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I provvedimenti contro

La coda di quest’estate rovente verrà ricordata anche per la bozza del decreto legge c.d. Balduzzi, che dovrebbe essere discusso in Consiglio dei Ministri il prossimo 5 settembre. La bozza, del 10 agosto, presentata alle Regioni il 24 agosto u.s “recante disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del paese mediante un più alto livello di tutela della salute” (c.d. decreto Balduzzi) riguarda in parte anche il gioco pubblico, con particolare attenzione alla protezione dei minori ed quella dei consumatori dalla ludopatia.

I commi 5, 6, 7 e 8 dell’articolo 11 della bozza di decreto (Disposizioni in materia di vendita di prodotti del tabacco, di bevande e misure di prevenzione per contrastare la dipendenza da gioco d’azzardo patologico) prevedono che:

“5. Gli apparecchi idonei al gioco d’azzardo non possono essere installati all’interno ovvero in un raggio di 500 metri da istituti scolastici di qualsiasi grado, centri giovanili o altri istituti frequentati principalmente da giovani, strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o socio assistenziale, luoghi di culto. Ulteriori limitazioni possono essere stabilite con decreto del Ministero dell’interno, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze e con il Ministero della salute.

6.Con apposita ordinanza motivata il Sindaco può disporre, per una durata massima di trenta giorni, la chiusura ovvero la limitazione dell’orario di apertura e chiusura degli esercizi commerciali, dei locali o, comunque, dei punti di offerta dei giochi, nelle aree comunali interessate da rilevanti fenomeni di ludopatia.

7. Il prefetto, con ordinanza motivata, trasmessa al pubblico ministero territorialmente competente per la promozione dell’istanza di cui all’articolo 417 del codice civile, può disporre l’impignorabilità dei beni del soggetto affetto da gioco d’azzardo patologico, per il tempo necessario alla conclusione del giudizio di cui all’articolo 418 del codice civile ovvero dell’adozione dei provvedimenti di cui al terzo comma dello stesso articolo.

8. L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni verifica possibili soluzioni tecniche atte a precludere l’accesso per via telefonica o telematica ai prodotti di gioco da parte dei minori di anni diciotto; ove tali soluzioni siano sperimentate con esito positivo, adotta un apposito regolamento in materia.”

L’articolo 5 della bozza del decreto in menzione invece, muove dall’esigenza di procedere con urgenza – entro il 31 dicembre 2012 – all’aggiornamento per il triennio 2013-2015 dei livelli essenziali di assistenza, prevedendo il riconoscimento nell’ambito del Servizio sanitario nazionale della ludopatia, quale “patologia che caratterizza i soggetti affetti da dipendenza comportamentale dal gioco d’azzardo patologico, al pari delle altre dipendenze”, con l’obiettivo di garantire ai pazienti “il bisogno di salute, l’equità nell’accesso all’assistenza, la qualità delle cure e la loro appropriatezza”. Che le misure per i livelli di assistenza per i soggetti affetti da ludopatia siano necessarie ed idonee potremmo dire che sia scontato, così come a nostro avviso non lo sono invece le disposizioni indicate all’art. 11. Proteggere i minori da rischi di devianze e di dipendenze è non solo sano ma sacrosanto: tanto che spesso ci si chiede come possa essere fronteggiato il crescente fenomeno dell’abuso di alcolici nei giovanissimi (non necessariamente minori). Si stima che siano più di 400.000 i minori che bevono in modo problematico, e circa 3.000.000 i bevitori a rischio (fonte: alcol.info).

Altra cosa però è colpire l’industria che produce. Non è che così che si rimedia all’abuso (sia di alcool che di gioco che di altro prodotto lecito) che provoca dipendenza. Peraltro, esperienze autorevoli hanno dimostrato che la ghettizzazione o il proibizionismo producono effetti contrari allo sperato. Al pari dell’alcolismo (sebbene in misura assai inferiore) anche la ludopatia è una malattia che provoca dipendenza, ma con le cure adatte e soprattutto con una campagna di prevenzione costante, i fattori che la provocano possono essere compressi e tenuti sotto controllo.

Ecco perchè l’art.11 della bozza di decreto appare inadeguato. In primo luogo dovrebbe esservi cancellato l’aggettivo AZZARDO che accompagna il gioco. In Italia la raccolta di gioco mediante apparecchi da intrattenimento e divertimento ex art. 110 TULPS è offerta lecita di gioco pubblico e non gioco d’azzardo. Se l’esecutivo, che in questa fase veste gli abiti del legislatore, usa l’aggettivo AZZARDO per indicare gli apparecchi da intrattenimento e divertimento, smentisce tutto quanto faticosamente fatto sino ad ora, evidenziando una inadeguatezza ad individuare delle regole se mostra di non conoscere le fondamenta del settore e le basi normative delle stesse. Regole poi che in tema di apparecchi da divertimento ed intrattenimento che offrono gioco PUBBLICO e LECITO, già ci sono. Così come le norme a tutela dei minori – sicuramente sempre migliorabili – la cui responsabilità di applicazione ricade proprio nei soggetti che, individuati secondo le regole stesse, esercitano l’attività di raccolta del gioco.

