Bit-coin nel gioco on line
Nel rapporto CLUSIT 2015 sulla sicurezza ICT in Italia a cura dell’Associazione italiana per la sicurezza informatica è emerso che nel nostro Paese i danni derivanti da attacchi informatici si stimano in circa 9 miliardi di euro; va da sé quindi come il tema della sicurezza informatica debba essere d’obbligo per tutti coloro che utilizzano internet come strumento per i propri business.
Nel rapporto viene altresì in evidenza il rapporto tra l’utilizzo delle cripto/valute ed il gioco on line. Le criptovalute e le monete virtuali possono essere definite come rappresentazioni digitali di valore utilizzate – su base volontaria- come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi, che non sono emesse da banche centrali o da autorità pubbliche, e non costituiscono moneta legale né sono assimilabili alla moneta elettronica.
I bitcoin sia a livello internazionale che nazionale non sono ancora stati oggetto di una regolamentazione giuridica, fatto salvo per il governo tedesco che li ha riconosciuti come “unità di scambio” per le transazioni private. Nel resto del mondo le criptovalute, salvo qualche eccezione (ad esempio, Cina, Thailandia e Corea del Sud), sono generalmente tollerate in attesa di una disciplina specifica nel settore.
Lo scorso febbraio anche l’UIF (l’UNITA’ DI INFORMAZIONE FINANZIARIA DELLA BANCA D’ITALIA) ha lanciato un monito sull’utilizzo anomalo delle valute virtuali. Osservava l’UIF che gli operatori di gioco devono “prestare particolare attenzione alle operatività poste in essere anche attraverso valute virtuali” per inoltrare le segnalazioni previste dalla normativa antiriciclaggio. Le transazioni effettuate con valuta virtuale “devono essere esaminate in relazione al profilo soggettivo del cliente, al coinvolgimento di Paesi o territori a rischio e alle eventuali ulteriori informazioni disponibili. Le operazioni sospette” si legge nella nota dello scorso febbraio, “dovranno essere segnalate all’Unità di Informazione Finanziaria con la massima tempestività, specificando il fenomeno stesso nell’apposita sezione della segnalazione, in conformità con quanto indicato nelle istruzioni per la compilazione delle segnalazioni di operazioni sospette”. Ed ancora l’UIF spiega di aver ricevuto nel corso del 2014 “alcune segnalazioni di operazioni sospette relative ad acquisti o vendite di valute virtuali ritenuti opachi in ragione del profilo soggettivo del cliente, della natura delle controparti spesso estere, ovvero delle modalità di realizzazione delle operazioni tramite, ad esempio, l’utilizzo di contante o di carte di pagamento”.
Ad oggi nel mondo si contano oltre 500 diverse valute virtuali, “la più diffusa è Bitcoin. Le valute virtuali sono utilizzate soprattutto nel commercio elettronico e per l’attività di gioco, specie on line”. Osserva ancora l’UIF che il loro utilizzo “può esporre a rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo, come messo in evidenza da Autorità internazionali ed europee, quali il Gruppo d’Azione Finanziaria Internazionale (Financial Action Task Force, FATF), l’Autorità Bancaria Europea (European Banking Authority, EBA) e la Banca Centrale Europea (European Central Bank, ECB)”. Queste operazioni, tuttavia, si prestano a eludere la normativa sul riciclaggio: “I prestatori di attività funzionali all’utilizzo, allo scambio e alla conservazione di valute virtuali e alla loro conversione da/in valute aventi corso legale non sono, in quanto tali, destinatari della normativa antiriciclaggio e quindi non sono tenuti all’osservanza degli obblighi di adeguata verifica della clientela, registrazione dei dati e segnalazione delle operazioni sospette. Tale circostanza può rendere appetibile lo strumento virtuale per coloro che intendono porre in essere condotte criminali e non agevola le attività di prevenzione e contrasto”. Anche nel rapporto CLUSIT 2015 vengono in rilievo questi temi; secondo gli autori del CLUSIT il gioco è tra i settori utilizzati per il riciclaggio e il fattore di rischio aumenta se vengono utilizzati i bticoin. Le valute virtuali consentono, infatti, a chi le utilizza di mantenere l’anonimato. Inoltre, il rischio di riciclaggio è favorito da un vuoto normativo, dal momento che “Allo stato nessuno dei soggetti che operano nel settore delle criptovalute rientra in modo evidente nelle categorie previste dal d.lgs. 231/07”.
In assenza di una normativa ad hoc, il fenomeno del riciclaggio attraverso l’utilizzo delle critpovalute sta rapidamente proliferando mediante l’uso di casinò on line o altre forme di offuscamento del denaro proveniente da attività illecita, sostiene quindi l’Associazione italiana per la sicurezza informatica. A tal proposito è necessario rilevare che sono i siti illegali di gioco che offrono bitcoin e le altre monete virtuali, visto e considerato che gli operatori di gioco c.d. “.it” non possono avvalersi di questo strumento in quanto non previsto nei regolamenti ADM. Necessita dunque una valutazione: o individuare nell’utilizzo di criptovalute una aggravante all’illecito da gioco non autorizzato, o competere sul mercato offrendo la possibilità per gli operatori di gioco titolari di una concessione on line, di un bit coin dedicato. In ogni caso il fine è contenere i fenomeni da gioco illegale connessi al riciclaggio.