Gli archivi elettronici
La facilità di accesso ai contenuti ed alle informazioni consentita da internet ha determinato comportamenti sociali nuovi, e nuove sfide per il Paese nella qualità dei servizi per i cittadini. La conservazione di dati e documenti rappresenta lo snodo tra passato e futuro, l’imprint dell’identità: personale, nazionale, europea, e via dicendo.
Da qui il ricorso ad archivi ed il problema la cui complessità è cresciuta di alcuni ordini di grandezza: documenti in formato fisico o elettronico memorizzati ovunque nelle varie reti o addirittura in supporti di memoria locale. Il nostro legislatore, ben stimolato dalla normativa degli altri Stati Membri e da alcuni interventi della Comunità Europea, iniziato il processo di realizzare nuove normative sul diritto dell’informazione e sulla protezione dei dati personali può renderlo efficace solo assicurando una corretta gestione della documentazione digitale. Impresa ardua ma decisiva considerato che riguarda organizzazioni, autorità, istituzioni di carattere pubblico e privato a qualsiasi livello di rappresentatività, centrale, locale e regionale; e che impone un livello di cooperazione ed un quadro regolativo di riferimento unitario perché sia possibile da un lato, mandare a effetto le intenzioni già espresse dalle normative più o meno recenti e non ancora a pieno regime, dall’altro lato esercitare la verifica ed il controllo sul rispetto dei nuovi obblighi e compiti. L’incessante ed incalzante produzione normativa sul tema della informatizzazione ha aperto la strada ai progetti di dematerializzazione, che riguardano archivi anche di straordinario impatto sul sistema sociale e sullo status dei cittadini: lo stato civile, le scritture catastali o notarili, la documentazione clinica, sostituibili a tutti gli effetti, per una certa interpretazione delle vigenti disposizioni, da copie digitali. Tutto ciò avviene in una fase di debolezza della pubblica amministrazione, specie per quanto riguarda i servizi d’archivio, dei quali peraltro la nuova legislazione si occupa, ma che in un recente passato sono stati ampiamente trascurati.
Apprezzabili gli sforzi del CNIPA (delibera 11/04) e la professionalità dei suoi componenti, mentre non contribuiscono a giungere a meta alcune concause come l’abolizione dagli organigrammi amministrativi della figura dell’archivista quale tecnico specializzato nella gestione documentaria degli uffici e nell’archiviazione, la mancanza di una strategia adeguata di requisiti di assunzione e di successiva formazione e aggiornamento e la mancanza di idee chiare sul modo corretto di gestire l’indispensabile passaggio da archivi prevalentemente cartacei ad archivi prevalentemente digitali. Va poi introdotto nella normativa un aspetto fondamentale del processo di gestione di archivi digitali: quello della conservazione di lungo periodo della documentazione dematerializzata. Tema che coinvolge la salvaguardia di interessi presenti e futuri dei cittadini: nell’immediato, la tutela di diritti ed interessi che trovano fondamento in quei documenti ed in prospettiva il diritto costituzionalmente garantito alla ricerca storica su quegli stessi documenti.
Di questo argomento si occupa tangenzialmente il codice dell’Amministrazione digitale (D. Lgs 7 marzo 2005 n. 82), che prevede (art. 71) l’emanazione di un regolamento anche per la conservazione degli archivi su supporto digitale, ed in maniera meno superficiale il DPR 445/2000, che (novellando gli articoli dal 12 al 20 del dPR 20 ottobre 1998 n. 428) detta norme sull’organizzazione dei servizi d’archivio e sancisce, tra l’altro, l’obbligo di implementazione degli archivi di deposito e storici delle pubbliche amministrazioni.
Quest’ultima disposizione costituisce una sorta di ponte normativo con la legislazione in materia di Beni culturali, che ha anch’essa conosciuto negli ultimi anni una significativa trasformazione.