Si potrebbe dunque ipotizzare che oggetto della proposta normativa sono gli apparecchi da intrattenimento non connessi alla rete e quelli che offrono giochi non leciti (si pensi ai videopoker), e con una punta di ironia desumere che possono essere installati solo lontano dai c.d. luoghi sensibili individuati dall’art. 11 della bozza del decreto. Ma su argomenti così delicati è meglio non scherzare. Per questo è necessario ricordare che i minori di anni diciotto non possono entrare all’interno delle sale dove sono installati gli apparecchi, nè possono utilizzarli quando sono collocati in luoghi aperti al pubblico, a rischio totale dell’esercente (che può vedersi sequestrare il locale e perdere l’attività): quindi il divieto già sussiste ed è sufficiente. Quella che può nell’immediato essere rafforzata è l’applicazione ed il controllo dell’applicazione stessa, specialmente tramite quella che è la caratteristica dell’attuale normativa e dell’attività dell’ente preposto, e cioè la lotta all’illegalità. Degna di nota poi appare la notizia che la Commissione Europea ha formalmente avviato una indagine sulla mancata notifica del provvedimento della provincia autonoma di Bolzano, con il quale viene regolamentata l’installazione di apparecchi da intrattenimento nei pubblici esercizi. La Commissione ai sensi della Direttiva n. 98/34/CE intende accertare se il regolamento approvato dal Consiglio provinciale di Bolzano con la legge 22 novembre 2010, e successiva modifica con dlp 136/12, costituisca o meno una regola tecnica. La disposizione individua parametri metrici e di distanza da luoghi sensibili (quali ospedali, scuole o luoghi di culto) per aprire una attività di sala giochi, e la relativa licenza ha validità temporanea per 5 anni. In particolare si tratta del divieto di installare apparecchi da gioco in un raggio di 300 metri da scuole e luoghi sensibili. Se la norma in questione venisse valutata come regola tecnica, ciò significa che avrebbe dovuto essere notificata preventivamente a Bruxelles per le valutazioni di compatibilità comunitaria e per il noto stand-still. Poiché ciò non è stato fatto, la norma potrebbe essere inapplicabile, e dovrebbe essere riscritta rispettando la procedura. Lo stesso varrà quindi per regolamenti di simile natura adottati da altre amministrazioni. Quindi, mentre la Commissione ci invita ad attenzionare la regolamentazione in tema di apparecchi da intrattenimento, il nostro esecutivo tenta di porre in essere delle regole che potrebbero rilevarsi controproducenti sia per gli scopi che si prefiggono sia per il settore su cui incidono, quello degli apparecchi da intrattenimento che secondo i dati forniti dall’Amministrazione è il settore trainante dell’intera industria dei giochi (dalla quale dovrebbero essere tratte le risorse per la cura delle ludopatie).

Peraltro non solo appare discutibile l’idea delle distanze (concetto per il quale siamo stati già richiamati dalla Corte di Giustizia), ma anche quella di riconoscere al Sindaco la facoltà di chiudere un’attività economica – seppure di natura particolare – a sua discrezione. Il Sindaco in quanto tale non dispone della sensibilità (nè tantomeno degli strumenti) per capire se si verificano fenomeni di ludopatia tali da far chiudere una sala giochi per 30 giorni. È quantomeno singolare proprio la consecutio: chiudo la sala perchè esiste un ludopate che gioca lì. Vuol dire non essere in grado di affrontare, capire, nè di risolvere il problema. Il ludopate non è tale perche esiste quella determinata sala. Altra cosa è se si vuole sanzionare il comportamento del gestore eo esercente che non ha saputo o voluto intervenire di fronte ad un caso di ludopatia (che esso deve essere in grado di individuare: qui può esservi la regola). E qui comunque la competenza a nostro avviso è degli enti preposti, che magari tramite gli uffici regionali debitamente potenziati, potrebbero intervenire di concerto con le amministrazioni locali. I provvedimenti di chiusura infatti – data la complessa ed efficace organizzazione pubblica del gioco – devono essere concertati con tutti gli organi della PA che si occupano di gioco pubblico e soprattutto con l’Amministrazione. Quanto poi all’impignorabilità dei beni del ludopate, il tema può essere giusto. La prima considerazione riguarda la capacità giuridica: conseguenza dell’accertamento della malattia sarà quindi una dichiarazione di incapacità, con effetti verso i terzi che potrebbero estendersi oltre l’impignorabilità dei beni, e che spereremmo possa essere temporanea e revocabile.

Dovrebbe poi essere chiarito che la norma si rivolge soprattutto agli effetti dell’azione di usurai ed affini, o a vittime del gioco illecito, in quanto non può ipotizzarsi per alcuno di cumulare debiti direttamente con esercenti eo concessionari di gioco pubblico, salvo comportamenti di costoro che già trovano sanzione nella normativa specifica ed in quella penale generale. Andrebbe poi individuato un altro soggetto quale organo propulsivo, e non certamente il Prefetto. Infine, il comma 8 del decreto sembrerebbe attribuire all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni il compito di verificare delle funzioni atte a precludere l’accesso per via telefonica o telematica ai prodotti di gioco da parte dei minori di anni diciotto, ed ove tali soluzioni siano sperimentate con esito positivo, di adottare un apposito regolamento in materia. In primis, il nostro esecutivo dovrebbe essere reso edotto che le misure per limitare l’accesso alle offerte di gioco a distanza ci sono già e sono ben adottate dall’Amministrazione e dai concessionari di giochi pubblici. Soprattutto dovrebbe aver chiaro che l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni non ha alcuna competenza in tema di raccolta di gioco pubblico. Si rischia dunque di perdere tempo e denaro, che in questo periodo sono quanto mai preziosi. Tantomeno ci possiamo permettere di vezzeggiare compiacendo l’opinione pubblica con ipotetiche (non) soluzioni di problematiche che vengono già affrontate quotidianamente dagli organi competenti.

L’articolo è stato pubblicato sul giornale bisettimanale ”TS”

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