantaggio per i giocatori di poker e casinò online. Questi i risultati del sondaggio, che comunque forniscono un dato importante: i giocatori sanno che cos’è un bitcoin, che magari con una migliore comunicazione potrebbe costituire anche un utile strumento alla lotta alle frodi e alle truffe. Se diamo poi uno sguardo a quello che succede al di fuori del nostro Paese con sorpresa (ma non troppa) apprendiamo che il bitcoin (in inglese anche E-cash, ha assunto diverse forme e tipologie nel corso del tempo: per esempio, il Cybercoin, la moneta cibernetica e il Digicash, il denaro digitale) viene utilizzato da una Società britannica, Liberty Games. L’azienda di giochi da sala anglossassone rende possibile pagare con moneta elettronica le partite di biliardo o le partite al videogame preferito. Quindi ci sono sviluppi anche nel mercato terrestre. Certo è che le monete virtuali hanno il loro ambiente naturale nel web. Nei mercati del gioco on line sembra che i bitcoin siano una delle forme più popolari di pagamento, sia per i giocatori che per gli operatori di gioco. Con il servizio delle monete virtuali possono essere coperte tutte le tipologie di mercati legati (non ci sono più problemi di valuta) ai diversi giochi: Casinò, Poker, Scommesse sportive, Bingo, ect. ect.. Certo è che il bitcoin in quanto tale potrebbe essere considerato sotto diversi aspetti come: 1) moneta (considerato che raggiunge lo stesso scopo del denaro classico), 2) valuta estera (non ha corso legale nel territorio), 3) bene immateriale (non esiste fisicamente), 4) strumento finanziario, 5) diritto di baratto, e da ultimo 6) sistema di pagamento. L’utilizzo delle monete virtuali, che si andrà sempre di più diffondendo nell’ambito dell’e-commerce, aprirà in futuro numerosi dibattiti e confronti anche a livello giudiziario (negli Stati Uniti già vi sono importati precedenti). La Corte di Giustizia Europea nel caso C-264/14 Skatteverket contro David Hedqvist si occuperà per la prima volta della questione di come debba essere trattato, in riferimento all’imposta sul valore aggiunto, il cambio della valuta virtuale «bitcoin» in valute convenzionali. Nelle conclusioni del caso presentate in data 16 luglio 2015, l’Avvocato Juliane Kokott ha ritenuto che “Il cambio di un semplice mezzo di pagamento in uno avente corso legale e viceversa, effettuato dietro un corrispettivo che il fornitore integra all’atto della determinazione dei tassi di cambio, costituisce una prestazione di servizi a titolo oneroso ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva IVA”. Dovremmo attendere la sentenza per comprendere come deve essere trattato e considerato il cambio della valuta tradizionale in valuta virtuale. Per ora il dibattito è aperto, visto e considerato che alcuni Stati membri sono per l’esenzione IVA (Regno Unito e Germania), mentre per altri i cambi tra valuta convenzionale e quelle virtuali sono imponibili d’IVA (Polonia , Estonia). La nostra Agenzia delle Entrate ancora non si è pronunciata, anche se un interpello è stato già proposto. Nel caso in cui dovesse passare l’esenzione IVA, questa caratteristica accomunerebbe ancora di più il sistema del bitcoin a quello dei giochi e delle scommesse.
Certo sarebbe necessario procedere con una regolamentazione, intervenendo unitamente sia nella normativa relativa al settore del gaming che sul TUB, che è ancora fermo alla moneta elettronica, che non ha avuto molto successo in Italia; i pochi operatori che hanno tentato di investire in questo settore hanno tutti balbettato, e tranne poche eccezioni, fallito. Parlando di esperienza a livello europeo in tema di moneta virtuale, è bene sapere che in Spagna il Ministerio de Hacienda ricollega il bitcoin al denaro e comunque ad altre utilità, tanto che con la risoluzione SUG/00329 del 15 aprile 2014 ha sancito che i casinò on line in bitcoin sono soggetti alla Ley n.13 del 28 maggio 2011. La domanda sorge spontanea: chi si assume il rischio per il tipo di cambio? Non essendovi una normativa di riferimento, che peraltro andrebbe ben articolata e studiata, si potrebbe pensare, qualora si desse vita ad un bitcoin dedicato esclusivamente al settore dei giochi e delle scommesse, ad una unità interministeriale tra la Banca d’Italia ed ADM. Del resto si ricorda che in virtù di una norma primaria non abrogata, l’Amministrazione ha titolo di emettere moneta elettronica: e perché allora non pensare ad un bitcoin gestito da ADM, che navighi sotto la guida del timone dell’Amministrazione.