La sentenza del TAR del Lazio e la regolamentazione dei giochi on-line
Con la sentenza n. 8482/08 pubblicata in data 23 settembre u. s., il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda, ha accolto il ricorso proposto da alcuni operatori del settore (=concessionari e service provider) per l’annullamento del decreto direttoriale del 25 giugno 2007, che modificava ed integrava il precedente decreto direttoriale del 21 marzo 2006 “misure per la regolamentazione della raccolta a distanza delle scommesse del bingo e delle lotterie”.
Il giudice amministrativo, nell’esaminare il provvedimento di cui ha disposto l’annullamento, ha rilevato che: “Il decreto impugnato non si è limitato a disciplinare il rapporto fra la Pubblica Amministrazione e i concessionari, ma si è spinto fino a determinare modifiche sostanziali ad accordi negoziali, intercorrenti tra questi ultimi e i titolari dei c. d. punti di commercializzazione”. L’Amministrazione dei Monopoli sarebbe andata quindi al di là delle sue competenze, in quanto “nel sistema del diritto civile, i casi in cui l’Amministrazione può limitare l’autonomia negoziale sono sempre stabiliti direttamente ex lege”. Un decreto direttoriale non possiede i “requisiti” per incidere drasticamente nei rapporti negoziali fra concessionari e punti di commercializzazione, “è necessario “infatti “che l’atto regolamentare sia espressamente (e cioè dichiaratamente) munito anche di forza delegificante.
Ora, nel caso dedotto in giudizio il decreto impugnato non possiede caratteristiche sostanziali e formali che consentano di qualificarlo come vero e proprio atto regolamentare “. Altro passaggio fondamentale per il Tar del Lazio: l’atto impugnato avrebbe assunto efficacia retroattiva, in quanto incidente su rapporti negoziali già in essere. A tal proposito la dottrina dominante e la giurisprudenza (oramai consolidata) sono concordi nel ritenere che gli atti amministrativi – benché regolamentari – non possano avere efficacia retroattiva. In tal modo il giudice amministrativo ha inteso rispettare il “principio di tutela dell’affidamento” considerato un valore per del nostro Ordinamento, che anche la P. A. (rectius l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato) è tenuta rispettare. Ed infatti “l’affidamento riposto da ciascun contraente nei confronti dell’altra parte contraente e della stessa Pubblica Amministrazione (in funzione della sua posizione di Autorità regolatrice dei rapporti fra essi), andava e va tutelato “.
Pertanto AAMS avrebbe dovuto garantire continuità nei rapporti contrattuali, ed impegnarsi “(….) a non modificare il regolamento del settore quantomeno durante il periodo di efficacia dei contratti che essa stessa aveva disciplinato ed alla cui stipula e conclusione aveva dato impulso”. Le censure mosse dalla seconda lezione del Tar del Lazio nei confronti del decreto direttoriale del 25 giugno 2007 (che forse saranno ridiscusse in appello al Consiglio di Stato), potrebbero essere condivise in punto di diritto, ma nel leggere attentamente la parte motiva, si nota con disappunto come il sistema su cui si basa quell’attività svolta in violazione di norme e regolamenti del settore, sia stato mal compreso dai giudicanti. E’ un fatto indiscutibile che permanga il divieto di intermediazione nell’ambito di raccolta del gioco pubblico, e di ciò nella sentenza non si fa alcuna menzione. Si deve prendere atto con rammarico che si è persa l’occasione di dare un segnale forte a quei soggetti che hanno ritenuto di poter sviluppare una rete illegale di raccolta di gioco, penalizzando anche coloro che attraverso una effettiva “commercializzazione”, hanno contribuito alla diffusione del gioco lecito. E se è vero che il TAR mette in luce quei vizi comuni ad una certa regolamentazione frettolosa, quasi umorale, non può per questo non tenere in alcun conto la realtà sulla quale quel provvedimento si fonda, la ratio per la quale il provvedimento censurato era stato emanato, che è appunto quella di contrasto e di freno all’attività svolta all’interno di alcuni punti di commercializzazione: la raccolta del gioco pubblico (quella che forse viene definita nella sentenza come “servizio accessorio”), effettuata in aperta violazione a quanto previsto dalla normativa e dai regolamenti.
Quindi se da un lato il TAR del Lazio ritiene di dover difendere il “.. principio dell’affidamento.. “, di nessun pregio ha invece ritenuto degno il legittimo affidamento del consumatore-giocatore, che non viene rispettato e tutelato nel momento in cui si legittimano soggetti privi di alcun titolo autorizzatorio (non essendo peraltro in possesso della licenza ex art. 88 tulps), a raccogliere scommesse per conto di terzi; attività questa assimilabile a quella svolta dai CTD, perché non canalizzata in quei circuiti controllati che rendono legittimo il nostro sistema. Qui infatti non è questione di erario (come certi vorrebbero far credere) ma di omogeneità ed univocità dei criteri di individuazione, veicolazione, gestione della raccolta di gioco pubblico. Non da ultimo, quel controllo del territorio proprio nel nostro paese è alla radice della riserva di legge sul gioco, quella che quasi ogni giorno, giornali e televisioni giustificano con notizie a dir poco raggelanti. In altra sede poi ci potremo dilettare di analizzare quale sia il sistema migliore di raccolta di gioco da adottare, se quello della netta separazione tra rete fisica e web (oggi sono previste due distinte concessioni) o quello misto.
Un ultima riflessione pratica: quando si valuta un’azienda di gioco on-line per vendite, acquisti o partnership, il dato che conta sono i conti-gioco e non i punti di raccolta o commercializzazione che dir si voglia.