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Il decreto direttoriale del 25 giugno del 2007 dopo la sentenza del Consiglio di Stato

Lo scorso lunedì è stata pubblicata sul sito di giustizia amministrativa la sentenza di appello del Consiglio di Stato  avverso la sentenza del Tar del Lazio, sez. II n. 80492/2008 concernente la regolamentazione raccolta a distanza scommesse bingo e lotterie, ed in particolare il decreto direttoriale del 25 giugno 2007 avente ad oggetto integrazioni e modifiche delle misure per la regolamentazione della raccolta a distanza dei suindicati giochi individuate con il precedente decreto direttoriale del 21 marzo 2006.

Nel menzionato decreto di giugno 2007 veniva previsto che:

  1. l’attività di commercializzazione, così come descritta nel decreto del 21 marzo, di distribuzione dei contratti di conto di gioco e delle relative ricariche, poteva essere esercitata esclusivamente in locali in cui l’attività prevalente era un’altra;
  2. gli incaricati dei concessionari potevano pubblicizzare l’attività dei punti di commercializzazione da essi gestiti esclusivamente all’interno del locale a ciò adibito, ed utilizzando materiale predisposto dal concessionario/titolare di sistema;
  3. nei punti di commercializzazione non potevano essere utilizzate insegne, vetrine, targhe, o dotazioni che comunque illustrassero offerte dei giochi o che  fornissero informazioni a supporto del gioco; né era permesso offrire assistenza operativa ai giocatori;
  4. all’interno dei stessi punti di commercializzazione  (di seguito per brevità PDC) gli incaricati dei concessionari non potevano riconoscere ai giocatori bonus, incentivi o diverse modalità di definizione del corrispettivo.

Da lunedì scorso queste disposizioni sono redivive, in quanto il Consiglio di Stato non ha confermato le tesi del Tar, ribaltandone in toto il costrutto. Ed infatti secondo il CdS il gravame proposto dallo Stato è fondato e deve essere accolto, in quanto:

  • non è configurabile una incompetenza regolamentare in capo ad AAMS.  Il TAR a tal proposito aveva statuito che l’Amministrazione non poteva emettere provvedimenti di tale natura, in quanto privi di copertura legislativa, con conseguente lesione della riserva di legge prevista dall’art. 41 della Costituzione.  Di contro i Giudici di Palazzo Spada hanno ritenuto che resta a carico di “AAMS il potere di disciplinare gli aspetti della materia con gli strumenti tradizionalmente riconosciuti sussistenti in capo alla P.A. per farsi luogo all’esercizio di un funzione normativa di rango secondario, come esattamente avvenuto con gli atti a contenuto normativo di cui ai decreti direttoriale del 21 marzo 2006 e, (ad integrazione di quest’ultimo)del 25 giugno 2007 . Gli atti in contestazione sono (…..) dei regolamenti che, quanto agli aspetti formali e di formazione, non abbisognano dell’iter procedurale scandito per i regolamenti c.d. governativi e/o delegificanti e, quanto al contenuto sostanziale da essi recati, ben assolvono alla funzione di dettare una precipua disciplina dei rapporti su cui vanno ad incidere”.
  • il decreto direttoriale del 25 giugno 2007 ha una portata precettiva, non innovativa e neppure retroattiva, contrariamente a quanto sostenuto nella sentenza del TAR (l’Amministrazione è andata a modificare unilateralmente (ed illegittimamente) la disciplina sinallagmatica che connota il rapporto contrattuale tra titolari delle concessioni dei giochi e i punti di commercializzazione, in violazione del principio dell’affidamento e della regola dell’equilibrio fra le prestazioni), diretta viceversa unicamente a conformare l’attività privata dei soggetti interessati (i concessionari e i titolari dei punti di commercializzazione).
  • Il terzo, ed ultimo aspetto, analizzato dal Consiglio di Stato, è quello relativo al fatto che AAMS, secondo il TAR, non poteva andare a regolamentare i rapporti tra privati (tra i concessionari ed i singoli esercenti dei punti di commercializzazione).  Nella sentenza in esame si legge invece che: “non può negarsi il potere della P.A. di perseguire un interesse pubblico primario costituito dalla lotta alle forme illegali di gioco, anche se ciò può comportare la compromissione o il sacrificio di posizione giuridiche soggettive dei privati: se così non fosse, si assisterebbe ad un arretramento dell’interesse collettivo rispetto agli altri interessi pure coinvolti nel rapporto e anch’essi meritevoli sì di tutela, ma pur sempre recessivi rispetto a quello primario che l’esercizio della funzione amministrativa impone di cogliere in primis et ante omnia”.

Su tale interpretazione del CdS e sulla conseguente riattivazione del DD 21 giugno 2007, si innesta poi l’emenando regolamento attuativo della L. 88/09 c.d. Legge Comunitaria, che determina l’abrogazione del detto DD e l’applicazione in sua vece delle norme di cui alla legge citata e relativi decreti attuativi. Quindi una decisione ininfluente, come commentano alcuni? Possibile.
Certo è che la tempistica di giudici e Avvocatura (nel licenziare le circolari AAMS) non aiuta l’Amministrazione ne gli operatori, lasciandoli spesso nell’incertezza data da sovrapposizioni normative. Ma vero è anche che la fantasia di alcuni di questi ultimi nell’interpretare le norme per creare conseguenti modelli “innovativi” è tale da mettere in difficoltà chiunque, specie un legislatore lento per definizione. Abbiamo invocato da tempo la rivisitazione delle regole della rete Bersani, e riteniamo che sia oramai una necessità impellente. Tenuto conto poi che gli operatori di qualunque punto o livello della filiera, tendono per italianità congenita ad arroccarsi ognuno su posizioni di corto respiro, raramente rivolti al futuro, il compito di “preveggenza” viene impropriamente tralasciato se non osteggiato. E forse di questo il Regolatore se ne dovrà far carico, per il bene di erario e società, anche se a dispetto di qualche santo.

Dal punto di vista pratico dunque, i PDC – fino alla emanazione del nuovo regolamento di attuazione alla legge comunitaria – dovrebbero rientrare nei ranghi delle norme del decreto direttoriale del 25 giugno 2007, che sono andate a modificare il precedente decreto direttoriale del 21 marzo 2006.

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